Categories: SENEGALSTORIE

Senegal, la jihad verde dell’imam di Dakar

Speciale per Africa Express
Cornelia I. Toelgyes
Quartu Sant’Elena, 7 agosto 2015

Una voce fuori dal coro, l’Imam Youssoupha Sarr, che della lotta contro l’inquinamento ha fatto la sua guerra santa. In Senegal lo chiamano “l’imam verde”. La sporcizia nelle strade, sta diventando un problema serio a Dakar, la capitale del Senegal, e il governo ha chiesto la collaborazione dei religiosi per sensibilizzare la popolazione.

Tempo fa una nuova legge ha vietato l’uso dei sacchetti di plastica. Il provvedimento è servito a ben poco. Ora Sarr ha chiesto ai fedeli di osservare l’editto islamico di rispettare l’ambiente, di preservarlo dall’inquinamento.

La moschea dell’imam Sarr si trova a Guedwaye, è ubicata in un quartiere sovrappopolato nella periferia di Dakar. Dipinta di verde e bianco, non sembra nemmeno appartenere a quel luogo, ai vicoli angusti e stretti, inquinati da migliaia di buste di plastica e dove un lezzo insopportabile di pesce marcio alleggia nell’aria.

L’imam è una persona cordiale e gentile. Non predica violenza, astio, odio, non incita i giovani a pregare di più.  Niente di tutto ciò. La sua jihad è contro l’inquinamento e si pone una domanda fondamentale: “Perché i residenti, che frequentano la mia moschea, persone umili, povere, molto credenti, pregano qui cinque volte al giorno, osservano il mese di digiuno, il ramadan, ma non prestano nessuna attenzione all’ambiente che li circonda, qual è il motivo che li spinge a buttare i rifiuti per strada?”

Sarr, quando tocca l’argomento inquinamento s’innervosisce, perde la calma e con voce grave esclama: “Non è solamente un problema locale, concerne tutto il pianeta, ma il mondo islamico tende ad ignorarlo completamente”. A questo punto, normalmente, all’interno della moschea cala il silenzio totale, il gelo. Nessuno si muove più. E’ andato oltre? O hanno paura di ascoltare la verità?

L’ONU stima che il surriscaldamento del globo e l’innalzamento del livello del mare, dovuto all’emissione di anidride carbonica nell’atmosfera, nel 2013 abbia costretto 23 milioni di persone a lasciare le proprie abitazioni. Le aree maggiormente colpite si trovano, tanto per cambiare, in Africa, nel Sahel e negli angoli più remoti dell’Asia.

Secondo l’Organizzazione mondiale della sanità (OMS) i sei Paesi maggiormente colpiti dall’inquinamento sono il Pakistan, Qatar, Afghanistan, Bangladesh, Iran e l’Egitto, e, guarda caso, tutti Paesi musulmani.

Da qualche tempo organizzazioni come “Green muslims” e “Islamic foundation of the environment” cercano di affrontare seriamente questo problema, parlando, predicando ai fedeli, affinchè prendano coscienza della gravità della situazione.

Le previsioni degli scienziati sono tutt’altro che rosee: se non si affronta la situazione con provvedimenti urgenti entro il 2030 moriranno centomilioni di persone a causa dei cambiamenti climatici.

Molti credono che l’11 settembre 2001 abbia caratterizzato questa generazione. Ma anche la protezione dell’ambiente, la lotta all’inquinamento sono battaglie da affrontare e rappresentano un cambiamento epocale: è una questione morale, un messaggio che vale veramente la pena di diffondere.

Cornelia I. Toelgyes
corneliacit@hotmail.it
@cotoelgyes

Cornelia Toelgyes

Giornalista, vicedirettore di Africa Express, ha vissuti in diversi Paesi africani tra cui Nigeria, Angola, Etiopia, Kenya. Cresciuta in Svizzera, parla correntemente oltre all'italiano, inglese, francese e tedesco.

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