Striscia di Gaza: genocidio
Massimo A. Alberizzi
15 agosto 2025
In questi giorni stiamo assistendo a qualcosa di indecente: più l’opinione pubblica si sposta verso una inappellabile condanna del genocidio a Gaza e in Palestina e più la propaganda israeliana, che nega l’evidenza, diventa ossessiva e martellante. I social di riempiono di improperi e insulti verso coloro che sono i più dettagliati accusatori del governo.
Ovviamente tra questi la relatrice dell’ONU per i territori occupati della Palestina, Francesca Albanese. Gli attacchi sono conditi da accuse false, non corroborate da uno straccio di prova.
Calunniano Albanese così: è finanziata da Hamas, è sposata o è l’amante di un palestinese, ha uno stipendio stratosferico (invece il suo incarico è a titolo gratuito), è una fiancheggiatrice dei terroristi. Queste sono le menzogne più comuni: una meticolosa e metodica denigrazione.
L’ultima orrenda menzogna riguarda i 5 giornalisti di Al Jazeera, più un freelance, ammazzati in un bombardamento mirato il 10 agosto. Facevano parte di una cellula di Hamas.
Tutto da dimostrare, ovviamente, e le esecuzioni extragiudiziali cui ci vogliono abituare, riguardano più gli squadroni della morte e le bande fasciste e naziste, organizzati per ammazzare gli oppositori, che un Paese che pretende di essere considerato democratico. (Altra falsificazione storica. Un Paese dove vige la segregazione razziale non può essere definito democratico)
Le guerre, scriveva il generale e filosofo cinese, Sun Tzu, nel suo trattato “L’arte della guerra”, si vincono con la forza o con l’inganno (valga per tutte quella di Troia). Poiché Israele non riesce a vincere con la forza, non le resta che l’inganno. Così ha imbastito una campagna mediatica piena di menzogne e falsità, il cui obiettivo è cercare di piegare un’opinione pubblica sempre più restia a giustificare il genocidio in atto.
Ripeto: genocidio. Un concetto che viene negato perché assimila i suoi autori al nazismo, responsabile di crimini efferati contro gli ebrei. Impossibile e insopportabile per gli ebrei solo pensare che alcuni dei loro leader possano essere associati a un crimine così orrendo. E così lo negano.
Fare un elenco delle bugie che vengono snocciolate di continuo e con ossessione, è complicato perché le panzane sono talmente tante che se ne perde facilmente il conto. Mi limiterò a spiegarne solo qualcuna, ricordando come Joseph Goebbels, il ministro di Hitler che per i nazisti ha codificato le regole della propaganda, spiegava che una menzogna ripetuta senza sosta diventa verità.
La prima in ordine di tempo è quella secondo cui tutto è cominciato il 7 ottobre 2023. Non è vero. I palestinesi subiscono violenze e angherie dal 1948 da quando cioè le Nazioni Unite istituirono uno stato su basi religiose in un territorio che era di una popolazione che non ne voleva sapere. E’ come se avessero concesso una licenza edilizia per costruire un palazzo su un terreno di un altro.
Un’operazione di stampo coloniale, giustificata dal desiderio delle grandi potenze di allora, vincitrici della guerra mondiale di risarcire la popolazione ebraica vittima della shoa. Una decisione comprensibile, ma miope, visti i risultati: ottant’anni di guerra, violenze e diritti calpestati.
Altra menzogna ripetuta con ossessione è la definizione di terroristi che viene data a tutta la popolazione palestinese, identificata senza alcun distinguo con Hamas. Occorre fare bene attenzione. Hamas, pochi lo sottolineano, è un movimento di liberazione assimilabile a tanti altri che hanno combattuto una cinquantina d’anni fa con ideali di democrazia e libertà (spesso traditi, lo so!). Allora venivano chiamati “guerriglieri”, termine non dispregiativo come “terroristi”.
Uno dei primi protagonisti di quelle guerriglie è stato Nelson Mandela, bollato come terrorista assieme alla sua organizzazione, l’Africa National Congress.
Come ha fatto Netanyahu qualche giorno fa con Hamas, anche a Mandela, in galera in Sudafrica, fu offerta la possibilità di tornare in libertà in cambio della rinuncia alla lotta armata. Rifiutò la proposta e restò in carcere, ma la storia gli diede ragione. A Sudafrica pacificato, vinse il Premio Nobel per la pace. Una bella parabola: da terrorista in carcere per 27 anni, a Nobel.
Non dobbiamo quindi meravigliarci se Hamas ha deciso, in nome di democrazia e libertà, di respingere il piano di pace di Netanyahu che, con la sua politica di muscoli senza testa, pretende l’annientamento e la pulizia etnica di un popolo cui sono negati i più basilari diritti.
La delegittimazione di chi tenta di frenare il genocidio a Gaza è evidente quando, ormai privi di argomenti, i difensori di Israele lanciano accuse non provate di antisemitismo. La responsabilità dei rigurgiti di antisemitismo invece è proprio di Israele e della sua politica di sterminio dei palestinesi.
Israele pretende di identificare tutti gli ebrei con la sua politica sionista. Il sionismo è un’ideologia politica nazionalista e suprematista. Criticare il sionismo e la politica di Israele non vuol dire odiare gli ebrei.
Chi critica il fascismo non vuol dire che è anti italiano e tanto meno che odia gli italiani e li voglia sterminare. Ecco l’inganno. Si convince la gente a difendere Israele perché gli antisemiti vogliono cancellare dalla faccia della Terra gli ebrei. Falso. Questa pratica mendace serve solo a giustificare il genocidio con una ingannevole equazione: per non essere massacrati gli ebrei devono massacrare. Una tecnica che gli estimatori di Israele utilizzano con disinvoltura.
Così, con cinismo inquietante, strumentalizzano il disumano e ignobile massacro perpetrato da Hamas il 7 ottobre 2023 per legittimare il genocidio in corso: una colpevole e consapevole mistificazione che mette sullo stesso piano la violenza degli oppressi a quella degli oppressori. Ma pretendere dall’opinione pubblica un distinguo su questo piano forse è chiedere troppo: per ottant’anni, infatti, è stata bombardata dalla propaganda israeliana.
Massimo A. Alberizzi
massimo.alberizzi@gmail.com
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