Sandro Pintus
Firenze, 2 giugno 2021
Cassien Ntamuhanga, giornalista ruandese oppositore verso il suo governo, è stato rapito da otto persone in Mozambico. I suoi rapitori lo hanno portato via dopo essersi identificati come agenti della Polizia mozambicana (PRM).
L’Associazione dei rifugiati ruandesi in Mozambico ha presentato la denuncia della scomparsa di Ntamuhanga all’Alto commissariato ONU per i rifugiati (UNHCR) a Maputo. Cleophas Habiyareme, portavoce dell’associazione, ha fatto importanti dichiarazioni all’agenzia di stampa portoghese Lusa. L’uomo ha riferito che nel gruppo di agenti c’era anche una persona “che parlava la stessa lingua di Ntamuhanga”.
Ma la PRM ha smentito qualsiasi arresto. Non solo, ha chiarito che non c’è traccia di alcuna denuncia per la scomparsa o il rapimento di uno straniero. Anche il Servizio nazionale di investigazione criminale (Sernic) smentisce con una dichiarazione rilasciata all’agenzia Lusa. “Non c’è traccia di alcuna operazione di detenzione di cittadini ruandesi, né abbiamo registrato alcuna denuncia”, ha detto il portavoce, Hilario Lole.
È successo lo scorso 23 maggio nell’isola di Inhaca, di fronte alla capitale, Maputo, dove si arriva dopo 2 ore e 40 di traghetto. Da come si sono svolti i fatti pare un vero e proprio sequestro. Cassien era a Inhaca come rifugiato politico e nell’isola aveva aperto un’attività commerciale.
Cassien Ntamuhanga, 39 anni, è anche attivista per i diritti umani e nella capitale ruandese, Kigali, era direttore della stazione radio cristiana Amazing Grace. Nel 2015 è stato condannato a 25 anni di prigione per cospirazione contro lo Stato, complicità con il terrorismo e omicidio. Una sentenza contestata dalle organizzazioni per i diritti umani.
Nel 2017 è riuscito a evadere dalla prigione e, arrivato in Mozambico, gli è stato concesso asilo come rifugiato politico. Il giornalista ha sempre dichiarato di essere vittima di persecuzione politica come altri cittadini ruandesi critici verso il regime del presidente, Paul Kagame.
Il Ruanda fa parte dei 21 Paesi africani che Reporters sans Frontieres (RSF) colora in rosso, classificati ”situazione difficile”. Come il Mozambico. Il piccolo Stato centrafricano lo troviamo al 156° della graduatoria del 2021 dei 180 Paesi esaminati. Tra il Kazakistan e l’Uzbekistan.
Nella seconda metà di maggio c’è stata una triangolazione Parigi-Maputo-Kigali riguardo la situazione di Cabo Delgado, nord Mozambico, sotto attacco jihadista dal 2017. Nell’area, a Palma, sede dell’ultimo assedio jihadista, la multinazionale petrolifera francese Total ha un progetto da 20 mild di USD che ora è fermo,
Da tempo si parla di un possibile intervento militare francese ma anche di un intervento della fanteria ruandese. Alla fine di maggio, a Kigali, sull’argomento ci sono stati colloqui tra Filipe Nyusi, presidente mozambicano, e Paul Kagame, il suo omologo ruandese.
Il Centro per la democrazia e lo sviluppo (CDD) di Maputo twitta che il regime di Kagame può essere coinvolto nel rapimento del giornalista. Ma c’è chi ipotizza un accordo tra Kigali e Maputo per restituire il dissidente al presidente ruandese. “L’estradizione di sospetti tra Ruanda e Mozambico è una questione di diritto o consenso basato su relazioni amichevoli tra i due paesi”, scrive la BBC. E al momento i rapporti sembrano ottimi.
Sandro Pintus
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