AFRICA

Mali: spunta un riscatto tra i retroscena per la liberazione Tacchetto/Blais

Speciale per Africa ExPress
Cornelia I. Toelgyes
17 marzo 2020

Come sono andate veramente le cose? Cosa c’è dietro la liberazione di Luca Tacchetto e Edith Blais, la coppia sparita nel nulla nel Burkina Faso nel dicembre 2018  e liberata l’altro ieri in Mali?  Il pagamento di un riscatto? Il premier canadese, Justin Trudeau, ha negato categoricamente di aver versato un centesimo per il rilascio della propria concittadina Edith Blais, originaria del Quebec.

Luca Tacchetto e la sua compagna canadese, Edith Blais, rilasciati in Mali

Lo stringer di Africa ExPress, Serge Daniel – un famoso e apprezzato giornalista beninoise che vive in Mali, collaboratore di importanti testate francesi – racconta: “Una persona che ha seguito da vicino le trattative per il rilascio dei due giovani mi ha confidato che è stata pagata una certa somma in cambio della loro libertà. Non è dato sapere quanto e chi abbia messo mano al portafoglio”.

Robert Fowler e Louis Guay, canadesi, ex ostaggi, rilasciati in Niger nel 2009

“Durante la loro detenzione la coppia è stata spostata tre volte – prosegue Serge -. e ciò fa pensare che siano stati consegnati a ‘intermediari’ per essere rivenduti. Dopo essere stati sequestrati in Burkina Faso, sono stati portati nel centro del Mali, e poi ancora nel nord, nell’area di Kidal. Durante la loro detenzione sono stati anche separati per qualche tempo”.

I rapitori, secondo Serge, hanno i loro problemi con i sequestrati, specie dal punta di vista logistico: bisogna nutrirli, fare in modo che non si ammalino se si vuole trarre il massimo profitto. Infatti, a prima vista la coppia sembra in apparente buona salute e nemmeno troppo dimagriti.

Il giornalista beninois specifica: “Un Paese vicino al Mali, che ha già fatto da intermediario per la liberazione di altri ostaggi canadesi, inizia le trattative in gran segreto a ottobre 2019. Infatti due emissari, il capo di un gruppo armato maliano e un politico della stessa area si recano lì per i primi colloqui. Vengono ricevuti dal presidente e esibite prove che la coppia sia in vita. Gli emissari approfittano dell’incontro per affrontare un argomento inevitabile: il riscatto per la liberazione dei due giovani.  Lo Stato in questione è lo stesso che già in passato aveva giocato un ruolo essenziale per il rilascio di altri canadesi rapiti. Il Canada viene informato delle trattative.Pochi giorni prima che Luca e Edith vengano  liberati, il politico locale maliano si reca nuovamente nel Paese vicino. E’ lui che tiene le fila della complessa trattativa e riesce a far  accelerare gli eventi. Conclusa la missione, torna discretamente a Bamako, la capitale del Mali, dove informa le autorità canadesi che i giovani saranno liberati da lì a poco”.

Serge Daniel aggiunge: “E’ stato altrettanto importante scegliere il luogo del rilascio, secondo una persona vicina alle trattative, la base ONU di Kidal sembrava il posto ideale per tutti i convenuti, in quanto i caschi blu di MINUSMA erano in grado di identificare e mettere immediatamente in sicurezza la coppia. Un luogo non consono avrebbe potuto irritare le parti avverse, con il reale rischio che tutto sarebbe potuto andare a monte”.

In ottobre Rémi Dandjinnou, portavoce del governo burkinabé, in un’intervista trasmessa dalla RAI, aveva assicurato che i due italiani e la canadese erano vivi. Nello stesso periodo il ministro candese per gli Affari esteri, Chrystia Freeland, durante un comizio elettorale aveva annunciato: “Edith è viva ma le indagini sono assai complicate e quindi è opportuno non dare notizie e dettagli che potrebbero danneggiare la vita dell’ostaggio”. Era tempo di elezioni in Canada e come si sa bene i politici spesso in campagna elettorale non sono il massimo della sincerità. La ministra parlava di Edith ma è logico pensare che la notizia riguardava anche Luca.

Sappiamo che l’Italia e il Canada sono sempre stati informati delle trattative. Non sappiamo se e quale ruolo abbia avuto il nostro Paese in tutto questo.

Nel frattempo ci sono altri ostaggi occidentali nel Sahel. Tra loro un altro italiano, Pierluigi Maccalli, sacerdote, rapito nel Niger nel settembre 2018,  Jeffery Woodke, un operatore umanitario statunitense, sequestrato nello stesso Paese, Jörg Lange, un altro operatore umanitario tedesco, anche lui catturato in Niger nell’aprile 2018, un medico australiano, Arthur Kenneth Elliott, sequestrato con la moglie – poi rilasciata dopo un mese – nel Burkina Faso.

Ma la lista non finisce qui: Gloria Cecilia Narvaez Argoti, una suora colombiana è stata portata via con la forza nel febbraio 2017 nel Mali, e ancora altre due donne, una svizzera e una francese, sono ancora in mano ai loro aguzzini. Sophie Pétronin, operatrice umanitaria francese è stata rapita la vigilia di Natale 2016 a Gao, mentre Béatrice Stockly, una missionaria della Chiesa Metodista, di nazionalità svizzera è stata sequestrata i primi di gennaio del 2016. Nel settembre 2018 sono stati rapiti un indiano e un sudafricano.

Cornelia I. Toelgyes
corneliacit@hotmail.it
@cotoelgyes

Cornelia Toelgyes

Giornalista, vicedirettore di Africa Express, ha vissuti in diversi Paesi africani tra cui Nigeria, Angola, Etiopia, Kenya. Cresciuta in Svizzera, parla correntemente oltre all'italiano, inglese, francese e tedesco.

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