AFRICA

“Exodus”, l’umanità migrante raccontata dalle immagini di Sebastião Salgado

Speciale per Africa ExPress
Sandro Pintus
Firenze, 28 luglio 2020

Potenti, empatiche ma anche cariche di sofferenza, disperazione e crude nella descrizione della realtà. Immagini dure e in molti casi piene di speranza, nonostante tutto, dove il bianco e nero ne sottolinea l’aspra bellezza. Uno stile che mai manca di rispetto ai soggetti fotografati ma ne onora la dignità di esseri umani. Definite “immagini estreme di realtà estreme” toccano il cuore e commuovono per la loro drammatica sobrietà e la nuda oggettività.

Da sin. Sebastião Salgado e l’ex presidente brasiliano, Luis Inácio Lula da Silva, con il libro “Trabalhadores” (2006)

Sono le fotografie della mostra “Exodus. In cammino sulle strade delle migrazioni” di Sebastião Salgado, curata da Lélia Wanick Salgado, moglie del grande fotogiornalista brasiliano. Un’esposizione che, in 180 immagini, descrive un’umanità in cammino – o in fuga – alla  ricerca di un futuro migliore.

Il viaggio infinito di intere popolazioni

Salgado, spostandosi per tutto il pianeta, racconta il viaggio infinito di interi popoli costretti a lasciare la propria terra e le proprie case. Le cause degli spostamenti forzati di massa sono sempre le stesse: povertà, guerre, disastri naturali, violenza.

Ogni anno milioni di persone, dopo aver abbandonato tutto, si rifugiano in campi profughi con la speranza di poter tornare “a casa” quando la situazione lo permetterà. Le fotografie di Salgado scuotono lo spettatore. Si leggono drammi e dolore ma anche dignità, coraggio e la speranza di migliorare la propria vita.

Dalla mostra “Exodus” di Sebastião Salgado. A destra: stazione ferroviaria in India

Il grande fotografo ci mette a contatto con le moltitudini delle metropoli indiane e cinesi e l’odissea dei “boat people” vietnamiti. Mostra le proteste dei “senza terra” dell’America Latina e il dramma delle popolazioni native dell’Amazzonia. Ci fa vedere i profughi dell’America Centrale che cercano di arrivare negli Stati Uniti e la tragedia dei curdi che non hanno patria. Racconta l’emigrazione dall’Africa verso Gibilterra, i campi profughi palestinesi in Libano e l’espulsione della minoranza musulmana dal Kosovo.

Dalla mostra “Exodus” di Sebastião Salgado. A  destra: la spiaggia di Vung Tau, da cui è salpata la maggior parte dei boat people vietnamiti (Vietnam meridionale)

I ritratti degli innocenti

Una sezione della mostra è dedicata ai bambini, le maggiori vittime di questi viaggi forzati. Trenta ritratti ripresi nei campi profughi dell’Afghanistan, del Sud Sudan, del Kurdistan iracheno o del Rwanda ma anche i figli dei contadini “senza terra” brasiliani. Ritratti di innocenti che comunicano tristezza e sofferenza ma, a volte, anche allegria.

Dalla mostra “Exodus” di Sebastião Salgado. La sezione dei ritratti dei bambini

Le immagini della tragedia africana

Una sezione dell’esposizione riguarda il grande continente nero: “La tragedia africana: un continente alla deriva” dove racconta la situazione dell’Africa in trentacinque immagini. Fotografie scattate tra il 1993 e il 1997. È il periodo del genocidio in Rwanda dove sono stati massacrati un milione di tutsi. Sono gli anni della guerra tra Sudan e il Sud Sudan, quest’ultimo diventato indipendente nel 2011.

Dalla mostra “Exodus” di Sebastião Salgado: i campi dei profughi ruandesi

Ed è anche il periodo della pace in Mozambico firmata nell’ottobre 1992. I profughi mozambicani scappati nei Paesi confinanti sono potuti tornare a casa dopo 16 anni di guerra civile. In Angola c’era l’interminabile guerra civile tra l’esercito regolare e la guerriglia antigovernativa, l’UNITA (Unione Nazionale per l’Indipendenza Totale dell’Angola), durata 27 anni.

Salgado racconta l’Africa in tutta la sua durezza. Sono eloquenti le immagini dei campi profughi di Benako (Tanzania) o di Goma (Zaire, oggi Repubblica Democratica del Congo), che ospitavano ruandesi fuggiti dalla guerra. Forse le fotografie più toccanti sono quelle dei profughi angolani mutilati dalle mine antiuomo: grazie alle protesi alle gambe potranno camminare.

Dalla mostra “Exodus” di Sebastião Salgado. In alto a destra: un uomo muore di colera sotto gli occhi di una folla traumatizzata

La morte in diretta

Un’immagine dolorosa come un pugno nello stomaco è quella  un uomo che muore di colera sotto gli occhi di una folla traumatizzata. È una fotografia del 1994 nel campo di profughi ruandesi di Kibumba, Goma, (Zaire, oggi RDC).  Il capitolo dedicato all’Africa termina con l’immagine di tre giovani profughe mozambicane nel campo di transito di Mbamba Bay (Tanzania) che si pettinano. Si stanno preparando per tornare in Mozambico. Dopo 15 anni vissuti in campi d’accoglienza.

Il genere umano è uno

“Oggi più che mai, sento che il genere umano è uno” – dice Salgado parlando delle sue immagini. “Vi sono differenze di colore, di lingua, di cultura e di opportunità, ma i sentimenti e le reazioni di tutte le persone si somigliano. Noi abbiamo in mano la chiave del futuro dell’umanità, ma dobbiamo capire il presente. Queste fotografie mostrano una porzione del nostro presente. Non possiamo permetterci di guardare dall’altra parte”.

Sebastião Salgado
Exodus. In cammino sulle strade delle migrazioni
8 febbraio – 26 luglio 2020
Pistoia, Palazzo Buontalenti/Antico Palazzo dei Vescovi
—–
Fondazione Pistoia Musei
Fondazione CRF
Agenzia Contrasto
Lara Facco Press & Communication

Sandro Pintus
sandro.p@catpress.com
@sand_pin

Crediti immagini:
– Sebastião Salgado e Lula da Silva
This photograph was produced by Agência Brasil, a public Brazilian news agency.
Their website states: All content on this website is published under the Creative Commons Attribution 3.0 Brazil License unless specified otherwise and content replicated from other sources.

– Immagini della mostra Exodus
Sandro Pintus © 2020

Sandro Pintus

Giornalista dal 1979, ha iniziato l'attività con Paese Sera. Negli anni '80/'90 in Africa Australe con base in Mozambico e in seguito in Australia e in missioni in Medio Oriente e Balcani. Ha lavorato per varie ong, collaborato con La Repubblica, La Nazione, L'Universo, L'Unione Sarda e altre testate, agenzie e vari uffici stampa. Ha collaborato anche con UNHCR, FAO, WFP e OMS-Hedip.

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