La ragion di Stato batte la morale: Erdogan in Arabia Saudita abbraccia il mandante dell’omicidio Khashoggi

Le raccapriccianti prove raccolte dai servizi segreti turchi avevano inchiodato gli assassini del giornalista del Washington Post. La giustizia passa in secondo piano rispetto al business

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Africa ExPress
Riyad, 2 maggio 2022

E’ uno sgarro davvero imperdonabile, difficile da digerire. Quello fatto dal presidente Turco Recep Tayyip Erdogan al principe ereditario dell’Arabia Saudita Mohammed Bin Salman.

I suoi servizi segreti, per diverso tempo hanno monitorato l’ambasciata saudita di Istambul con microspie ambientali per carpire notizie e segreti. Il commando di sicari inviati dal principe Mohammed bin Salman nel consolato dell’Arabia Saudita di Istambul per assassinare Jamal Khashoggi mai e poi masi sarebbero immaginati che le cimici turche avrebbero immortalato tutte le fasi della macelleria saudita: le urla del giornalista dissidente dentro l’ambasciata quando fu sequestrato dai killer sauditi, le torture, il fragore della motosega assassina che smembrava il corpo in pezzetti e gli ordini perentori di far sparire tutti i poveri resti bruciandoli sul barbecue della sede diplomatica.

Tutto registrato, archiviato e consegnato alla CIA (Central Intelligence Agency, spionaggio americano) la quale, proprio sulla base di queste evidenze produsse un dettagliato rapporto puntando direttamente il dito contro il principe ereditario Mohammed Bin Salman, denuciandolo al mondo intero come il mandante di quell’orribile delitto.

Come ritorsione, il principe Mohammed Bin Salman lanciò una fatwa rispondendo pan per focaccia, con un’ embargo commerciale totale mettendo al bando tutte le esportazioni turche in Arabia Saudita.

Decisione che tormentò non poco le già dissestate finanze turche alle prese con svariate turbolenze geopolitiche. La Turchia, si sa, è come un’enorme pentola a pressione, posta sul braciere tra Europa e Medio Oriente, che confina con alcuni Paesi tra i più tranquilli, democratici e pacifici del globo (come Iran, Iraq, Siria, sultanati e califfati). (sic!)

Secondo una diffusa leggenda metropolitana poi, i turchi sarebbero responsabili del genocidio degli armeni avendo occultato le prove storiche di questo luttuoso evento. (secondo sic!) .

Ma è un fatto smentito dai altri fatti, perché i “fratelli” musulmani tra di loro non serbano mai rancori a lungo. Tant’è vero che le relazioni tra Ankara e Riyad si sono presto rasserenate, e così tanto, che qualche giorno fa ha avuto luogo l’incontro più inatteso ed inaspettato nella storia della diplomazia internazionale.

Giovedì 28 marzo 2022 il presidente turco Recep Tayyip Erdogan è volato a Gedda, per stringere mani insanguinate, abbracciando fraternamente il mandante di quell’omicidio: il principe ereditario dell’Arabia Saudita Mohammed Bin Salman.

E’ la sua prima visita in Arabia Saudita dal quel lontano 2017, l’anno prima dell’efferato omicidio del giornalista del Washington Post, che ha creato non pochi problemi tra Arabia e Turchia. Dissapori che attualmente si son quasi del tutto diradati, specialmente dopo che il presidentissimo, qualche giorno fa, ha annunciato alla stampa d’aver disposto un decreto ad personam per sospendere il procedimento legale contro i sospettati dell’omicidio Khashoggi disponendo il trasferimento del processo dalla Turchia all’Arabia Saudita.

Decisione apparentemente paradossale, ma che risponde alla perfetta logica del primato della della ragion di Stato sulla morale (e sull’ordinamento giudiziario) di machiavellica memoria come suggerirebbe qualcuno. “Il Principe ringrazia”, direbbe Niccolò Machiavelli.

Contrariamente alle apparenze, Erdogan è un uomo assai rispettoso delle istituzioni e della loro dignità (terzo sic!), però un benevolo gesto politico “distensivo” non si nega a nessuno, tanto più se poi risulta utile per spianare la strada alla riconciliazione tra due popoli e ricucire gli strappi tra due Paesi “fratelli”.

