La giornalista Cecilia Sala arrestata a Teheran vittima della “Diplomazia degli ostaggi”

Oggi, dopo undici giorni in galera arriva il capo d'accusa contro la reporter: violazione delle leggi della Repubblica Islamica dell'Iran

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Speciale per Africa ExPress
Sandro Pintus
30 dicembre 2024

La Farnesina ha confermato l’arresto, in Iran, della giornalista Cecilia Sala. La reporter, 29 anni, è stata fermata nel suo albergo intorno a mezzogiorno del 19 dicembre dalla polizia di Teheran.

La giornalista del Foglio e di Chora Media è stata trasferita nel carcere di Evin, alla periferia della capitale iraniana. Cecilia, dal momento dell’arresto, si trova in cella d’isolamento nell’area dove vengono incarcerati i cittadini stranieri, dissidenti iraniani ma anche iraniani con doppia nazionalità.

Il capo d’accusa

Oggi, dopo undici giorni in galera arriva il capo d’accusa contro Cecilia Sala: violazione delle leggi della Repubblica Islamica dell’Iran. L’incriminazione è stata redatta dalla Direzione generale dei Media esteri del ministero della Cultura iraniano e della Guida Islamica. La nota ministeriale è stata ripresa dall’Agenzia iraniana IRNA.

“Il suo arresto è stato condotto in conformità con le normative vigenti – si legge -. Il ministero iraniano ha sempre accolto con favore i viaggi e le attività legittime dei giornalisti di vari organi di informazione internazionali, con l’obiettivo di aumentare la presenza dei media stranieri nel Paese e di tutelare i loro diritti legali. Una politica che è attivamente perseguita dall’attuale governo”.

Uno dei podcast di Cecilia Sala

La reporter era partita per Teheran il 12 dicembre con un regolare visto giornalistico di otto giorni. Stava lavorando su vari servizi sull’Iran e sulle donne iraniane per Chora Media, testata della quale è co-fondatore e direttore Mario Calabresi.

“Erano già stati pubblicati tre podcast – racconta Calabresi – e aveva materiale per pubblicare altre puntate”. In redazione aspettavano quella di giovedì 19, ultimo giorno in Iran ma, visto che nonostante la sua puntualità non era arrivata, hanno cercato di contattarla. Senza successo. E non risultava nemmeno al check-in di Teheran né tra i passeggeri del suo volo arrivato in Italia.

Situazione seguita dalla Farnesina

È stata quindi avvisata l’Unità di crisi della Farnesina . “L’Ambasciata e il Consolato d’Italia a Teheran stanno seguendo il caso con la massima attenzione sin dal suo inizio – si legge in una nota della Farnesina -.  Oggi (27 dicembre, ndr) l’ambasciatrice d’Italia, Paola Amadei, ha effettuato una visita consolare per verificare le condizioni e lo stato di detenzione della dottoressa Sala”.

Cecilia Sala ha avuto la possibilità di sentire al telefono la mamma in Italia ma non ha potuto parlare liberamente. La famiglia è stata informata sulla visita consolare.

Cecilia Sala Carcere di Evin, Teheran
Carcere di Evin, Teheran

A Malpensa, 16 dicembre

È interessante sapere cosa è successo il 16 dicembre. La Digos di Milano ha arrestato Mohammad Abedini Najafabadi, 38enne iraniano, all’aeroporto di Malpensa.

L’arresto è avvenuto su richiesta degli Stati Uniti che lo accusano di associazione a delinquere, cospirazione ed esportazione di componenti elettronici in Iran. Secondo gli USA, Najafabadi ha violato le leggi americane sul controllo delle esportazioni e sulle sanzioni. L’indagato ovviamente nega tutte le accuse. E qui inizia la partita a scacchi tra Washington e Teheran a spese di Roma.

Cecilia vittima di “diplomazia degli ostaggi”?

Sembra che la nostra Cecilia Sala sia capitata nel luogo sbagliato al momento sbagliato in una situazione che l’Iran sa utilizzare molto bene. Viene chiamata “diplomazia degli ostaggi”, sistema che usa fin dal 1979 e che fa considerare la Repubblica islamica come “diplomaticamente inaffidabile”.

Il suo ultimo podcast lo ha annunciato con un post su X il 17 dicembre: “Una conversazione sul patriarcato a Teheran”. Ma aveva pubblicato anche “Lei fa così ridere che le hanno tolto Instagram. Teheran comedy”. Argomenti scottanti e sicuramente non graditi alla Repubblica degli Ayatollah.

Ecco quindi l’arresto arbitrario di cittadini stranieri come Sala che si è mossa in luoghi e situazioni sicuramente poco graditi ai vertici iraniani.

I prigionieri vengono poi utilizzati come leva per ottenere favori da parte degli Stati di nazionalità dei fermati, in questo caso l’Italia. Ma anche per arrivare alla liberazione di detenuti iraniani all’estero.

Antonio Tajani, ministro degli Esteri, preferisce non collegare l’arresto di Sala con quello di Najafabadi. Noi speriamo che Cecilia Sala ne esca indenne dalla partita a scacchi tra USA e Iran.

Sandro Pintus
sandro.p@catpress.com

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@sand_pin
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