Speciale Per Africa ExPress
Alessandra Fava
Genova, 15 ottobre 2025
Spese faraoniche per vitto e alloggio, intrallazzi su affari miliardari con tutti i capi di Stato che incontrava per trovare fondi per la Palestina, rapporti opachi con banche d’affari per le quali lavorava come Senior Advisor nello stesso tempo, zero impegno per un accordo di pace tra palestinesi e israeliani: non sembrano i requisiti giusti per riproporre un politico a capo del progetto di ricostruzione di Gaza e invece è proprio quello che succede con Tony Blair, candidato dal presidente Usa Donald Trump e in affari col genero di Trump Jared Kushner.
Curiosamente però mentre molti citano l’appoggio che Blair diede alla guerra irachena e alla divulgazione delle false prove sulle armi di distruzione di massa in mano a Saddam Hussein (rapporto dei servizi segreti M16), nella stampa italiana ed anche estera si ricordano poco gli otto anni che passò in Medio Oriente come inviato di pace del Quartetto dal giugno 2007 al maggio 2015, subito dopo il suo mandato come premier britannico.
A ripercorrere cronache e inchieste, furono anni spesi a occuparsi molto dei suoi business miliardari, poco dello sviluppo della Palestina, se non per la solita pioggia di soldi su Ramallah, e ancora meno di una pace tra Israele e Palestina perché come ebbe a dire “la sicurezza di Israele è al primo posto e ne va anche della stabilità della Ue e del mondo intero”.
E quindi non sembrò certo il caso di esporsi coinvolgendo Hamas che intanto aveva preso il potere a Gaza, anzi secondo il pensiero israelo-americano era molto meglio fomentare la divisione tra Fatahstan nella West Bank e Hamastan a Gaza. Divide et impera.
Africa ExPress ha intervistato sull’argomento Graham Watson, europarlamentare britannico dal 1994 al 2014, presidente del gruppo Alde (Alleanza dei Liberali e dei Democratici Europei) nel Parlamento UE dal 2011 al 2015 e oggi professore aggiunto alla Munk School of Global Affairs and Public Policy dell’Università di Toronto.
Mr. Watson che cosa pensa dell’idea di dare ora un mandato a Blair sulla ricostruzione di Gaza?
“Non credo che sia la scelta giusta in questo momento, specie per la credibilità di Blair. Ho il sospetto che anche in Gran Bretagna non la prendano troppo bene”.
Il suo mandato come inviato del Quartetto fu puntellato di scandali: spese eccessive per gli alberghi e auto blindate a carico delle Nazioni Unite, spese faraoniche per la sua sicurezza a carico del Regno Unito, ma sopratutto i rapporti di lavoro con la banca d’affari americana JP Morgan con la quale ebbe un contratto di senior advisor. Che cosa ricorda di quel periodo?
“Penso che la sua nomina da parte del Quartetto sia stata la sua rivincita per aver supportato Bush in momenti difficili. Per il resto, ricordo che quando ero al Parlamento europeo uscivano voci sui suoi rapporti d’affari con Gheddafi. All’inizio pensavo che fossero attacchi personali, volti a screditarlo. Sembrava tutto irreale. Poi col passare del tempo sono uscite le prove del suo coinvolgimento. Ne usciva fuori un politico non all’altezza del ruolo che gli aveva affidato il Quartetto”.
Sullo scandalo relativo a una compagnia telefonica installata in Palestina ma posseduta da una società del Qatar, cliente di JP Morgan, Blair disse di non essere al corrente che la società fosse cliente della banca e anche JP Morgan disse che Blair non era coinvolto nell’affare. Un’altra pagina opaca di quel mandato…
“Tony Blair è un uomo intelligente. Penso che sia molto difficile che sia stato coinvolto senza esserne a conoscenza. Piuttosto la cosa più sorprendente è che abbia stretto rapporti di forte amicizia con George W. Bush e ora con Trump, mentre in Gran Bretagna era un politico di centro-sinistra, non di centro-destra. Se Blair avesse relazioni con Clinton o con Biden, lo avrei capito di più. Ma il fatto che si apparenti all’altro lato politico è molto strano. La sua scelta di amici dal punto di vista politico negli Usa è altrettanto molto strana. E poi, anche se non sono necessariamente d’accordo con tutte le scelte che fece, come primo ministro britannico fu molto apprezzato. Avrebbe potuto ritirarsi dalla vita pubblica come fanno molti. Quindi tanto meno capisco perché ora abbia bisogno di farsi coinvolgere in una vicenda come quella di Gaza”.
Un pessimo precedente è anche il mancato impegno su una vera pace. Nominato dal Quartetto andò a Gaza in mano ormai ad Hamas che aveva vinto le elezioni e defraudato l’Autorità dalla Striscia, evitò di parlare con Hamas. Quindi il suo mandato durato così tanti anni non sortì alcun effetto sulla pace, anzi si consolidò Hamas a Gaza e continuarono a crescere le colonie nella West Bank. L’Irlanda del Nord non gli aveva insegnato niente?
“L’irlanda del Nord ci ha insegnato – ed è stato uno dei successi di Blair – che devi coinvolgere le parti. Blair è riuscito a tirare le fila di un percorso di pace iniziato prima, ma sicuramente portò il processo a compimento e fu un grande successo anche personale. sul Medio Oriente la mia domanda è: se sei assunto come inviato di pace, allora devi parlare con tutte le parti, perchè non hai mai incontrato Hamas? Non sarà mai possibile pensare di fare una pace senza Hamas. Mi pare che in Medio Oriente Blair non sia arrivato con le stesse intenzioni che aveva nella questione irlandese e tanto meno ci abbia messo lo stesso impegno”.
