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Mali, finita la guerra lampo comincia quella vera

Di ritorno da Gao a Bamako,
Andrea de Georgio
ha mandato questo articolo
per Africa ExPress

NOSTRO SERVIZIO PARTICOLARE
BAMAKO – Nelle stesse ore in cui il presidente francese Francoise Hollande annuncia la “fase finale dell’Operazione Serval” e si comincia a parlare di “ritiro graduale”, di “exit strategy” e di caschi blu dell’Onu, nel nord del Mali comincia la guerra, quella vera.

Oltre cento terroristi e 23 soldati ciadiani dell’Amisma (la missione a sostegno del Mali dell’Unione Africana) sono morti negli scontri dello scorso fine settimana e il bilancio è destinato a salire. I jihadisti, arroccati nel massiccio dell’Adrar Des Ifoghas al confine con l’Algeria, rispondono agli attacchi degli eserciti franco-africani con quotidiane azioni di guerriglia e attentati nelle “città liberate”. La Francia ha una gran fretta di chiudere la partita che, però, si preannuncia ben più lunga e difficile del previsto.

I ribelli che hanno occupato per oltre nove mesi il nord del paese hanno passato il primo mese di ostilità a scappare dai bombardamenti e dalle incursioni di terra delle unità speciali francesi (legionari, paracadutisti, guastatori e qualche divisione d’elite maliana) concentrati soprattutto sulle tre città principali: Timbuctu, Gao e Kidal.

Data la sproporzione di forze in campo e la potenza aerea francese, i “soldati di Dio” di Aqmi (Al Qaeda nel Maghreb Islamico), Mujao (Movimento per l’Unicità e la Jihad in Africa Occidentale) e Ansar Dine (“i difensori della religione”) non hanno neanche provato a reagire. Hanno piuttosto limitato le perdite, scappando a gambe levate e lasciando nelle città qualche cecchino solitario, infiltrato nella popolazione locale. 

La facilità e la velocità dell’avanzata francese (appena quattro giorni per liberare Timbuctu e Gao) non hanno stupito analisti ed esperti in materia. Chi conosce il terrorismo globale non ha mai dubitato dell’addestramento e della reale minaccia rappresentata dai gruppi qaedisti del Sahel, sapendo bene che la risposta dei ribelli sarebbe stata una mera questione di tempo.

Non è certo lo scontro diretto contro eserciti regolari meglio equipaggiati che esalta la guerriglia jihadista, bensì azioni di terrorismo “hit and run” e il fattore sorpresa. Bisogna anche ricordare che dall’inizio dell’intervento francese nessun capo ribelle è stato ancora trovato né ucciso, a dimostrazione del fatto che i gruppi terroristi del nord del Mali sono ancora in perfetta forma.

In un documento segreto ritrovato recentemente a Timbuctu, uno dei capi algerini di Aqmi, Abdel Malek Droukdel, indica nel fattore tempo la vera forza della “guerra santa” in Mali, consigliando ai quadri locali del movimento di essere più discreti e pazienti per “piantare qualche seme in un terreno fertile che, grazie al concime, diventerà presto un albero grande e vigoroso”.

Una strategia di medio e lungo termine che sembra anticipare e sfruttare a proprio favore la fretta francese di ritirarsi dalle sabbie mobili del Sahel. La prima guerra di Hollande costa cara, sia economicamente (“un po’ più di cento milioni di euro fino ad ora” secondo il Ministro della Difesa francese Le Drian) che in termini di voti (vedi dibattito in Francia sugli ostaggi e sul “neocolonialismo”, vere spine nel fianco dell’Eliseo).

Alla luce della spirale di violenza che ha interessato il nord del Mali nelle ultime due settimane la prospettiva, fortemente auspicata dalla Francia, di una risoluzione del Consiglio di Sicurezza dell’Onu che in massimo tre settimane decida l’invio di 6000 caschi blu nel paese, il passaggio della patata bollente agli eserciti africani dell’Amisma e la creazione di una forza speciale d’intervento rapido (francese, dislocata in Mali o in uno dei paesi vicini), sembra strategicamente prematura e rischia di far precipitare di nuovo la regione sahelosahariana nel caos, vanificando l’intero intervento francese.

Andrea De Georgio

 

Le fotografie sono di Andrea De Georgio. Le prime due sono cartelli piazzati all’ingresso di Gao. Poi ci sono 9 casse di M-21 missili Grad di fabbricazione russa (molto probabilmente facenti parte dei 10mila missili dell’arsenale mai ritrovato di Ghaddafi) rinvenuti nella cittadina di Konna nella base dei jihadisti e una cassa aperta con uno dei missili.
Infine qui sotto la fotografia di quattro barili colmi di esplosivo artigianale (più o meno 600 chili) ritrovati da De Georgio nella casa accanto a quella dove soggiornava a Gao.

maxalb

Corrispondente dall'Africa, dove ho visitato quasi tutti i Paesi

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