SUDAN

Quasi 200 morti nelle violenze nel Darfur occidentale: situazione “estremamente pericolosa”.

Da Radio Dabanga
Genina (West Darfur), 1° maggio 2023

Ibrahim Ali Hussein, sceicco del campo Kerending per gli sfollati di El Geneina, nel Darfur occidentale, ha dichiarato ieri a Radio Dabanga che almeno 180 persone sono state uccise in attacchi a Genina la scorsa settimana. La situazione è descritta come estremamente pericolosa e molti sono già fuggiti in Ciad.

Ieri, un’associazione di medici locali ha stimato in 191 il numero dei morti. I residenti hanno riferito che i grandi scontri in città sembrano si siano fermati; continuano però  i saccheggi, le uccisioni e altre forme di illegalità.

Genina è devastata dopo l’attacco dei janjaweed

In un’intervista a Radio Dabanga, Sheikh Ibrahim ha dichiarato che almeno 178 persone sono state uccise e 65 ferite durante gli attacchi della scorsa settimana, ma che altre due persone sono morte per le ferite riportate sabato a causa della mancanza di strutture sanitarie operative. La maggior parte dei centri, infatti, ha dovuto chiudere. Così i feriti si affollano nell’unico ancora disponibile, ha spiegato Ibrahim.

A causa degli attacchi al personale medico e agli ospedali e della generale mancanza di sicurezza, Medici Senza Frontiere (MSF) ha dovuto interrompere la maggior parte delle sue attività nel Darfur occidentale.

Sabato hanno riferito che l’ospedale didattico di El Geneina è stato saccheggiato. In una dichiarazione sui social media, il vice responsabile di MSF per le operazioni in Sudan, Sylvain Perron, ha affermato che “è assolutamente inaccettabile vedere l’ospedale didattico di El Geneina e altre strutture sotto attacco. Siamo profondamente preoccupati per la sicurezza del personale sanitario e delle nostre squadre nel Darfur occidentale”.

“Molte persone sono intrappolate nel mezzo di questa violenza mortale” e ha aggiunto  che le équipe di MSF “non sono state in grado di raggiungere l’ospedale”.

MSF ha riferito che sta ancora fornendo assistenza medica alle strutture di Kereinik, di Rokoro nel Darfur centrale, Um Rakuba e Tinedba a El Gedaref e Ed Damazin nello Stato del Nilo Blu.

Estremamente pericoloso

Diversi residenti sono stati uccisi o feriti mentre andavano a prendere acqua e cibo e ci sono state segnalazioni di stupri e violenze di genere, ha raccontato lo sceicco.

Sui social media sono stati postati drammatici racconti che mostrano come a Genina la situazione sia “estremamente pericolosa” .

I luoghi di ritrovo sono stati bruciati e attaccati. Un leader del campo per sfollati di Aba Dhar ha riferito che uomini armati hanno assalito i luoghi di raccolta degli sfollati nel centro della città e li hanno completamente dati alle fiamme, costringendo migliaia di civili a fuggire attraverso il confine con il Ciad.

Senza la presenza di forze di polizia o di sicurezza nell’area, le milizie armate “hanno invaso il mercato cittadino e le istituzioni governative in un modo senza precedenti”, ha dichiarato all’agenzia di stampa sudanese Ayin.

L’Assistente del Commissario per i Rifugiati in Darfur, El Farsha Mujibur El Rahman Yagoub, ha dichiarato a Radio Dabanga che a Genina sono stati bruciati almeno 20 rifugi per gli sfollati, tra cui il Centro El Zahra, il Tribunale del Sultano, il Centro Dar Masalit e il Centro del Ministero della Pianificazione.

La situazione umanitaria è estremamente complessa, poiché non ci sono ripari o alloggi e anche i mercati sono stati bruciati. Yagoub ha anche riferito che un medico è stato ucciso e che c’è una grave carenza di personale sanitario e di medicinali.

Ayin ha parlato anche con Inaam El Nour, direttrice di Women for Change, che ha raccontato che la sua casa è stata circondata da uomini armati schierati con la RSF (Rapid Support Forces,i golpisti di Mohamed Hamdan Dagalo “Hemetti”, ndr) che l’hanno costretta a fuggire. “Hanno minacciato di uccidermi, non mi sento ancora al sicuro”, ha detto. Martedì scorso a tarda sera, alcuni dei suoi parenti sono stati ammazzati davanti alla loro casa.

In fuga verso il Ciad

In mezzo alle violenze, ondate di rifugiati continuano a spostarsi da  Geneina verso le aree a sud della città ciadiana di Adre. Gli inviati di Radio Dabanga in Ciad hanno dichiarato che i nuovi rifugiati si trovano nei villaggi di Taktakli, Darta, Gidenta e Denta, dove le condizioni umanitarie sono pessime.

