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Profitti da capogiro per chi investe nelle fabbriche di armi

Speciale per Africa ExPress
Fiorina Capozzi
5 dicembre 2025

Duemilasettecento miliardi di dollari finiti in spesa militare solo nel 2024. Il dato record mostra un aumento del 9 per cento rispetto allo scorso anno.

Si tratta del maggiore aumento dalla fine della Guerra Fredda nel decimo anno consecutivo di incremento. Secondo analisi riportate dall’ONU, la spesa militare globale potrebbe raggiungere fra i 4 mila settecento miliardi e i 6mila seicento miliardi entro il 2035.

Doppio debito pubblico italiano

I profitti del commercio delle armi. L’italiana Leonardo (ex Finmeccanica) è al 12 posto

Per avere un termine di paragone, quest’ultima cifra è pari al doppio dell’intero debito pubblico italiano. Rappresenta inoltre cinque volte il livello della fine della Guerra Fredda e più del doppio di quanto speso lo scorso anno.

 

Per chi investe nel business della guerra i profitti si moltiplicano in tutto il mondo. Come riferisce Stockholm International Peace Research Institute (SIPRI), i primi cento produttori di armi del mondo hanno realizzato lo scorso anno un fatturato record da 679 miliardi di dollari, con un incremento del 5,9 per cento rispetto allo scorso anno.

Indice ETF

L’indice ETF (Exchange Traded Fund) globale sul settore della difesa ha guadagnato in due anni più del 168 per cento. Da inizio anno è salito del 77,4 per cento. Dentro ci sono i nomi dei colossi del settore statunitensi come Bae Systems, Lockheed Martin o General Dynamics, ma anche grandi gruppi europei come la tedesca Rheinmetall, che è nata nel 1800, ha attraversato due Guerre mondiali ed è oggi il fornitore ufficiale di sistemi d’arma della Nato. O ancora le francesi Dassault e Thales e le italiane Fincantieri e Leonardo.

Questo è naturalmente l’asse occidentale, cui si aggiungono Giappone e India e che si confronta con quello orientale dove è la Cina a farla da padrone con i grandi conglomerati di Stato come la Aviation Industry Corporation of China che ha un fatturato da circa 79 miliardi di dollari di cui 45 per la difesa.

Industria bellica

Solo nel comparto militare è tre volte più grande di Leonardo il cui giro d’affari complessivo lo scorso anno ha sfiorato i 18 miliardi di euro segnando una crescita dell’11 per cento con 21 miliardi di ordini in portafoglio. Il 78 per cento di questa somma deriva da armi. Cifre da capogiro.

Economia di povertà

Che dire? L’economia di guerra rende. Ma alimenta anche un’economia di povertà. La produzione delle aziende belliche non riesce infatti a creare ricchezza sul territorio in cui realizza i manufatti al pari dell’economia di pace.

La ragione è semplice: non alimenta in maniera considerevole e diffusa i consumi sul territorio nazionale e di conseguenza non fa scattare quel circuito positivo che è proprio della produzione in tempi di pace.

Per questa motivo l’Europa deciderà di dirottare i fondi non spesi del Pnrr a vantaggio della spesa militare, l’Italia perderà un’occasione di rilancio in un delicato momento geopolitico ed economico, mettendo a dura prova la tenuta sociale. Con il rischio concreto che, alla fine dei conti, oltre a contribuire a costruire un clima di odio, restino alle future generazioni solo debiti da pagare.

Fiorina Capozzi
X: @africexp
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Redazione Africa ExPress

La redazione di Africa Express è formata da giornalisti che hanno visitato in lungo e in largo il continente africano e il Medio Oriente

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