Attivisti israeliani di Zochrot che chiedono lo scambio tra prigionieri palestinesi e ostaggi israeliani rapiti il 7 ottobre 2023
Valentina Vergani Gavoni
Milano, 22 luglio 2025
Vengono censurati più dei palestinesi perché rappresentano il nemico interno. Quello che decostruisce la narrazione sionista, strutturata sulla minaccia del nemico esterno.
Gli israeliani antisionisti sono delegittimati, screditati e perseguitati dai sionisti che vivono in Israele. E totalmente ignorati dall’intera comunità sionista internazionale. La loro voce non esiste all’interno della narrazione politica e giornalistica, ma loro gridano.
Un portavoce dell’organizzazione antisionista israeliana no-profit Zochrot, che da anni lotta a favore del popolo palestinese, spiega: “Facciamo parte di una generazione che si sta liberando dalle nozioni datate di supremazia ebraica e bianca, imparando che la vera pace può essere raggiunta solo attraverso meccanismi di giustizia. Chiediamo il riconoscimento e la responsabilità per i crimini del 1948, il sostegno del diritto al ritorno e l’impegno a costruire una società giusta per tutti in Palestina”.
La paura di strumentalizzazioni esterne e ripercussioni interne è forte, ma, con il passare degli anni, la loro battaglia sta diventando uno dei pochissimi strumenti di contrasto alla legittimazione del genocidio, dell’occupazione armata e del colonialismo economico. “Dire la verità e mettere in luce le strutture coloniali di potere e oppressione è sempre stata la nostra missione. Finché queste strutture rimangono, nessuno può vivere realmente in sicurezza.
Abbiamo avuto la conferma di questa dolorosa verità il 7 ottobre 2023, quando i militanti di Hamas hanno ucciso centinaia di civili, tra cui persone che conoscevamo e amavamo. Da quel giorno, continuiamo a ricevere questo crudele promemoria ogni ora, mentre Israele bombarda indiscriminatamente la Striscia di Gaza in una campagna di vendetta e distruzione senza precedenti” denunciano gli israeliani di Zochrot.
“Le perdite sono dolorose ma non possiamo solo piangere perché mentre lo facciamo, i funzionari israeliani e molti, troppi, nell’opinione pubblica del nostro Paese, continuano a chiedere più sangue invocando la pulizia etnica, il genocidio e una seconda Nakba (catastrofe). I bombardamenti sulle carovane dei palestinesi in fuga, e i corpi estratti dalle macerie, dimostrano che si tratta di un piano. Quindi dobbiamo ricordare a noi stessi, e a tutti, che la Nakba non è mai finita. E che tutto ciò che vediamo deriva dalla creazione della Striscia di Gaza, progettata per essere un ‘ghetto’ pieno di rifugiati. Oggetto di pulizia etnica per creare lo stato di Israele”, spiegano.
“Diciamo chiaramente che la sicurezza degli israeliani non può dipendere dall’oppressione e dall’espropriazione dei palestinesi. Piuttosto, la nostra sicurezza e il nostro benessere dipendono l’uno dall’altro. In mezzo alla morte e alla distruzione, non è mai stato così importante sostenere la visione della decolonizzazione, del ritorno dei rifugiati, compresi quelli di Gaza, e di uno spazio condiviso, giusto e pacifico per tutti coloro che vivono qui”, commentano.
Poi continuano:”La responsabilità di porre fine al ciclo di violenza spetta a noi, e dovrebbe essere raggiunta attraverso la decolonizzazione. Quando ogni via pacifica o disciplinata verso la liberazione è bloccata, le persone oppresse rispondono con la violenza a decenni di violenza inflitta a loro. L’uccisione di innocenti, soprattutto di bambini, non è mai giustificata, eppure l’unico modo per prevenirla è smantellare i sistemi di oppressione che sono la causa principale di tutto quello a cui abbiamo assistito”, spiegano questi giovani israeliani antisionisti.
“La violenza che subiamo non dovrebbe sorprenderci se scegliamo il silenzio e beneficiamo dei privilegi a spese di un’altra popolazione. Abbiamo il potere di fare la differenza – continuano e aggiungono – È tempo di renderci conto che la giustizia deve essere una parte fondamentale della nostra visione. Dobbiamo valutare ogni vita allo stesso modo. Senza questi principi, la violenza persisterà perché non ci si può aspettare che l’altro viva una vita di oppressione senza resistenza”.
Zochrot promuove la resistenza antisionista contro la politica sionista del governo di Israele: “Il cambiamento è possibile. Ma chi ha il potere di porvi fine? I palestinesi hanno sopportato una lunga storia di occupazione, colonialismo e violenza. Quando parliamo di porre fine al ciclo della violenza, è Israele, in quanto forza occupante e potente, che detiene la chiave per rendere tutto questo una realtà. E la società israeliana deve scegliere una strada diversa. Un vero cambiamento può avvenire solo attraverso una trasformazione del regime esistente che riconosca e si assuma la responsabilità delle continue ingiustizie della Nakba e garantisca l’attuazione del diritto al ritorno per i rifugiati palestinesi, ponendo fine al ciclo di violenza”.
