Federica Iezzi
Di ritorno da Gaza, 28 luglio 2025
Dal 7 ottobre 2023, figure chiave della comunità internazionale hanno facilitato il genocidio a Gaza, distorcendo la verità e manipolando la giustizia. Come? Abusando della loro autorità per insabbiare un orrore in corso.
Ecco i nomi: Julia Sebutinde, Joan Donoghue, Pramila Patten e Sheryl Sandberg. È vero, la copertura mediatica ha annullato la differenza tra occupante e occupato, tra un attacco aereo e un razzo artigianale, tra un assedio sistematico e una resistenza disperata. Ed è vero, il linguaggio gioca un ruolo centrale in questa cancellazione. Quando i media raccontano di Gaza, ricorrono all’astrazione: obiettivo militante, danni collaterali, rivendicazioni di distruzione.
Ma loro sono orribilmente detentrici di un abuso di potere. Il mondo sta guardando e la storia non perdonerà.
JULIA SEBUTINDE
La giurista ugandese Julia Sebutinde – ex presidente ad interim della Corte Internazionale di Giustizia – è colpevole di plagio totale nella sua opinione dissenziente a sostegno di Israele [https://icj-cij.org/node/204162], presentata nel 2024 (riguardo all’occupazione illegale del territorio palestinese).
Non meno del 32 per cento degli scritti dissenzienti della giudice Sebutinde è stato tratto direttamente da pubblicazioni di noti apologeti di Israele. Le anomalie, gli errori e le contorsioni legali potrebbero essere il risultato di ricatto, o peggio di corruzione, da parte del governo israeliano.
Cosa significa questo? Che il presidente del più alto organo giudiziario del mondo diventa schiavo di una potenza straniera.
Le posizioni estreme di Sebutinde sono probabilmente un riflesso del sistema di credenze sioniste-cristiane che ha sviluppato come membro di Watoto, una mega-chiesa pentecostale nella capitale ugandese di Kampala. In effetti il parere di Sebutinde si apriva con una lunga storia del conflitto israelo-palestinese, che fondeva la consunta propaganda sionista con l’Antico Testamento.
Nel respingere la sentenza dei suoi colleghi che dichiarava illegale l’occupazione militare israeliana della Cisgiordania e di Gerusalemme Est, faceva ricorso a resoconti sulla presenza ebraica nella terra biblica di Israele, omettendo qualsiasi riferimento alle risoluzioni ONU o al diritto internazionale.
JOAN DONOGHUE
A gennaio 2025, la Corte Internazionale di Giustizia ha emesso una sentenza interlocutoria, e un paragrafo chiave della sentenza ha attirato la massima attenzione.
Secondo la Corte, i fatti e le circostanze sono sufficienti per concludere che “almeno alcuni dei diritti citati dal Sudafrica e dei quali chiede la tutela sono plausibili”. Si riferisce in particolare al diritto dei palestinesi di Gaza ad essere protetti contro gli atti di cui all’art. III della Convenzione contro il genocidio.
L’interpretazione comune, compresa quella di molti giuristi, è stata che era plausibile che Israele stesse commettendo un genocidio a Gaza. E questa interpretazione si è diffusa rapidamente. Ad aprile, tuttavia, Joan Donoghue – avvocato americano e presidente della Corte Internazionale di Giustizia all’epoca di quella sentenza – si è affrettata a dichiarare, con un’insolita iniziativa, che quella non era affatto la decisione della Corte.
PRAMILA PATTEN
Pramila Patten – avvocato mauritano e Rappresentante speciale del Segretario Generale delle Nazioni Unite per la violenza sessuale nei conflitti – ha ricordato più volte in eventi ufficiali gli israeliani che hanno perso la vita il 7 ottobre, i sopravvissuti israeliani che portano le cicatrici del 7 ottobre, le vittime israeliane di violenza sessuale, gli ostaggi israeliani. Mai una parola sulla condotta insopportabilmente crudele di Israele sui palestinesi di Gaza.
