Gli Stati Uniti chiedono l’immediato ritiro delle truppe eritree dal Tigray

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Sfollati nel Tigray, affamati, disidratati, disperati

Speciale per Africa ExPress
Cornelia I. Toelgyes
11 marzo 2021

Migliaia di persone si sono nascoste per mesi nelle zone rurali nell’ovest della regione etiopica del Tigray per sfuggire alle violenze della guerra che imperversa nella regione dal 4 novembre 2020, con l’arrivo dell’esercito di Addis Ababa a Makallè. Ora la gente non ce la fanno più. Dimagrita, affamata, perché i convogli con gli aiuti umanitari sono rimasti bloccati per molto tempo dal governo etiopico, malgrado i vari appelli della comunità internazionali.

Ora, piano piano i fuggiaschi escono dai loro nascondigli per raggiungere Scirè, area occidentale dell’Etiopia, al confine con l’Eritrea. Vale la pena ricordare che durante la guerra d’Etiopia (1935-1936) proprio qui si svolse tra il 29 febbraio e il 5 marzo del 1935 la battaglia dello Scirè, durante la quale furono uccisi  7.500 etiopi, mentre gli italiani persero 857 uomini (tra morti e feriti) e 12 eritrei.

Sfollati nel Tigray, affamati, disidratati, disperati

La storia si ripete, solo che stavolta il nemico non è l’invasore europeo, bensì le truppe di Addis Ababa e della vicina Eritrea. Sono poche le foto che giungono oggi dalla zona, un po’ perché manca spesso la corrente elettrica e poi la gente teme ripercussioni. E si dice che alcuni, sorpresi mentre scattavano istantanee, siano stati uccisi.

Oliver Behn, direttore di Medici Senza Frontiere sezione Paesi Bassi, ha confermato ai reporter di AP che la settimana scorsa sono arrivati più di  5 mila sfollati in condizioni disastrose: disidratati, stanchi, scheletrici. Certamente sono sopravvissuti mangiando solo foglie o i sementi che erano destinati alla coltivazione. Nei loro visi si legge tutta la sofferenza, le privazioni di questi mesi di guerra. Non è ancora ben chiaro cosa stia succedendo nell’ovest del Tigray.

A Shirè vivono già oltre migliaia di sfollati e non c’è più posto nei campi per i nuovi arrivati. La gente ha fame, perchè la guerra ha colpito proprio quando la situazione era già difficile. Il flagello dell’ invasione di locuste ha ridotto i raccolti ai minimi termini. E anche ora, in base a quello che hanno riportato gli operatori umanitari, l’accesso al cibo è difficile e poi le risorse a disposizione non cono sufficienti.

Strada che porta dal Gondar a Scirè

L’ONU stima che oltre 4 milioni di residenti nel Tigray necessitano urgentemente aiuti alimentari. Anche se  i convogli arrivano senza troppe difficoltà a destinazione, la situazione umanitaria è peggiorata e potrebbe precipitare ulteriormente. Manca l’accesso ai servizi sanitari essenziali, c’è bisogno di personale medico e paramedico, molti centri di salute sono stati chiusi.

Ma arrivano anche condanne severe dalla comunità internazionale. Il segretario di Stato americano, Antony Blinken, proprio ieri ha detto senza mezzi termini che gli uomini di Isaias Aferwerki, il dittatore di Asmara, devono lasciare immediatamente l’Etiopia; ha inoltre severamente condannato gli atti di pulizia etnica nel Tigray. “Chiediamo che venga aperta un’indagine indipendente, bisogna capire cosa è successo in questa parte dell’Etiopia, inoltre bisogna instaurare un processo di riconciliazione con l’impegno di tutte le parti per portare avanti il Paese”. Insomma Blinken ci vuole vedere chiaro e porre fine al conflitto. Ha parlato anche di eventuali sanzioni, come la possibile sospensione dei negoziati sul debito con il Fondo Monetario Internazionale.

Oggi, durante la seduta del Consiglio di Sicurezza – all’ordine del giorno c’erano le crisi in Yemen e Etiopia – è intervenuto via video conferenza anche Antonio Guterres, che ha sottolineato: “ I conflitti portano fame e se la situazione degenera in carestia, tutto diventa un disastro. Se non si nutrono le persone, si  alimentano le guerre”. E già una settimana fa anche l’ONU aveva chiesto che venisse aperta quanto prima un’indagine indipendente sul conflitto nel Tigray.

Ieri ha dato le dimissioni anche un importante diplomatico etiopico, Berhane Kidanemariam, vice capo missione all’ambasciata di Washington. “Una forma di protesta – ha detto – contro il genocidio nel Tigray”.

Cornelia I. Toelgyes
corneliacit@hotmail.it
@cotoelgyes

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1 COMMENT

  1. “4 novembre 2020, con l’arrivo dell’esercito di Addis Ababa a Makallè.” Non sapevo che Addis Abeba ha un suo esercito . É curioso che tutti parlano del Tigray non mi fra intenda sono contenta che il mondo si interessi al problema ma c’é un popolo che sta subendo il genocidio da un po di anni é in modo incessante in questi tre anni gli Amhara sono perseguitati uccisi in modo crudele derubati dei loro averi in diverse parti del paese governato in modo autoritario dal premio Nobel per la pace chi é Amhara non ha pace le autorita sia centrali che locali non intervengono ma questo
    all’ocidente non interessa anche l’avviso di rischio genocidio alle organizazioni internazionali che se ne sono fregati forse fra qualche anno ci diranno che sono dispiaciuti e che non doveva succedere .

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