Congo-K: i gruppi armati si scatenano, nuova mattanza nel Nord-Kivu

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Attacco del gruppo armato ADF in Congo-K

Speciale per Africa ExPress
Cornelia I. Toelgyes
3 gennaio 2021

Le forze armate della Repubblica Democratica del Congo (FARDC) sostengono di aver ucciso 14 miliziani del gruppo terrorista del gruppo armato Allied Democratic Forces, un’organizzazione islamista ugandese, presente anche nel Congo-K dal 1995 e, secondo il giornale online Congo-Uni, tra questi ci sarebbero anche 2 arabi bianchi.

Che ci siano miliziani di diverse nazionalità tra i ribelli, non è nuovo. Basti pensare che un anno fa su 36 membri di ADF arrestati, 22 erano ugandesi, 3 tanzaniani, 2 keniani, 4 congolesi, 2 ruandesi, 1 centrafricano e un burundese.

Attacco del gruppo armato ADF in Congo-K

I militari di FARDC e il miliziani ADF si sono scontrati il 1° gennaio nel territorio di Beni, nel Nord-Kivu, nel villaggio di Loselose. I ribelli del gruppo armato il giorno precedente avevano brutalmente ammazzato 24 persone a Tingwe. Le autorità locali hanno confermato l’attacco e un esponente della società civile ha chiesto una maggiore presenza delle forze dell’ordine, visto che ormai è noto a tutti che i terroristi prendono sempre la stessa strada per uccidere la gente quando ritorna dal lavoro nei campi.

I soldati governativi sono arrivati solamente nel pomeriggio, a strage ormai consumata. Dalla fine di ottobre, con il lancio dell’Operazione Soukula – campagna militare contro i ribelli ADF – gli attacchi sono leggermente diminuiti, ma mai cessati completamente. E, in base a un rapporto di CEPADHO (Centre d’étude pour la promotion de la paix, la démocratie et les droits de l’homme), un’organizzazione della società civile, dall’inizio di dicembre 2019 a fine novembre 2020 sono stati uccisi 1.135 civili nel territorio di Beni.

“Sono riuscito a scappare, hanno cercato di inseguirmi. Ero preoccupato per le mie bambine, erano con la nonna. Le piccole sono riuscite a fuggire, ma i criminali hanno preso l’anziana donna. Era tra i morti, tutta gente che stava ritornando dal duro lavoro nei campi”, ha dichiarato un testimone ai reporter di Radio France International.

Fortunatamente i militari sono intervenuti tempestivamente la notte tra il 1° e il 2 gennaio, mentre miliziani di ADF stavano per attaccare un altro villaggio nella zona di Ituri. Erano le 2 di notte, quando gli abitanti di Mayitatu sono stati svegliati da colpi di arma da fuoco.

E’ evidente che le incursioni e le violenze dei ribelli ADF non sono altro che ripercussioni nei confronti dei soldati governativi e dei caschi blu di MONUSCO (acronimo per Missione dell’Organizzazione delle Nazioni Unite per la stabilizzazione nella Repubblica Democratica del Congo), ma le reali vittime sono i civili.

E sempre nella stessa provincia, nel territorio di Walikale, durante la notte di capodanno sono fuggite centinaia di persone di tre villaggi: Bukumbirwa, Kilambo e Misambo per i pesanti scontri tra il gruppo armato Nduma défense du Congo-Rénové (NDCR-R) guidato dal signore della guerra Shimiray Mwisa Guidon e quello di un raggruppamento maï-maï (Forces patriotiques populaires, Armée du peuple (FPP-AP) capeggiato da Kabidu, acerrimo nemico di Guidon. La gente in fuga è disperata, ma sembra che non ci siano stati né morti e né feriti tra i civili. Radio Okapi, emittente e giornale online congolese di proprietà dell’ONU ha riportato proprio oggi che sei miliziani sono morti durante gli scontri. La popolazione è stanca dei continui attacchi dei gruppi armati, che impediscono lo sviluppo dell’intera area.

Gruppo armato nel Congo-K

I maï maï sono guerrieri tradizionali, combattenti che si sottopongono a iniziazioni magiche e partecipano a riti esoterici; sono stati molto attivi negli anni ’90. Sono comparsi per le prime volte nelle guerriglie subito dopo l’indipendenza, nel 1960. Da tempo sono di nuovo attivi e sono responsabili di molti scontri avvenuti in tutto il Kivu. I maï maï dovrebbero proteggere la popolazione, ma di fatto quasi mai è così: razziano, rapinano, violentano.

Giedeon, invece, è sulla lista nera del Consiglio di Sicurezza dell’ONU dal 2018, perché accusato di arruolare anche bambini soldato nei suoi ranghi e di violazione di diritti umani nel Nord-Kivu. Inoltre, secondo il rapporto del Consiglio, impone tasse illegali nelle aree aurifere e infine è accusato di procurarsi armi illegalmente. Vige a tutt’oggi il divieto di vendere armi ai gruppi ribelli nel Paese.

Cornelia I. Toelgyes
corneliacit@hotmail.it
@cotoelgyes

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