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Cornelia I. Toelgyes
16 marzo 2014
Una guerra nella guerra, forse più feroce e spietata di quella che si combatte con le armi: la guerra contro la fame. “Non so cosa dare da mangiare ai miei sette figli, da tempo si nutrono soltanto con radici di ninfea”. Sono le parole di Rebecca Nyakang , che vive con i suoi bambini, il marito e qualche altra famiglia su un isolotto, ad un’ora di canoa dalla cittadina di Nyal, nella contea di Panyjar, nell’Unity State. Le radici di ninfea contengono poche calorie e sostanze nutritive appena sufficienti per sopravvivere.
La situazione è drammatica, perché le guerre da combattere, a questo punto, sono ben due. Una è quella civile, la seconda è quella della fame: procurarsi del cibo che non c’è, anche a causa delle terribili alluvioni che hanno colpito sette dei dieci Stati della nazione più giovane del mondo, è quasi impossibile. Inoltre i commercianti non sono disposti a mettere a rischio la loro vita per comprare e vendere derrate alimentari.
Nel frattempo decine di migliaia di persone vivono con pochissimo cibo, vulnerabili alle malattie come dissenteria, colera, tifo, malaria, anche perché prive dell’assistenza sanitaria essenziale.
Il Paese è allo sfacelo totale, difficile portare anche aiuti alla popolazione rimasta, perché guerra e alluvione hanno distrutto le strade, anzi le piste perché parlare di strade in Sud Sudan è veramente difficile. Al momento dell’indipendenza nel 2011 c’erano soltanto 60 chilometri di strade asfaltate e tutte, o quasi, all’interno della capitale, Juba.
Challiss McDonough, portavoce del programma alimentare mondiale (World Food Programme), conferma che già i primi di febbraio 2014 le persone a rischio di incertezza alimentare erano ben sette milioni e aggiunge: “A causa della poca viabilità delle strade, quasi tutte distrutte, è difficilissimo raggiungere la popolazione e portare aiuti. Facciamo il possibile, abbiamo delle postazioni mobili per distribuire il cibo. I nostri collaboratori sono attenti alle necessità delle persone e cercano di raggiungerli ovunque, specie nei tre Stati più colpiti dal conflitto: Jonglei, Unity e Alto Nilo.
Cornelia I. Toelgyes
corneliacit@hotmail.it
twitter @cotoelgyes
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