AFRICA

Nigeriano bruciato vivo a Tripoli. Ennesimo crimine contro i migranti

Speciale per Africa ExPress
Cornelia I. Toelgyes
8 ottobre 2020

I tre libici hanno preso d’assalto uno stabilimento a Tajoura, una zona periferica di Tripoli. Senza alcun motivo hanno versato del liquido infiammabile su un giovane nigeriano, un operaio migrante che lavorava in una fabbrica e l’hanno bruciato vivo.

Altri tre suoi colleghi hanno riportato gravi ustioni e sono ora ricoverati nel vicino ospedale.

Secondo quanto riportato dal ministro degli Interni del governo di accordo nazionale (GNA) i tre criminali, tutti sui trent’anni, sono stati arrestati.

E’ l’ennesimo esecrabile episodio di violenza perpetrato in Libia contro i migranti, punto di transito per migliaia di giovani africani che cercano di raggiungere l’Europa.

Nel suo recente rapporto Amnesty international aveva denunciato gli orrori, le incessanti violazioni dei diritti umani di decine di migliaia di persone detenute in putridi e disumani centri di detenzione per migranti.

Ma anche chi vive fuori dai lager è soggetto a continue vessazioni e i pericoli sono in agguato in ogni dove, persino sul posto di lavoro. Il giovane arso viso da sconosciuti, non aveva commesso nessun crimine. Un atto terribile, per gusto di fare del male, di uccidere.

Il mercato degli schiavi, persone battute all’asta in Libia, ripreso in un video e messo in rete dalla CNN nel 2017 aveva suscitato grande scalpore nel mondo intero. Era lo stato necessario un video per smuovere le coscienze.

Ciò che avevano raccontato i superstiti o i sopravvissuti del carnaio libico evidentemente non era sufficiente.

A maggio la famiglia di un trafficante di esseri umani libico, ucciso da un migrante, ha ammazzato per vendetta un gruppo di 30 profughi, prevalentemente bengalesi. La tragedia è stata consumata a Mizdah.

A luglio sono morti 3 migranti sudanesi a Khoms. Le autorità libiche hanno aperto il fuoco contro alcuni poveracci, che, disperati perchè riportati nel Paese dalla guardia costiera libica, avevano tentato la fuga una volta giunti a terra.

Gran parte delle atrocità commesse nel Paese vengono documentate, eppure il mondo si dimentica in fretta.

Oggi l’Unione Europea e l’Italia sostengono la guardia costiera libica per riportare i migranti nell’inferno, nonostante che sia l’Organizzazione internazionale per le Migrazioni (OIM) e che l’UNHCR hanno ripetutamente sottolineato che la Libia non può essere classificata come porto sicuro.

Barcone di migranti

Anche il giovane ammazzato in Libia ieri cadrà presto nell’oblio. E così sarà per Abou di soli quindici anni, morto un paio di giorni fa all’ospedale Ingrassia di Palermo. Il giovanissimo portava i segni indelebili delle torture subite in Libia e fortemente denutrito è arrivato in Italia con la nave della ONG Open Arms. E’ stato poi trasferito insieme ai compagni di viaggio sulla nave quarantena Allegra. In seguito è stato portato al nosocomio, dove sabato scorso è entrato in coma per non svegliarsi più.

Dopo la morte di Muʿammar Gheddafi nel 2011 in Libia regna il caos più totale, dove un arcipelago di milizie, impossibile da controllare e governare, detta legge.

Cornelia I. Toelgyes
corneliacit@hotmail.it
@cotoelgyes

 

Cornelia Toelgyes

Giornalista, vicedirettore di Africa Express, ha vissuti in diversi Paesi africani tra cui Nigeria, Angola, Etiopia, Kenya. Cresciuta in Svizzera, parla correntemente oltre all'italiano, inglese, francese e tedesco.

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