SUDAN

Ai ribelli del Sudan armi cinesi via Emirati: e Khartoum rompe i rapporti diplomatici

Speciale per Africa ExPress
Cornelia I. Toelgyes
8 maggio 2025

Port Sudan, città costiera sul Mar Rosso, nell’est del Sudan, è stata colpita per diversi giorni da bombardamenti con droni.

Fino ad oggi il capoluogo dell’omonimo Stato sudanese era stato risparmiato dal sanguinoso conflitto interno. La guerra, scoppiata il 15 aprile 2023 tra i due generali, Mohamed Hamdan Dagalo “Hemetti”, leader delle Rapid Support Forces (RSF), e Abdel Fattah Abdelrahman al-Burhan, de facto presidente e capo dell’esercito (SAF) ha causato la morte di decine di migliaia di civili. Inoltre in 12 milioni hanno lasciato le proprie case.

Capitale de facto

Con l’inasprirsi del conflitto a Khartoum, Port Sudan è diventata temporaneamente la capitale amministrativa del Sudan, il quartier generale dell’esercito e sede di molte ambasciate e organizzazioni internazionali.

Port Sudan sotto attacco

La nuova escalation del conflitto rischia di aggravare la già drammatica situazione del Paese. E, in seguito agli attacchi a Port Sudan, le Nazioni Unite hanno momentaneamente sospeso tutti i voli umanitari verso l’aeroporto della città, colpito anch’esso dal raid. Dunque per il momento niente cibo salvavita per i sudanesi, in ginocchio a causa di un conflitto interno, che ha scatenato una delle peggiori crisi umanitarie del mondo.

Bombardamenti dei ribelli

SAF punta il dito sulle RSF, che, come riferito dal Sudans Post (testata indipendente, che copre eventi in Sudan, Sud Sudan e Africa orientale), negano qualsiasi coinvolgimento nei raid a Port Sudan. Oltre all’aeroporto sono stati colpiti un deposito di carburante e altri obiettivi sensibili, come la più importante centrale elettrica, provocando un blackout totale.

Finora le affermazioni dei ribelli non hanno trovato eco. Ieri le forze armate sudanesi hanno fatto sapere che i loro sistemi antiaerei hanno intercettato altri droni pronti a colpire una base navale.

Oltre a Port Sudan è stata colpita anche Kassala, situata sul confine con l’Eritrea. Secondo quanto riportato da Clementine Nkweta-Salami, coordinatrice umanitaria dell’ONU in Sudan, finora questa città è stata considerata come luogo sicuro per gli sfollati.

Sudan: al-Burhan annuncia stop rapporti diplomatici con Emirati Arabi Uniti

Armi sofisticate

Da martedì il governo militare di transizione sudanese ha interrotto i rapporti diplomatici con gli Emirati Arabi Uniti, perché convinti che sostengano i miliziani capitanati da Hemetti. Pare, infatti, che anche i droni utilizzati per bombardare Port Sudan siano stati forniti da Abu Dhabi.

E due giorni fa, al-Burhan, nel suo discorso pronunciato alla popolazione proprio da Port Sudan, ha promesso di sconfiggere le RSF e coloro che le sostengono. Mentre Yassin Ibrahim, ministro della Difesa, ha accusato senza mezzi termini gli Emirati Arabi Uniti di aver fornito armi strategiche sofisticate alle RFS. “Si tratta di crimini di aggressione contro la sovranità del Sudan”, ha poi sottolineato il ministro.

Tribunale Aja respinge ricorso

Mentre all’inizio di questa settimana la Corte Internazionale di Giustizia ha respinto il ricorso del Sudan nei confronti degli Emirati Arabi Uniti. Le autorità sudanesi accusano Abu Dhabi di complicità in genocidio in corso nel Darfur nei confronti dei masalit e di altre etnie non arabe, e di sostenere le RFS. Il Tribunale dell’Aja ha dichiarato di essere incompetente per esprimersi sulla questione. Dal canto suo la monarchia araba ha sempre respinto tali accuse.

Materiale bellico cinese

Sudan: Amnesty scopre materiale bellico prodotto in Cina

Eppure Amnesty ha riferito di aver scoperto che le RFS hanno utilizzato ordigni guidati GB50A di fabbricazione cinese e di obici AH-4 da 155 mm sia per bombardare Khartoum, sia la regione del Darfur. Le armi sono prodotte da Norinco Group, noto anche come China North Industries Group Corporation Limited, azienda statale cinese. L’unico Paese ad aver acquistato gli obici cinesi nel 2019 sono stati gli Emirati. Secondo Amnesty, gli il materiale bellico sarebbe stato quasi certamente riesportato in Sudan da Abu Dhabi. Se confermato, si tratterebbe una evidente violazione dell’embargo imposto dall’ONU.

Cornelia Toelgyes
corneliacit@hotmail.it
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Cornelia Toelgyes

Giornalista, vicedirettore di Africa Express, ha vissuti in diversi Paesi africani tra cui Nigeria, Angola, Etiopia, Kenya. Cresciuta in Svizzera, parla correntemente oltre all'italiano, inglese, francese e tedesco.

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