AFRICA

Senegal: Lamine Diack, tramonta in carcere la stella del padre dell’atletica mondiale

Dal Nostro Corrispondente Sportivo
Costantino Muscau
20 settembre 2020

Vecchio, decaduto, condannato: sta per tramontare in una prigione parigina la stella di Lamine Diack, il senegalese padre dell’atletica mondiale. Nel mentre uno dei suoi 15 figli, Papa Massata Diack, ugualmente condannato, se ne sta libero a Dakar a curar l’allevamento di galline e prodotti ortofrutticoli e a minacciare “una battaglia legale a tutti i livelli per lavare l’onore del presidente”.

La svolta nella vita e nell’onore di Lamine Diack, 87 anni, presidente della Federazione internazionale di Atletica (Iaaf) dal 1999 al 2015, è avvenuta il 16 settembre scorso, mercoledì.

Lamine Diack

Quel giorno il Tribunale di Parigi, presieduto dal giudice Marie-Rose Hunault, al termine di un processo iniziatosi in giugno e di un’inchiesta partita 5 anni fa (ne abbiamo scritto a febbraio), ha inflitto all’ex onnipotente patron dell’atletica mondiale, 4 anni di carcere, di cui 2 con la condizionale, e un’ammenda di 500 mila euro.

Al figlio, 57 anni, consulente marketing della Iaaf, che da sempre si rifiuta di andare in Francia e di comparire davanti alla Corte transalpina, è andata peggio: 5 anni di galera senza condizionale e un milione di euro di ammenda. Oltre alla reiterazione di un mandato di cattura internazionale.

Le accuse? “Corruzione attiva e passiva”, “abuso di fiducia”, “riciclaggio”. In pratica di essere stati al centro di un colossale rete di corruzione che mirava a rinviare le sanzioni contro 23 atleti russi sospettati di essere dopati. Alcuni di questi atleti avevano conquistato perfino medaglie d’oro ai XXX giochi olimpici di Londra, nel 2012.

Padre e figlio, poi, sono stati condannati a risarcire la World Athletics (il nome attuale della Iaaf) di 5,2 milioni di euro per essersi indebitamente appropriati di sostanziose somme di danaro sui contratti degli sponsor con la Federazione di Atletica.

Assieme ai due esponenti senegalesi, erano finiti sotto processo altri quattro protagonisti del clamoroso scandalo che ha scosso quel settore del mondo sportivo internazionale: Gabriele Dollè, 78 anni, ex responsabile dell’antidoping della Federazione (2 anni con la condizionale e 140 mila euro di ammenda); l’avvocato Habib Cissè, consigliere giuridico di Lamin Diack (3 anni con la condizionale, 100 000 euro d’ammenda, obbligo del braccialetto elettronico per 12 mesi); Valentin Balakhnitchev, ex presidente della federazione nazionale russa di Atletica (3 anni) e l’ex allenatore Alexeï Melnikov (2 anni).

La sentenza di Parigi ha suscitato in Senegal profonde, vaste sensazioni ed emozioni. I Diack sono “pezzi grossi” dell’establishment. Tanto per dire: il grande vecchio era accusato anche di aver utilizzato le tangenti russe per finanziare la campagna presidenziale dell’attuale capo di Stato, Macky Sall, 58 anni, durante le elezioni del 2012, oppositore del presidente uscente Abdoulaye Wade, oggi 94 anni.

Papa Massata Diack, figlio dell’ex presidente della IAAF

Il primo a scatenarsi è stato, doverosamente, l’avvocato difensore. Il legale Simon Ndyaie – come ha pubblicato il sito Dakaractu.com il 18 settembre – ha dichiarato :”Questa sentenza è ingiusta e disumana perché ha negato a Lamine anche gli arresti domiciliari. Si è servita di Lamine come capro espiatorio. Non ha tenuto in considerazione nessun elemento portato dalla difesa, ma si è appiattita sulla pubblica accusa. La giustizia ha voluto fare della morale non del diritto. E’ un fatto pericoloso. Ricorriamo subito in appello”.

Ancor più pesante il commento del figlio Papa Massata, irrefrenabile alla vigilia e dopo il verdetto di colpevolezza:”Siamo vittime di un complotto anglosassone e di fronte alla più grande falsità della storia sportiva mondiale. Mi batterò a tutti i livelli e con tutte le mie forze per restituire l’onore a mio padre”.

Qualche dubbio sul processo celebrato in Francia viene comunque avanzato anche da da altri. Ad esempio Wahany Sambou di Africanews, in Senegal ha scritto: “Ciò che possiamo evincere da questa sentenza è che a molti senegalesi resta l’amaro in bocca. Tutti oggi si chiedono il perché di due pesi e due misure se si pensa ai casi di Sepp Blatter e di Michel Platini a livello di federazione calcistica mondiale. Perché il sistema giudiziario europeo non li ha ancora processati per corruzione?”. (In effetti i due dirigenti calcistici sono stati squalificati dal Comitato etico della Federazione mondiale, ma non giudicati da un tribunale).

Purtroppo, comunque, il compito del figlio si presenta improbo: lo stesso genitore ha ammesso i collegamenti finanziari con una banca e una televisione russe. E non è finita: il papà e Papa sono ancora sotto inchiesta da parte della giustizia francese perché sospettati di corruzione anche nell’assegnazione delle Olimpiadi del 2016 e del 2020.

Costantino Muscau
muskost@gmail.com

Cornelia Toelgyes

Giornalista, vicedirettore di Africa Express, ha vissuti in diversi Paesi africani tra cui Nigeria, Angola, Etiopia, Kenya. Cresciuta in Svizzera, parla correntemente oltre all'italiano, inglese, francese e tedesco.

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