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Shell accusata di aver barato: in Nigeria non ha bonificato come avrebbe dovuto

Speciale per Africa ExPress
Cornelia I. Toelgyes
Quartu Sant’Elena, 4 novembre 2015

L’accusa lanciata da Amnesty International e dal “Centre for Environment, Human Rights and Development” (CEHRD) è pesante: la Shell, il colosso petrolifero anglo olandese, non ha ottemperato alla raccomandazioni molto severe dell’UNEP, il Programma per l’Ambiente dell’ONU, che l’avevano vincolata a bonificare un territorio nel delta del Niger, in Nigeria, devastato da un inquinamento spaventoso.

La relazione dell’UNEP aveva evidenziato il fatto che l’inquinamento causato dalla Shell era tale che ci sarebbero voluti forse trent’anni per risanare completamente l’intera area e riportarla allo stadio iniziale.

Già nello scorso mese di agosto alcuni gruppi per la difesa dei diritti umani e anche Amnesty avevano accusato il governo nigeriano e la Shell di negligenza e lentezza nel risanamento delle zone inquinate nel Delta del Niger.

In un nuovo rapporto di trentotto pagine pubblicato ieri, intitolato “Clean It Up: Shell’s False Claims about Oil Spill Response in the Niger Delta”, Amnesty International e il CEHRD, accusano la società petrolifera di non aver bonificato le zone inquinate dalla fuoriuscita di greggio. Inoltre occorrono più azioni per venire incontro alle comunità maggiormente colpite.

Durante i sopralluoghi effettuati tra luglio e settembre, in tredici delle quindici zone colpite, c’erano ancora segni di evidente inquinamento e/o contaminazione, anche se il governo nigeriano e la Shell hanno dichiarato esattamente l’opposto.

Mark Dummett, ricercatore di Amnesty, ha affermato: “Migliaia di persone sono costrette a vivere da anni, in alcuni casi da decenni, in zone contaminate, bere acqua e respirare aria inquinata a causa della mancata bonifica”.

La Shell Petroleum Development Company of Nigeria (SPDC) respinge tutte le accuse e dichiara di aver messo in opera le raccomandazioni richieste dall’UNEP.

La relazione è stata resa pubblica proprio una settimana prima del ventesimo anniversario dell’esecuzione di Ken Saro-Wiwa. Il mondo era venuto a conoscenza della drammatica situazione ecologica nel Delta del Niger, causata dall’inquinamento provocate dalle perdite di greggio, anche grazie alle sue denunce.

Il 10 novembre 1995 Ken Saro-Wiwa è stato impiccato con altri otto leader, che erano stati processati in gran segreto per aver assassinato quattro capi locali. Inutili furono gli appelli di clemenza giunti dal mondo intero. Il governo militare di allora – guidato dal sanguinario Sani Abacha – non ne volle sapere.

“In vent’anni non è cambiato nulla. L’Ogoniland (nel sud della Nigeria) ha gli stessi problemi di allora. Non abbiamo avuto giustizia”, sono le amare parole di  Fyneface Dumnamene Fyneface, ambientalista e attivista per i diritti umani.

Amnesty ha annunciato veglie e proteste per la prossima settimana, in concomitanza con l’anniversario dell’impiccagione di Wiwa, davanti alle stazioni di benzina della Shell.

Da tempo l’opinione pubblica quando parla di Nigeria pensa solo ai jihadisti di Boko Haram e ai loro massacri. Si crede che nel colosso dell’Africa si muoia solamente per mano dei sanguinari terroristi. Poca attenzione è rivolta al gravissimo problema dell’inquinamento nel Delta del Niger e agli altri mille problemi, i più grossi povertà e corruzione, che affliggono l’ex-colonia britannica.

Cornelia I. Toelgyes
corneliacit@hotmail.it
@cotoelgyes

maxalb

Corrispondente dall'Africa, dove ho visitato quasi tutti i Paesi

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