Abbiamo contattato anche l’organizzazione israeliana Mesarvot, una rete di attivisti israeliani contro il servizio militare. “Traditori”, così vengono chiamati coloro che rifiutano di far parte del braccio armato del governo sionista.
Tal Mitnick, firmatario della lettera di rifiuto sottoscritta da più di 250 adolescenti israeliani, è stato uno dei primi ad essere incarcerato con l’accusa di diserzione: “Sono qui oggi alla base di Tel Hashmer e mi sto rifiutando di arruolarmi. Credo che l’aggressione criminale a Gaza non sia la soluzione agli atroci attacchi di Hamas. La violenza non elimina la violenza. E per questo mi rifiuto di arruolarmi”, ha dichiarato prima dell’arresto.
I giovani di Mesarvot sono israeliani dell’estrema sinistra radicale in Israele e nonostante le ripercussioni continuano a manifestare il loro dissenso: “Smutrich ha ammesso che Gaza è un ghetto. Pensavamo di essere gli unici a vedere una situazione così scioccante al punto da ricordarci il più grande trauma della nostra storia, ma a quanto pare lo pensa anche il leader religioso sionista. Allora perché quando lo diciamo noi ci chiamano traditori? La differenza è che Smutrich vede questo crimine contro l’umanità e lo considera un mezzo utile al suo scopo: il trasferimento di queste persone, o come dice lui un’immigrazione forzata, e gli insediamenti a Gaza. Israele sta pianificando le sue azioni e quello che sta accadendo ci mostra che non è una guerra contro Hamas, ma contro tutti i palestinesi. Non è fatta per rispondere ai cittadini – sottolinea il movimento di resistenza israeliano e continua – Perdono la fiducia (consenso), ma ottengono vendetta e controllo”.
A Gerusalemme sono presenti anche gli ebrei della comunità ebraica ortodossa antisionista Neturei Karta. Rabbi Yisroel Dovid Weiss, diventato ormai un punto di riferimento internazionale spiega: “Noi siamo la voce della vera comunità religiosa e rappresentiamo la legge ebraica secondo gli insegnamenti della Torah. Siamo a Gerusalemme, nei Territori Occupati, in Argentina, in Sud America, a New York, a Londra e in diverse altre parti del mondo. E ci opponiamo totalmente all’esistenza dello Stato di Israele”.
“Israele si definisce ‘Stato ebraico’, ma il giudaismo si oppone al concetto di occupazione. Ci vieta di uccidere e rubare le terre degli altri – racconta e continua – Nasce tremila anni fa. È la religione degli ebrei e dobbiamo obbedire alla legge ebraica. Noi viviamo rispettando la nostra cultura tramandata nei secoli. Il sionismo invece è un movimento nato molto tempo dopo. È fondato sull’ideologia nazionalista.
La creazione di uno Stato ebraico e un esercito armato va contro la legge ebraica. È difficile dire quanti ebrei e quanti sionisti conoscono la differenza, ma posso assicurare che la maggior parte si oppone al sionismo. L’esistenza dello Stato di Israele, oltre a non essere concepita nella Torah, è fondata sull’occupazione del popolo palestinese. Duemila anni fa, quando Gerusalemme fu distrutta, i profeti ci hanno vietato espressamente di ricostruire un Regno ebraico.
Quando i sionisti definiscono Israele ‘Stato ebraico’, dicono il falso. Nella storia, noi ebrei non abbiamo mai avuto problemi con i musulmani. Ovviamente le religioni sono diverse, ma abbiamo sempre convissuto in pace. Anche in Palestina. Quando sono arrivati i sionisti e hanno occupato la terra in nome degli ebrei hanno commesso un reato inaccettabile. Si sono appropriati della religione e della Stella di David in nome di Dio”, afferma.
“Il nome ‘Israele’ serviva per comprare il consenso internazionale della comunità cristiana. I sionisti utilizzano il giudaismo per ottenere supporto. Utilizzano la nostra identità per legittimare l’esistenza di uno Stato sionista”, continua. “Il Governo israeliano rappresenta i sionisti, non gli ebrei, ma insiste a definirsi ‘Stato ebraico’ davanti all’Europa e agli Stati Uniti. Se parli contro Israele, quindi, diventi un antisemita”, sottolinea il Rabbino.
La narrazione politica e giornalistica omette e censura un dettaglio fondamentale: anche i palestinesi sono semiti, quindi la parola “antisemitismo” è costantemente decontestualizzata: “La nostra comunità esisteva già in Palestina. Ci sono fotografie che ci ritraggono insieme agli arabi. Vivevamo insieme, in pace”, ricorda Rabbi Yisroel Dovid Weiss e conclude:”Palestinesi ed ebrei sono vittime dello stesso oppressore”.
Valentina Vergani Gavoni
valentinaverganigavoni@gmail.com
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