Massimo A. Alberizzi
26 dicembre 2013
Massacri, fosse comuni, esecuzioni sommarie, regolamenti di conti pulizia etnica. Il Sud Sudan è di nuovo ripiombato nel caos, come durante la guerra d’indipendenza. Non si può comunque ridurre tutto a una guerra etnica tra i dinka del presidente Salva Kiir Mayardit e i nuer dell’ex vicepresidente Riek Machar Teny, licenziato nel luglio scorso.
Non tutti i dinka appoggiano Salva Kiir. Nella retata di arresti ordinata dal presidente subito dopo l’annuncio di un tentativo di colpo di Stato, secondo Salva ordito da Riek e soffocato sul nascere, figurano anche molte personalità dinka per esempio l’ex ministro degli esteri Deng Alor. Come ha sottolineato un lettore di Africa ExPress, “quello che sta succedendo in Sud Sudan è il frutto di uno scontro interno al SPLM/A (Sudan People’s Liberation Movement/Army, ndr), che rischia di degenerare in guerra etnica come nel 1991, perché sia Salva che Riak fanno appello alle rispettive famiglie etniche”.
La stessa vedova di John Garang, il fondatore dell’SPLM/A e padre dell’indipendenza sud sudanese, Rebecca Nyandeng, dinka anche lei come il marito, ha scelto il campo di Riek Machar, invitando Salva Kiir alla moderazione, a liberare i prigionieri politici e a trattare con il suo ex vicepresidente.
In questa fase le dichiarazioni dei due campi sono bellicose e trionfalistiche. L’esercito ha annunciato di aver ricatturato i sobborghi di Bor, ma twitt inviati a Africa ExPress, parlano solo di scontri sporadici alla periferia della città. Per altro a Bor il campo dei caschi blu dell’ONU è stato invaso da almeno 17 mila rifugiati. In tutto il Paese oltre centomila persone hanno cercato protezioni nei recinti delle Nazioni Unite.
Per altro alla denuncia dell’Organizzazione internazionale di aver scoperto fosse comuni con decine di cadaveri, entrambi hanno risposto con un: “Investigheremo”.
Mentre sono cominciati i negoziati tra i due campi avversari, Ban Ki Moon ha chiesto al Consiglio di Sicurezza per proteggere i civili di incrementare il contingente di caschi blu che ora conta 5000 effettivi. Il segretario dell’ONU vorrebbe portarlo a 11 mila e ottocento uomini.
Massimo A. Alberizzi
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