Tensioni tra esercito e RSF in Sudan
Khartoum 14 aprile 2023
Una settimana dopo il secondo rinvio della firma dell’ accordo politico per la formazione di un governo civile, l’esercito ha accusato ieri le truppe paramilitari di Rapid Support Forces (RSF), di aver schierato i propri uomini per le strade e le piazze della capitale Khartoum e in altre città del Paese. Il tentativo è di bloccare la transizione alla democrazia.
Ieri, il portavoce dell’esercito, Nabil Abdallah, ha denunciato il dispiegamento dei paramilitari “senza approvazione o coordinamento con il comando. Un’iniziativa che viola la legge e potrebbe portare al collasso della sicurezza del Paese”.
Si tratta di un davvero raro rimprovero pubblico alle Forze di Supporto Rapido, la struttura paramilitare in cui sono inquadrati oggi gli ex janjaweed, i criminali delle tribù arabe diventati famosi in Darfur perché devastavano e bruciavano i villaggi delle popolazioni africane, incendiavano le capanne, violentavano le donne e rapivano i bambini per reclutarli nelle proprie file.
La reprimenda dell’esercito è avvenuta subito dopo il dispiegamento delle truppe dell’RSF a Khartoum e a Merowe, nello Stato del Nord, a circa 200 chilometri a nord della capitale e in prossimità al confine con l’Egitto. L’aeroporto della città ospita anche aerei militari sia sudanesi, sia egiziani.
Secondo quanto riferisce l’autorevole sito Sudan Tribune, l’esercito ha circondato i miliziani e ha chiesto loro di andarsene entro 24 ore. I paramilitari si sono però rifiutati, affermando che la loro presenza è necessaria, in quanto fa parte della loro missione, volta alla lotta del traffico di esseri umani, immigrazione illegale e traffico di droga. Incarico per cui i tagliagole ricevono finanziamenti anche dall’Unione Europea
Tensioni tra Abdel Fattah al-Burhan, presidente del Consiglio sovrano e il suo vice, Mohamed Hamdan Dagalo, nonché leader di RSF, sono palpali da tempo per divergenze sul calendario dell’integrazione nell’esercito regolare dei miliziani delle RSF, che probabilmente non vogliono per nulla essere integrati.
Ovviamente, tra gli altri oggetti degli scontri, anche le ambizioni politiche dei due, nonché il desiderio di espansione economica e militare dei paramilitari.
E già a febbraio, Hemeti, in occasione di un suo intervento in Tv ha dichiarato: “Il secondo golpe è stato un errore, è diventato una porta per il ritorno del vecchio regime dell’ex presidente Omar al Bashir”.
Dagalo, meglio noto come Hemeti, è l’ex capo dei janjaweed e ha guidato con cinismo le loro atrocità in Darfur.
Dagalo ha ottimi rapporti con Mosca, dove si è recato nel 2022, subito dopo l’invasione della Russia in Ucraina. Ha poi avuto nuovi colloqui con Sergej Lavrov, ministro degli Esteri del governo di Putin, in occasione della sua recente visita a Khartoum. In Sudan sono arrivati anche i mercenari della Wagner, che fanno riferimento al Cremlino, ma per ora agiscono sotto traccia e non compaiono anche se negli alberghi di Khartoum già si vedono facce slave. Circola voce che i Warner siano riusciti ad accaparrarsi concessioni minerarie in zone remote, ma Africa ExPress non è riuscito ad avere conferma.
Ma il vicepresidente con la sua attività ha collezionato un ingente patrimonio. possiede società minerarie e industrie, non solo in Sudan. Recentemente in Italia ha acquistato impianti pere produzioni lattiero casearie per una fabbrica “di famiglia” in Etiopia.
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