Renee Bach con del cibo in mezzo ai bambini
Sandro Pintus
Firenze, 28 febbraio 2019
La denuncia è partita da due mamme ugandesi, attraverso la Women Probono Initiative, associazione che offre tutela legale a donne che subiscono abusi. Le due madri, Zubeda Gimbo e Annet Kakai, hanno visto morire i loro bambini dopo le “cure” della missionaria statunitense Renee Bach.
Renee, giovane diciannovenne piena di buone intenzioni e carità cristiana, nel 2010 ha deciso andare in Africa per salvare i bambini denutriti. Ha creato l’ong Serving His Children (SHC), con sede in Virginia, USA. Oggi, nove anni dopo la fondazione dell’ong, si sospetta che sia colpevole della morte di almeno un centinaio di bimbi – ma si stima che siano addirittura 600.
Giovane, bella e bionda, un viso pulito, un bel sorriso, con il camice bianco e lo stetoscopio, Renee appariva come un medico. Con il suo look dava fiducia alle mamme che avevano bimbi malati o denutriti. Un angelo bianco che avrebbe salvato la vita del loro figlio.
Secondo le testimonianze raccolte la giovane missionaria convinceva le mamme a lasciare gli ospedali ugandesi e portare i loro bimbi nel suo Centro dove venivano “curati”. Tutto questo accadeva a Masese, nel distretto di Jinjia, una cittadina sulle rive del lago Vittoria, nel sud dell’Uganda a un centinaio di km a est della capitale Kampala.
Tra i testimoni c’è un’infermiera americana, che nel 2011 lavorava per SHC. Dopo nove mesi ha deciso di licenziarsi per le “decisioni cliniche” prese da Renee la quale aveva anche asserito che “Sentiva che Dio le avrebbe detto cosa fare per un bambino”.
“Per le azioni cui ho assistito nel Centro e ciò che Renee mi ha raccontato – dice la testimone – negli Stati Uniti, sarebbe stata arrestata. Lavorava senza la guida di un medico e dava ordini al personale infermieristico”.
Senza la presenza di un medico, ai bambini venivano fatte trasfusioni di sangue, inserimento di sondini naso gastrici, iniezioni intramuscolari ed endovenose. Renee faceva prescrizioni e dosaggi di farmaci per via orale, intramuscolare e per via endovenosa.
Anche un’altra americana che ha una formazione in scienze della salute ha lavorato per SHC nel 2010. Ha visto morire una bambina sottonutrita. Renee, che non aveva alcuna conoscenza del cibo utilizzato per la riabilitazione, l’ha alimentata normalmente invece che attraverso un processo di nutrizione riabilitativa.
Quando è svenuta le ha fatto un’iniezione. Poco dopo la bambina è morta. “Il decesso – dice la testimone – è stato causato probabilmente da improvvisi cambiamenti negli elettroliti che aiutano il corpo a metabolizzare il cibo”.
Un’altra testimonianza statunitense, parla di Renee che faceva assumere ai bimbi medicine per la tubercolosi, farmaci antiretrovirali e per l’epilessia, antibiotici e altri medicinali.
La WPI accusa la missionaria e SHC anche di “aver violato i diritti umani, il diritto alla salute dei bambini, il diritto alla vita, il diritto ad essere liberi dalla discriminazione sulla base della razza e della condizione economica sociale e il diritto di dignità, trattamenti inumani e degradanti”.
La prima udienza del processo contro Renee Bach e SHC è fissata per il 12 marzo prossimo, al Tribunale di Jinjia. Intanto Renee, che dovrà difendersi da accuse pesantissime, è sparita.
Da Kampala, il collettivo “No White Saviors“, gruppo che vuole “decolonizzare le missioni e lo sviluppo”, ci ha riferito che la missionaria, alla fine di settembre scorso, è tornata negli Stati Uniti. Per adottare un bambino attraverso il sistema di adozione americano.
(Ultimo aggiornamento 3 marzo 2019)
Sandro Pintus
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