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La storia del mandato di Tony Blair da parte del Quartetto Onu, Usa, Ue e Russia (nato nel 2002 a Madrid in riferimento alla conferenza di Madrid del 1991 sul Medio Oriente) parte dal suo predecessore, James Wolfenshon, ex presidente della Banca Mondiale, nominato nell’aprile 2005. Inviato da Condoleeza Rice segretario di stato Usa, Wolfenshon arriva ia Gerusalemme con le migliori intenzioni: libertà di circolazione, riapertura dell’aeroporto e costruzione di un porto a Gaza. Resta in carica solo 11 mesi e si dimette dopo aver capito che non poteva fare molto. Israele costruisce un muro intorno a Gaza, restringe la pesca entro le 9 miglia e chiude la zona industriale di Erez. Finito il mandato, Wolfenshon dice ad Haaretz “il problema principale è che non avevo l’autortà per fare niente. Il Quartetto aveva il potere e dentro il quartetto gli americani avevano il potere. Temo che per il Dipartimento di Stato americano ero solo una scocciatura”.
Il ruolo rimane dunque vacante fino al giorno delle dimissioni da premier di Tony Blair, immediatamente assunto il giorno dopo come inviato di pace in Medio Oriente per il Quartetto, protetto dall’amicizia con due presidenti Usa. E’ il 27 giugno 2007. Resterà in carica fino al 27 maggio 2015. Blair viene immediatamente celebrato come amico di Israele e nel 2009, sempre durante il mandato, prende un premio da 1 milione di dollari, il Dan David Prize a Tel Aviv. Di fatto per Gaza non fa niente, per la Cisgiordania poco e tollera l’espansione delle colonie nella West Bank.
Secondo lui, la rinascita della Palestina doveva avvenire su basi economiche e non politiche e quindi progetta sei zone industriali (mai realizzate) e fa arrivare una pioggia di fondi che arricchisce sopratutto Ramallah. Un collaboratore di Abbas disse che “Blair parlava come un diplomatico israliano, vendeva il loro punto di vista. A noi non serviva a niente”.
https://www.palestine-studies.org/sites/default/files/attachments/jps-articles/JPS166_Cook.pdf
Intanto a Gaza è in corso una nuova offensiva da parte dello Stato di Israele, tra dicembre 2008 e gennaio 2009, e dopo i bombardamenti il tasso di disoccupazione sale a due terzi della popolazione attiva. Ma Blair dice che la “sicurezza di Israele non è negoziabile” e “ne va anche del nostro interesse strategico quello della Gran Bretagna, dell’Occidente e del mondo”. (Journal of Palestinian Studies XLII n. 2 pag 56). A gennaio 2009 sale Obama e nell’estate 2014 c’è un nuovo attacco israeliano su Gaza che dura 50 giorni.
Quel che fece più scandalo, oltre alla carenza di impegno in un progresso di pace, furono le spese faraoniche del suo mandato. Blair andava a Gerusalemme dal lunedì al giovedì, una volta al mese e per il suo incarico dal 2007 vennero affittate 10 stanze al Colony Hotel di Gerusalemme per il costo di 1,3 milioni di dollari l’anno pagati da UNDP, un’agenzia dell’Onu (a carico del programma PAL 10-57773, in UNDP’s “Program of Assistance to the Palestinian People.” https://www.innercitypress.com/blairsundplair103107.html Alcune auto blindate furono pagate 400 mila dollari. La sua sicurezza era a carico della Gran Bretagna.
Ma quello che fece più rumore furono le sue consulenze private su cui indagarono Financial Times, Daily Mail e altre testate: i rapporti opachi con JP Morgan la banca d’affari americana, con cui, mentre era inviato di pace per il Quartetto, fu preso come ‘Senior Advisor” e procacciatore di affari, pagato 4 milioni di dollari l’anno.
Un’inchiesta del giugno 2012 del Financial Times calcolava entrate di Blair per 20 milioni di dollari l’anno grazie ad accordi stretti con vari capi di stato sfruttando proprio l’incarico del Quartetto. A febbraio 2009 aveva creato Tony Blair Associates con 150 dipendenti per fornire “strategic advice [on] political and economic trends and government reform”. Ebbe rapporti d’affari con Gheddafi che voleva coinvolgere in una fabbrica di alluminio russa, fece affari con l’emiro del Kuwait per il petrolio (la sua consulenza valeva 2,7 milioni di dollari secondo una ong); fece affari con Abu Dabi sul petrolio libico e anche col Kazakistan https://www.theguardian.com/world/2013/jun/30/tony-blair-pave-way-kazakhstan .
Riuscì anche a dare copertura telefonica in Cisgiordania con i ponti della compagnia Wataniya che però risultò essere posseduta dalla qatarina Q-Tel, grande cliente di JP Morgan che guadagnò parecchio sul nuovo traffico telefonico. Come primo ministro britannico nel 2003 aveva coinvolto il British Gas Group nelle ricerche del gas nelle acque di Gaza insieme al governo israeliano e ripropose quel progetto durante il suo mandato per il Quartetto. JP Morgan ha negato ogni coinvolgimento nel progetto gas anche se British Gas Group è un altro dei suoi clienti. E Blair ha detto che non sapeva che JP fosse in contatto con British Gas Group e la compagnia telefonica.
E con l’enorme giacimento di gas naturale davanti a Gaza, forse troviamo il motivo per cui viene così caldeggiato il nuovo mandato di Blair in Medio Oriente. Follow the money. Ma anche il potere dei più forti.
Alessandra Fava
alessandrafava2015@libero.it
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