Il rapporto a firma della Patten – basato sulle accuse di violenza sessuale commesse da Hamas e altri combattenti palestinesi in Israele – compilato dopo una visita in Israele di un paio di settimane tra gennaio e febbraio 2024, ammette che le informazioni raccolte dal team della missione provenivano in gran parte da istituzioni nazionali israeliane [https://www.un.org/sexualviolenceinconflict/press-release/israel-west-bank-mission/].
Le prove digitali, raccolte da ogni angolazione e da ogni dispositivo elettronico immaginabile, non hanno fornito una sola immagine di violenza sessuale. Il rapporto afferma inoltre di non essere riuscito a trovare alcuna prova forense di violenza sessuale.
Impossibile capire se Patten sia incompetente o cinica (o entrambe le cose). Quel che è certo è che il suo rapporto è ingannevole.
SHERYL SANDBERG
Negli Stati Uniti, lo sfacciato e oltraggioso attacco alla libertà accademica non è iniziato con Trump. È iniziato quando la classe miliardaria suprematista ebraica ha deciso di fare la sua parte per la causa israeliana.
A livello nazionale statunitense, la lobby israeliana esercita un’influenza significativa. Ad esempio, alla Columbia e in altre università dell’Ivy League, repressioni senza precedenti sull’attivismo universitario sono state causate dalle pressioni di donatori miliardari come Bill Ackman (Harvard) e Robert Kraft (Columbia).
Questi individui, insieme ad altri come Sheryl Sandberg – imprenditrice e funzionaria statunitense ed ex COO di Meta, nata a Washington da famiglia ebraica – operano indipendentemente dal governo statunitense, sfruttando la loro ricchezza e influenza per mettere a tacere il dissenso e propagare narrazioni filo-israeliane.
Non si tratta di politica estera statunitense. È invece il risultato diretto della classe miliardaria suprematista sionista che esercita il proprio potere.
Federica Iezzi
federicaiezzi@hotmail.it
Twitter @federicaiezzi
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Non vedo come le varie manifestazioni abbiano spinto - casi sporadici a parte - chi ci rappresenta, prendere decisioni serie a riguardo.
Mi riferisco a rescissioni contrattuali commerciali ed economiche attuate da alcuni rettori e da enti di ricerca autonomi. Gli inviti alla pace del nostro presidente, del papà e di altri leader fanno ridere i sionisti (e non solo).
Una class action (come proposto dalla relatrice ONU) economica, in sfavore del governo israeliano (ed a questo punto anche statunitense) diventa più mirata.
Se non si riesce a indicare chi commercia prodotti macchiati di sangue, si può dire chi produce l'alternativa e spingere ad acquistare quest'ultima.
Temo che finito l'orrore in Palestina, colpiranno intorno..esattamente come fu per la Polonia..
Le altre situazioni "calde" di Cambogia, Thailandia e Laos, lo sono e diventeranno roventi, per lo stesso motivo : spostare l'attenzione altrove per finire il lavoro indisturbati..
Sono molto preoccupata, ma decisa a non acquistare prodotti legati al genocidio palestinese (tipo gli avocado li prendo in filiera corta o, prodotti in sud America; non bevo coca-cola; non uso booking, scelgo altre vie per i miei consumi).
Se avessi un elenco piú aggiornato, sarebbe fantastico ma non so come averlo.
Mila De Nitto - Tricase (Lecce)
Quello che dovrebbe essere chiaro è che oggi viviamo l'acme di un sistema che da decenni funziona secondo il doppio standard adottato dal cosidetto Occidente democratico (altrove chiamato imperialismo) verso i paesi terzi. Non abbiamo più alcuna legittimità, poiché dopo il primo decennio dalla fine della seconda guerra mondiale l'Onu ha lentamente abdicato ai suoi compiti fino al dramma attuale. Continuiamo a parlare di diritti e forniamo armi a un governo rabbioso e vendicativo, e dopo aver bombardato e affamato i civili, tacitiamo le nostre coscienze con gli aiuti umanitari.