La fidanzata di Jamal Khashoggi, Hatice Cengiz, ha postato su twitter la foto di questo piccola altareeratto  di fronte a Capitol Hill a Washington, per ricordare Jamal Khashoggi e chiedere giustizia per il suo assassinio

E poi, perché no, in Turchia si può sempre cambiare idea, non è vietato dalla Costituzione, vedi la citta dai 1000 nomi che ha mutato denominazione un certo numero di volte (Costantinopoli, Bisanzio, Seconda Roma, Istambul …).

Insomma voltare del tutto questa spiacevole pagina lorda di sangue per inaugurare una nuova e proficua stagione di relazioni è nell’ordine delle cose in Turchia.

Un bel messaggio beneaugurante anche per tutti i despoti del mondo che si macchiano di crimini orrendi. Applicando il modello al conflitto in corso – la sanguinosa guerra della Federazione Russa in l’Ucraina – nel prossimo “Tribunale di Norimberga” contro Putin e i suoi generali per crimini contro l’umanità, si potrebbe già immaginare di spostare il processo dall’AIA (in Olanda) a Mosca (in Russia), facendolo ovviamente celebrare da magistrati amici dello Zar.

All’aeroporto della città del Mar Rosso di Gedda il leader turco Recep Tayyip Erdogan è stato accolto dalle 3 delle più importanti cariche del regno: il governatore della Mecca, principe Khalid Al Faisal, dal re dell’Arabia Saudita, Salman al Saud, e dal raggiante (davvero molto raggiante) principe ereditario, Mohammed bin Salman, che hanno ricevuto il presidente turco e la sua folta delegazione con i fasti e tutti gli onori di Stato.

Dopo i convenevoli di rito la Casa Reale ha imbandito un luculliano banchetto degno dell’imperatore romano Vespasiano (per comprendere il senso della citazione è necessario proseguire la lettura), con cena e ricevimento ufficiale in onore del presidente turco ed il suo entourage.

Erdogan non ha perso l’occasione per visitare la Sacra Moschea al centro della Mecca, dove si è recato all’interno della Kaaba, il luogo più sacro di tutto l’Islam. Lì il presidente turco si è raccolto in preghiera eseguendo l’Umrah (pellegrinaggio di minore sacralità, perché effettuato in un periodo da quello comandato, n.d.r.)

Nell’ambito dei colloqui diplomatici, il principe ereditario Mohammed Bin Salman ed Erdogan hanno discusso delle relazioni saudite-turche e delle modalità per svilupparle in ogni campo, auspicando un incremento della cooperazione in tutti i settori strategici: salute, energia, sicurezza alimentare, industria della difesa e finanza.

La fidanza di Jamal Khashoggi, Hatice Cengiz, ha violentemente criticato il trasferimento in Arabia Saudita del processo contro gli assassini del giornalista del Washington Post: una garanzia per la loro impunità

Chiaro il messaggio che Erdogan ha voluto mandare, spiegato da lui stesso così: “L’Arabia Saudita occupa un posto speciale per la Turchia in termini di commercio e investimenti, nonché di progetti su larga scala che saranno realizzati dalle nostre società. Il valore totale dei progetti che i nostri appaltatori hanno intrapreso in Arabia Saudita raggiunge i 24 miliardi di dollari. La natura complementare delle nostre economie è il fattore principale che attrae gli investitori sauditi nel dinamico ambiente della Turchia. La mia visita riflette la nostra volontà comune di iniziare una nuova era di cooperazione come due Paesi fratelli. Faremo degli sforzi per iniziare un nuovo corso di relazioni e rafforzeremo i legami tra i nostri due Paesi sotto tutti gli aspetti. Vedo e credo che sia nel nostro comune interesse rinsaldare la nostra cooperazione in settori quali l’assistenza sanitaria, l’energia, la sicurezza alimentare, le tecnologie agricole, l’industria della difesa e la finanza”.

Come soleva dire l’imperatore Vespasiano (quello da cui presero il nome i pubblici orinatoi della città eterna): “Pecunia non olet”. Si sa, oggi il vil denaro riveste la sua non indifferente importanza nella vita di tutti noi poveri mortali. Il denaro non puzza, e manco certe scelte di politica estera borderline. I cadaveri bruciati sul barbecue del consolato saudita invece si.

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