ISRAELE

In mostra a Genova quel che resta della Palestina: macerie

Speciale per Africa ExPress
Stefano Bigazzi
Genova, 31 gennaio 2023

Quello che resta. “Macerie. Sculture, dipinti, disegni incisioni (1976-2023): per la Palestina” è il titolo che Selim (Selim Abdullah, Baghdad 1950) ha coerentemente pensato per la mostra personale in corso nei due spazi di quello che fu l’antico convento di San Francesco di Castelletto, Palazzo Montanaro (l’oratorio, già sala capitolare) e nell’adiacente Spazio-Laboratorio (la sacrestia, a esso collegata), a Genova.

Una testimonianza di impegno civile, politico nonché prova artistica e culturale: aspetto questi ultimi, tutt’altro che ovvi. Selim dopo il 7 ottobre ha ripreso un discorso mai d’altra parte interrotto, con molta passione e altrettanto sconcerto. Tanto da chiedersi e chiedere ma davvero l’arte può salvare il mondo? Interrogativo legittimo, cui ha nelle settimane successive ha meditatamente dato risposta, con alcuni dipinti ad aggiungersi al repertorio che ha elaborato, seguendo la storia recente, più o meno negli ultimi cinquant’anni.

Opere che si riferiscono a Tell al-Za’tar, a Sabra e Chatila, ovvero ai massacri – di civili palestinesi – nei campi profughi (di concentramento, di sterminio, evidentemente) sino alla grande tela “Gaza” (ottobre 2023).

Selim rappresenta nella sua arte l’idea di migrazione come necessità ineluttabile, tracciando una geografia di percorsi obbligati, in questo caso verso e intorno al Mediterraneo – luogo simbolico – e nella storia e nel mito (prendendo spunto dalla letteratura greca, in particolare), nel paradosso di genti costrette a spostarsi, a fuggire, a girare in tondo cacciate da tutti, usate da molti. Esodo, appunto, e il paradosso è questo.

Tra migranti e profughi, tra esuli e fuggitivi la differenza è spesso solo lessicale, la sostanza nella maggior parte dei casi è la stessa; si fa prima a dire sconfitti.

“Nell’arco di cinquant’anni di impegno artistico – spiega Selim – le sofferenze del popolo palestinese sono state spesso fonte e sprone determinanti, come del resto sono sempre presenti nella coscienza di ogni individuo medio-orientale. Costante è stata – ed è – la mia ammirazione per questo popolo che, malgrado l’abbandono e il tradimento di tutti, resiste abbarbicato alla propria terra, contro un occupante feroce e disumano. Le tragedie da esso vissute sono tante e, a scadenze pressoché regolari, tornano a colpirlo, a colpirlo con la complicità dei governi dell’Occidente e e non solo dell’Occidente…

Queste opere sono anche il segno di una precisa scelta di campo in ambito artistico: sin dagli inizi della mia attività ho sempre ritenuto che l’arte non debba mai essere un puro esercizio estetico, bensì l’espressione di una ricerca e di una riflessione continue su ciò che siamo… il che, nel mio lavoro, si traduce sovente nell’idea di un’identità collettiva. L’artista per me ė dunque un osservatore, un testimone, un trasmettitore, partecipe e solidale, degli accadimenti che tormentano l’uomo moderno”.

Dell’artista, poi, riporto un commento dello storico dell’arte Roland Scotti: “Selim Abdullah visualizza l’esperienza della sofferenza: sia che si tratti di dolore fisico, sia che si tratti di tragico sradicamento e fuga sia che si tratti della crudeltà delle guerre. Al tempo stesso conserva la tensione esistenziale nella bellezza (quindi nella luce) del disegno, nella materialità e nella forma delle sue opere. La sua arte si bilancia sul crinale che sta tra l’inquietante e il glorioso – come se egli nell’atto artistico, nel processo di lavoro, per tutti noi, ma soprattutto per le vittime della storia, potesse dare forma al momento in cui il destino è superato, o avrebbe potuto esser superato. E sia solo per questo che, seduti insieme come in un rituale arcaico, si tace e si aspetta: Attesa (2008) – un’attività che può essere più eroica di qualsiasi conquista, di qualsiasi impresa ardita generatrice di ripetuti disastri”.

Stefano Bigazzi
©️ RIPRODUZIONE RISERVATA

La mostra è visibile fino all’11 febbraio, Spazio-Laboratorio d’Arte San Francesco, salita Spianata di Castelletto 1r (si raggiunge da salita San Francesco/piazza della Meridiana) Genova. Sabato e domenica ore 16-19.

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Redazione Africa ExPress

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