Cornelia I. Toelgyes
11 novembre 2025
Solo dopo la caduta di al-Fasher, capoluogo del Nord Darfur, Sudan, la comunità internazionale e i maggiori media hanno ripreso a parlare del conflitto interno che ha messo in ginocchio l’intero Paese.
La guerra dei due generali, Abdel Fattah al-Burhan, capo del Consiglio sovrano e de facto presidente del Sudan, da un lato, e Mohamed Hamdan Dagalo, meglio noto come Hemetti, leader delle Rapid Support Forces (RFS), dall’altro, è iniziata nell’aprile 2023.
Dopo aver preso il controllo di al-Fasher, il 26 ottobre scorso, le RFS stanno tentando di cancellare le atrocità commesse.
Una volta entrati nella città, i paramilitari hanno ammazzato centinaia di persone. E, secondo quanto riportato da un’organizzazione di medici sudanesi, i sanguinari miliziani vorrebbero nascondere i loro crimini, bruciando i corpi ancora sparsi nelle strade o seppellendoli in fosse comuni.
Organizzazioni internazionali e locali hanno accusato i paramilitari di crimini contro l’umanità e di crimini di guerra. Per contrastare tali accuse, le RFS stanno ora postando video per mostrare il ritorno alla vita normale nella città quasi completamente distrutta, dopo un assedio durato un anno e mezzo. Nei filmati si vedono i miliziani mentre distribuiscono cibo alla popolazione e sostengono, inoltre, che gli sfollati stiano ritornando.
Abu Lulu, il cui vero nome è Al-Fateh Abdullah Idris, è un comandante che ha commesso innumerevoli atrocità sin dall’inizio del conflitto.
Dopo la presa di al-Fasher si è vantato sui social di aver ucciso il maggior numero di residenti, postando persino video mentre ammazza le sue vittime. Chi è riuscito a fuggire dalla città non osa nemmeno nominarlo.
In uno dei video si vede anche l’ospedale saudita, dove sono state brutalmente ammazzate 460 persone. Fatto che le RSF continuano a negare. Il nosocomio è stato riaperto venerdì scorso in presenza del ministro della Sanità del governo parallelo instaurato dalle RFS, ma non riconosciuto, con base a Nyala, nel Sud Darfur.
Nonostante i ripetuti appelli, i paramilitari continuano a impedire alle squadre di soccorso umanitario di entrare a al-Fasher. Secondo la Rete dei medici sudanesi, la situazione umanitaria continua a peggiorare.
L’Organizzazione Internazionale per le Migrazioni (OIM) ha fatto sapere che a causa dell’estrema insicurezza e le terribili violazioni dei diritti umani – uccisioni di massa, violenze sessuali e etniche – la gente continua a fuggire dal capoluogo del Nord-Darfur, aggravando ulteriormente la già grave crisi umanitaria.
OIM ha sottolineato che dal 26 ottobre scorso, quasi 90mila persone sono fuggite dalla città. Molti si sono diretti a Tawila, altri verso la frontiera con il Ciad, che dista quasi 300 chilometri da al-Fasher, con la speranza di trovare protezione nel campo profughi di Tiné, nella ex colonia francese. I racconti delle persone giunte sul posto sono agghiaccianti. Alcuni testimoni, appena arrivati a Tiné, hanno parlato anche di persecuzioni etniche da parte delle RFS.
In tanti sono stati fermati dai miliziani ai checkpoint all’uscita dal capoluogo del Darfur settentrionale e sono stati costretti a pagare tra 700 e 1.500 euro per poter proseguire il viaggio. Altri sono stati pure assaliti, hanno subito violenze, stupri e/o sono stati derubati.
Parecchi sono morti strada facendo, perché feriti, indeboliti e senza cibo e acqua.
Ameni Rahmani, responsabile di Medici senza Frontiere (MSF) a Tiné, in Ciad subito dopo la frontiera con il Sudan, ha spiegato che sono in corso trasferimenti per decongestionare il campo di transito e quindi accogliere nuovi rifugiati.
Secondo l’ONU, in Sudan si sta consumando la peggiore crisi umanitaria al mondo con decine di migliaia di morti mentre 12 milioni di persone hanno dovuto lasciare le proprie case.
L’Unione Europea ha appena stanziato un milione di euro, che si aggiungono ai 275 milioni già erogati nel 2025. La Commissione ha spiegato in una nota che quest’ultima erogazione è destinata all’immediato potenziamento dell’emergenza in Nord Darfur, compresi i campi per sfollati a Tawila.
Gli Emirati Arabi Uniti hanno sempre supportato le RFS. Ovviamente Abu Dhabi , malgrado prove evidenti, ha sempre negato qualsiasi coinvolgimento.
La redazione di Africa ExPress sostiene l’iniziativa del Comitato Internazionale per la Pace in Sudan, rivolta al governo italiano. Nell’appello si chiede di cessare la vendita di armamenti agli Emirati Arabi Uniti, che riforniscono le RFS di armi. Se volete aderire, vi preghiamo di mandare una mail a: comitatopacesudan@gmail.com
L’appello lo trovate cliccando qui
Cornelia Toelgyes
corneliacit@hotmail.it
X: @cotoelgyes
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