Manifestazione pro Assange
Speciale per Africa ExPress
Sandro Pintus
4 gennaio 2021
Anche il giornalismo africano potrà gioire perché Julian Assange non sarà estradato negli Stati Uniti. È la decisione di stamane della giudice distrettuale, Vanessa Baraitser, alla Central Criminal Court di Londra. Uno smacco per gli USA e uno schiaffo per Trump. Una sentenza che conferma il diritto di avere un giornalismo libero che sicuramente farà eco almeno nelle ex colonie britanniche in Africa. Tra queste il Ghana, dove Anas Aremeyaw Anas, giornalista investigativo ghanese lavora da anni sotto copertura contro la corruzione.
Il governo USA ha richiesto insistentemente l’estradizione di Assange accusando il giornalista di cospirazione e spionaggio. Con queste accuse rischia una pena di 175 anni di carcere di massima sicurezza e perfino la pena capitale. Anche Reporters sans frontieres (RSF), con una petizione, qualche giorno fa si è schierata per la liberazione di Assange e contro l’estradizione.
Una grande vittoria della democrazia e del giornalismo libero e indipendente. Per il momento. Perché gli Stati Uniti non si faranno intimidire da una sentenza che non convalida le loro accuse. È molto probabile che la sentenza venga impugnata in appello dai funzionari statunitensi vogliono di perseguire a tutti i costi il giornalista australiano. La sentenza è stata accolta con applausi, all’esterno dell’Old Bailey (il tribunale), da un gruppo di sostenitori di Assange con cartelli e slogan davanti ai media di tutto il mondo.
Il giornalista, 49 anni, fondatore dell’organizzazione WikiLeaks, ha passato gli ultimi 20 mesi in un carcere londinese. Prima di essere trasferito nella prigione aveva chiesto asilo politico all’ambasciata dell’Equador a Londra, dove è rimasto per sette anni. Nel frattempo è arrivata l’accusa di stupro da parte del governo svedese che ne ha chiesto l’estradizione per poterlo giudicare. Un’accusa, poi archiviata, che serviva agli Stati Uniti per aggirare l’impossibilità di estradizione dal Regno Unito.
Negli Stati Uniti lo scandalo WikiLeaks è scoppiato nel 2010 con la pubblicazione di documenti sulla guerra in Afghanistan e Iraq. Il primo documento è stato la pubblicazione del video di un elicottero USA Apache che uccide 11 civili in Iraq. Lo scalpore per i documenti pubblicati è continuato con la pubblicazione su WikiLeaks e sui media americani di decine di prove che mostravano abusi dei militari USA. Tra questi documenti, tutti top secret, anche un video dell’uccisione di un giornalista della Reuters.
Assange, davanti alle accuse del governo statunitense, ha sempre dichiarato che pubblicava il materiale come giornalista. I suoi avvocati hanno invece accusato gli Stati Uniti di voler giudicare il giornalista perché ha divulgato cose non gradite e imbarazzanti. Soprattutto prove su crimini di guerra e abusi sui diritti umani dei militari USA.
A difesa di Julian Assange anche Daniel Ellsberg, giornalista che ha fatto trapelare i documenti del Pentagono sulla guerra del Vietnam. Secondo Ellsberg il giornalista australiano ha agito nell’interesse pubblico e negli Stati Uniti non avrebbe un processo equo.
Sandro Pintus
sandro.p@catpress.com
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