POLITICA

Draghi non perde il vizio. E mantiene anche il pelo

Speciale per Africa ExPress e Senza Bavaglio
Giovanni La Torre*
24 agosto 2025

Nel discorso che ha tenuto a Rimini di fronte ai ragazzotti di Comunione e Liberazione, l’ex premier italiano, ex presidente Bce ed ex governatore Banca d’Italia Mario Draghi ha messo in fila una serie di luoghi comuni con contorno di alcuni punti presi dal suo report commissionatogli dalla von der Leyen.

Sarebbe noioso soffermarsi su questi particolari che appartengono alla categoria delle proposte tecniche che altri cento tecnici avrebbero potuto fare e che nella fattispecie vengono sciorinati un giorno sì e l’altro pure dai giornali sedotti dal fascino draghiano, quei giornali che vedevano il Nostro ora Presidente della Repubblica italiana, ora Presidente della Commissione europea, ora Segretario Generale della Nato, tutti incarichi che esistevano solo nella fantasia dei giornalisti che ne scrivevano.

Responsabilità rilevante

No, noi vogliamo parlare prima di tutto di politica e di economia in linea generale, perché è lì che soprattutto l’Europa ha fallito. E in questo contesto, caro dottor Draghi, lei ha avuto una responsabilità rilevante avendo ricoperto un incarico di vertice per ben otto anni, i quali non ci sono parsi particolarmente favorevoli al disegno europeo.

E ora, dopo aver lanciato un po’ di sassi verso i vetri dell’Europa, non può nascondere la mano. Se l’Europa ha fallito è anche colpa sua.

Uno degli addebiti che vengono fatti all’Unione Europea è che molti cittadini la vedono distante dai propri problemi, distante dalla “questione sociale”, precisamente.

Le perle della collana

E allora vogliamo ricordare che appena lei si è insediato alla Bce ha rilasciato un’intervista al Wall Street Journal nella quale ha confezionate delle perle che componevano la collana delle sue proposte per il programma politico economico dell’Ue.

Si ricorda la sua frase “il sistema sociale europeo è morto”? Cioè, una delle conquiste dell’umanità, quel sistema sociale che viene da Beveridge in poi, per lei andava smantellato. In quell’occasione lei si beccò addirittura il rimbrotto dell’allora ministro delle finanze tedesco Schauble, che precisò: “il sistema sociale verrà sempre difeso dalla Germania”.

Elogio del jobs act

Oppure, altra perla, “gli europei sono abituati a essere pagati senza lavorare”. Oppure ancora, durante la sua presidenza, l’elogio del jobs act renziano, da lei indicato come esempio di buona riforma del mercato del lavoro, riforma che invece ha reso ancora più precario il lavoro e vile il relativo costo, presupposti questi per una bassa produttività, come sta avvenendo in Italia.

Che dire poi dell’invito rivolto a tutti i Paesi Ue, sempre durante la sua presidenza alla Bce, di fare “come la Germania”, cioè come il Paese che provocava la deflazione in tutto il continente.

Amore per la Germania

Il suo amore per la Germania era tale che il famoso quantitative easing (politica messa in atto dalle Banche centrali per “creare moneta” mediante l’acquisto di titoli di Stato o altre obbligazioni sul mercato, ndr) ha avuto come effetto principale, oltre a sostenere la finanza allegra di Paesi come l’Italia, quello di tenere basso il cambio, agevolando ulteriormente le esportazioni tedesche, e anche questo le è stato riconosciuto da Schauble, mentre di aumento del credito alle famiglie e alle imprese non si è visto traccia e ancora meno di risanamento della finanza pubblica italiana.

Penso che avrà capito perché la Merkel le ha consentito quell’allagamento di liquidità, nonostante gli sbraitamenti dei vari Weidmann.

Germania che invece lei avrebbe dovuto invitare a rispettare i trattati europei, che prevedono il limite del 3 per cento del Pil per il surplus commerciale (si può superare al massimo per tre anni di seguito), che invece i tedeschi superavano abbondantemente, e perennemente.

Europa allontanata dalla gente

Potremmo elencare altri suoi interventi che non hanno fatto bene all’idea di Europa, ma ci fermiamo qui. Quelli su riportati li abbiamo indicati non per spirito di polemica, ma perché a nostro avviso, sono parte di quella particolare atmosfera culturale che lei, certamente non da solo, ha creato in Europa, che possiamo ascrivere sul piano ideologico al neoliberismo, e che ha allontanato l’Europa dalla gente.

Tutto questo è una delle cause di quello che lei chiama “scetticismo nei confronti dell’Europa”

Altra cosa che vogliamo affermare è che quando si parla di Europa, non essendoci ancora, purtroppo, gli Stati Uniti d’Europa, si deve far riferimento ai Paesi che la compongono e che la condizionano, soprattutto con il diritto di veto.

Ritardi e inefficienze

Quindi che senso ha a prendersela con l “Europa” per i ritardi e le inefficienze senza indicare i Paesi che ne minano l’esistenza e a questo fine ne bloccano l’azione.

Perché non dice, per esempio, che l’Italia è uno dei Paesi che frenano il cammino verso gli Stati Unirti d’Europa, per una cattiva concezione del “patriottismo”, che in realtà cela un becero e antistorico nazionalismo?

Infine, lei ha concluso il discorso con queste parole: “L’Unione Europea è soprattutto uno strumento per raggiungere obiettivi condivisi dai suoi cittadini”.

No, dottor Draghi, l’Europa è la nostra Patria.

Giovanni La Torre*
*Ex manager finanziario e saggista
L’iconografia pubblicate sul sito di Africa ExPress sono di Valerio Boni
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© RIPRODUZIONE RISERVATA

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maxalb

Corrispondente dall'Africa, dove ho visitato quasi tutti i Paesi

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