L’Assistente Commissario Yagoub ha lanciato un appello al Presidente del Ciad Mahamat Idris Déby e al Presidente del Consiglio Sovrano e Comandante delle Forze Armate Sudanesi, il generale  Abdelfattah El Burhan, affinché si coordinino per aprire corridoi sicuri per i rifugiati.

In un’intervista a Radio Dabanga, Yagoub ha chiesto alle forze ciadiane di intervenire per evacuare i feriti da Genina. Ha detto che morti e feriti sono centinaia: “E’ impossibile contarli.

Un rifugiato sudanese sarebbe stato ucciso in Ciad nel campo per profughi di Farchana per gli sfollati in Ciad, tra Abeche e Genina, mercoledì scorso. Un corrispondente di Radio Dabanga ha affermato che le milizie armate si trovano sul lato sudanese della valle.

Scontri non puramente “tribali

A Genina gli scontri sono cominciati già lunedì, ma si sono intensificati nei giorni successivi.

Secondo un comunicato pubblicato venerdì dall’Unione Dar Masalit (Masalit è una popolazione locale non araba la cui lingua utilizza caratteri latini, ndr), i paramilitari del Rapid Support Forces hanno lanciato un violento attacco giovedì mattina. “Questo attacco ha provocato un gran numero di vittime nelle aree residenziali”, si legge nel documento.

L’intero mercato di Genina, il quartier generale della polizia di Stato, la sede del servizio di intelligence generale, il dipartimento del traffico e le strutture sanitarie sono stati saccheggiati”. Anche l’ospedale generale diella città è stato attaccato e devastato “il tutto davanti alla 15esima divisione di fanteria, che non ha mosso un dito per proteggere i civili innocenti”.

Il mercato di Genina distrutto e saccheggiato

 

L’esercito ha denunciato le violenze come “tribali”. È vero che in passato le RSF sono state reclutate prevalentemente dalla tribù di pastori arabi Rizeigat, da cui proviene il comandante delle RSF Mohamed “Hemeiti” Dagalo, e che molti degli sfollati provengono dai Masalit, una tribù di agricoltori africani non arabi.

Tuttavia, l’Unione Dar Masalit ha spiegato che gli attacchi condotti dall’RSF non sono conflitti tribali. “Le componenti sociali del Darfur occidentale hanno vissuto in armonia e solidarietà”, si legge in una dichiarazione, e spiega che gli attacchi dell’RSF sono una continuazione dei precedenti attacchi dei Janjaweed*.

L’organizzazione ritiene le istituzioni statali “pienamente responsabili” delle uccisioni, degli incendi e dei saccheggi a Genina. “Le persone in Darfur possono vedere che sono aizzate l’una contro l’altra dal sistema di milizie che ha distrutto le loro vite per tanti anni, e ora sta distruggendo le vite delle gente a Khartoum”, ha scritto su Twitter l’analista Eddie Thomas.

Civili armati

Diverse notizie riferiscono che i civili di tribù non arabe, come i Masalit, sono stati armati per contrastare gli attacchi della RSF. I residenti locali hanno sentimenti contrastanti riguardo a questo nuovo sviluppo. Il residente Osam Bushara ha detto ad Ayin che “è positivo perché aiuta i civili a proteggere le loro proprietà e le loro vite. Tuttavia, un aumento degli armamenti aumenta anche la violenza tra i civili. Potremmo vedere molta più guerra di strada”.

 

In Sudan Radio Dabanga che trasmette in onde corte dall’Olanda è molto più ascoltata della radio statale

“La polizia ha armato le persone in modo che i civili potessero proteggersi”, ha spiegato El Nour all’agenzia di stampa, ma ora gli individui armati vagano per la città. “I bambini portano armi”.

Nella capitale del Darfur meridionale, Nyala, sono state lanciate iniziative popolari e la gente si è armata per proteggere i propri quartieri dai saccheggi delle RSF.

Radio Dabanga

* Le RSF sono state istituite dal regime di Al Bashir nell’agosto 2013 e sono nate dal formale ma non sostanziale scioglimento dalle milizie Janjaweed, che hanno combattuto per il governo sudanese in Darfur sin dallo scoppio della guerra nel 2003 ed erano composte in gran parte da tribù di pastori arabi.

I Janjaweed sono ritenuti responsabili del genocidio contro i contadini Darfuri e altri gruppi non arabi/africani. Li chiamavano “diavoli a cavallo” che bruciavano i villaggi, uccidevano gli uomini e rapivano i bambini durante la guerra in Darfur.

L’Rsf è ritenuto responsabile delle atrocità commesse negli anni passati nelle regioni del Kordofan e del Darfur ed è anche ampiamente condannato per il suo ruolo nel colpo di stato militare del 25 ottobre e nelle successive violenze contro i manifestanti pro-democrazia.

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maxalb

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