AFRICA

Kenya spendaccione, debito con la Cina di 60 miliardi di euro. Che non potrà onorare

Dal Nostro Corrispondente
Franco Nofori
Mombasa, 30 settembre 2018

Non è una malevole previsione dei detrattori del governo Kenyatta, ma si tratta di una proiezione ufficiale del suo ministero del Tesoro che, nella bozza del Budget Review and Outlook Paper, segnala una pericolosa tendenza della spesa pubblica il cui trend, valutato in ragione dei debiti già contratti e di quelli di prossima acquisizione, indica che al termine del mandato presidenziale del 2022 (a termini costituzionali non più rinnovabile) lascerà al Paese un debito complessivo di oltre 60 miliardi di euro, cioè, più o meno lo stesso ammontare del PIL, il Prodotto Interno Lordo dell’ex colonia britannica.

Questa colossale spesa risulta prodotta da una massiccia realizzazione di infrastrutture: strade, ferrovie, ponti, centrali elettriche, porti e varie altre installazioni, attuate attraverso la sottoscrizione di ingenti debiti, soprattutto (ma non solo) con l’ormai onnipresente partner cinese. Tutte opere che hanno notevolmente contribuito a una modernizzazione del paese, ma che hanno anche drammaticamente svuotato la cassa di Stato, impedendo altri necessari interventi in aree sensibili, come quelle del sistema scolastico, della sanità, delle case popolari, delle strade per l’accesso alle zone più remote e di altre opere pubbliche essenziali per consentire alla popolazione meno abbiente, decorose condizioni di vita.

Coda di autoveicoli a una stazione di servizio nell’imminenza dell’aumento del costo carburanti

Una delle molte critiche rivolte al governo, per l’ingente indebitamento, proviene dal responsabile regionale della Stanbic Bank, Jibran Quereishi, che definisce irresponsabile “l’ambiziosa frenesia alla spesa” da cui la classe politica al potere sembra essere soggiogata. Del resto i primi effetti di questo dissennato indebitamento, hanno già prodotto dolorose conseguenze sull’economia interna: l’otto per cento di IVA è stato imposto sui prodotti petroliferi, cosa che presso le stazioni di servizio, causa l’aumento di altre tasse, si è trasformata in un secco incremento del 16 per cento sui carburanti facendo così esplodere una catena di rincari in tutto il settore della distribuzione, prodotti alimentari inclusi.

Vignetta di Gado sul Nation: come la corruzione cinese ingrassa la leadership del Kenya

Per far fronte a questo crescente e inarrestabile indebitamento, la ricerca del governo di altri prestiti si sta facendo frenetica, ma trova sempre più porte chiuse perché la fiducia nella capacità di recupero del Paese appare poco credibile e si teme che il Kenya possa fare presto la fine dello Zambia, costretto a cedere i propri tesori all’astuto e falsamente  “generoso” alleato commerciale cinese. Su questa linea anche l’IMF (Fondo Monetario Internazionale) ha rifiutato di rinnovare al Kenya la concessione del credito di circa 900 milioni di euro, benché il locale rappresentante della potente organizzazione finanziaria, Jan Mikkelsen, assicura che l’IMF continuerà ad assistere il Kenya nel realizzare le necessarie riforme fornendo “i più opportuni consigli”, ma i consigli non sono titoli negoziabili di cui il Kenya ha disperatamente bisogno.

Protesta contro la miniera di carbone cinese a Lamu

Peraltro, non tutto l’ammodernamento realizzato grazie al debito con Pechino, risulta gradito ai keniani, come la miniera di carbone in fase di realizzazione a Lamu che riceve la ferma ostilità degli abitanti, ma intanto, mentre davanti ai distributori di carburante del Paese si accodano chilometri di auto che tentano di fare il pieno prima dell’annunciato aumento, ecco la curiosa definizione di un cittadino (certo Mike) apparsa su un social network: “L’ambizione dei nostri politici è simile a quella di una cortigiana fallita che sotto il ricco mantello di broccato, indossa mutande sporche e stracciate”.

Franco Nofori
franco.kronos1@gmail.com
@FrancoKronos1

Redazione Africa ExPress

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