Residenti in fuga da al-Fasher, capoluogo del Nord Darfur, in mano alle RSF
Cornelia Toelgyes
4 novembre 2025
Dopo un assedio durato 18 mesi, al-Fasher, capoluogo del Darfur settentrionale (Sudan) è ora sotto controllo delle Rapid Support Forces (RSF), capeggiate da Mohamed Dagalo.
I paramilitari hanno messo in fuga una settimana fa la VI divisione dell’esercito sudanese (SAF), la cui base era nella periferia della città. SAF, il cui leader è Abdel Fattah Abdelrahman al-Burhan, capo del Consiglio sovrano e de facto presidente del Sudan e RFS sono in guerra dall’aprile 2023, conflitto che ha messo in ginocchio l’intero ex protettorato anglo-egiziano.
Durante il blocco di al-Fasher, i civili hanno subito fame, uccisioni mirate, violenze sessuali e assalti ai campi per rifugiati. Bombardamenti indiscriminati e attacchi con droni da entrambe le parti – RSF e SAF – hanno inoltre distrutto molti edifici privati e pubblici.
Scuole e gran parte degli ospedali sono chiusi, quelli ancora aperti sono a corto di medicinali e materiale sanitario. In mancanze di garze, ultimamente le strutture mediche hanno dovuto utilizzare zanzariere per tamponare le ferite delle vittime.
Ora che la città è completamente controllata dai ribelli, ex janjaweed, è iniziata una nuova fase di terrore. Atrocità e orrore regnano nel capoluogo: perquisizioni casa per casa, arresti arbitrari ed esecuzioni sommarie sono all’ordine del giorno.
Immagini satellitari analizzate dall’Università di Yale hanno individuato almeno 31 luoghi in cui sono comparsi oggetti compatibili con corpi umani dopo la conquista della città. Secondo stime della Nazioni Unite sarebbero stata ammazzate oltre 1.500 persone non appena RSF hanno cacciati i militari di Khartoum. L’agglomerato urbano era abitato da oltre un milione di persone prima dell’inizio della guerra.
L’Organizzazione Internazionale per le Migrazioni (OIM),stima che almeno 62.000 persone siano fuggite dalla zona di al-Fasher tra il 26 e il 29 ottobre. Domenica sera le Nazioni Unite (ONU) hanno lanciato un nuovo allarme sulle conseguenze umanitarie causate dall’offensiva dei paramilitare che continua a costringere migliaia di persone ad abbandonare le proprie case.
Le testimonianze dei fuggitivi sono a dir poco raccapriccianti, sembrano uscite da un film dell’horror: strade disseminate di cadaveri, famiglie separate dalle terribili violenze e i sopravvissuti sono stati in viaggio per giorni senza cibo né acqua.
L’Organizzazione Mondiale della Sanità (OMS) ha anche confermato che almeno 460 pazienti sono stati uccisi negli attacchi delle RSF alla maternità saudita nel capoluogo del Nord-Darfur.
Chi ce l’ha fatta a raggiungere i campi per sfollati di Tawila, che distano una settantina di chilometri da al-Fasher, presentava evidenti segni fisici di inimmaginabili sofferenze. Tra questi torture, ferite di arma da fuoco, gravi problemi digestivi causati da mesi di alimentazione a base di cibo destinato al bestiame. La ONG Medici senza Fontiere (MSF) ha anche confermato l’arrivo di molti bimbi affetti da malnutrizione acuta grave.
Malgrado l’esodo massiccio verso Tawila, gli operatori umanitari aspettavano un afflusso ancora maggiore. Pertanto, Mirjana Spoljaric Egger, presidente del Comitato della Croce Rossa Internazionale, teme che migliaia di persone potrebbero essere ancora intrappolate nel capoluogo del Nord-Darfur, senza accesso a cibo, acqua o assistenza medica.
Ma non finisce qui, è già in programma una nuova carneficina. Infatti, Hemetti ha annunciato qualche giorno fa che sta radunando i suoi uomini per un nuovo attacco, volto alla conquista di el-Obeid, capoluogo del Nord-Kordofan.
Gran parte dei paramilitari sono già a Bara, che dista una cinquantina di chilometri dal capoluogo. Attualmente la città è ancora sotto controllo di SAF, ma entrambe le fazioni si stanno preparando a una imminente offensiva massiccia.
Da mesi le Nazioni Unite hanno lanciato l’allarme che in Sudan si stava consumando la peggiore crisi umanitaria al mondo. Mentre gran parte della Comunità internazionale e dei media internazionali erano impegnati su altri fronti, i sudanesi continuavano a morire in silenzio. E finora tutti negoziati e mediazioni per arrivare a un cessate il fuoco sono approdati in un nulla di fatto.
Ieri gli Stati Uniti hanno annunciato che sono in corso trattative tra RSF e SAF per garantire una tregua umanitaria in Sudan.
Massad Boulos (consuocero del presidente USA, ndr), consigliere senior per l’Africa di Donald Trump ha affermato che in linea di massima entrambe le parti hanno accolto positivamente l’iniziativa di Washington. Boulos ha poi sottolineato che che il raggiungimento di un accordo per una tregua richiede tempo a causa dei “complessi dettagli tecnici, di sicurezza e logistici”, compresi i meccanismi di monitoraggio, follow-up e attuazione.
Cornelia Toelgyes
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Che disastro ! Almeno il nostro buon amico George Pagulatos non ha potuto assistere a questo scempio !