La rete dei terroristi islamici dietro il rapimento di Silvia

0
697
Silvia gioca con uno dei piccoli che aiutava a Chakama

La realizzazione di questo articolo è stata possibile grazie al finanziamento
ricevuto da tanti lettori dopo il lancio della campagna di crowdfunding. Ringraziamo
chi ci sta dando una mano per reperire i mezzi necessari a continuare
le inchieste giornalistiche. Vogliamo scoprire la verità. E ci riusciremo grazie a voi.
Africa ExPress
Clicca qui se vuoi aiutare l’indagine giornalistica

Dal Nostro Inviato Speciale
Massimo A. Alberizzi

Mombasa (Kenya), 30 ottobre 2019

Il padre di un presunto terrorista, arrestato durante una retata della polizia contro gli shebab sulla costa del Kenya, ha pagato la cauzione per tirar fuori di galera Ibrahim Adhan Omar, uno dei presunti rapitori di Silvia Romano, sequestrata il 20 novembre dell’anno scorso.

Da qualche mese le unità antiterrorismo della polizia (ATPU, Anti Terrorism Police Unit) stanno scandagliando a tappeto la costa keniota a caccia di terroristi che si sarebbero infiltrati dalla Somalia. Il 15 marzo scorso, alle 4 del mattino, durante una retata nel villaggio di Kiteje, nella contea di Kwale, poco a sud di Mombasa, gli agenti arrestano alcuni presunti appartenenti alle milizie shebab. Il padre di uno degli ammanettati, Juma Suleiman, dopo aver cercato il figlio Abdallah Juma, 25 anni, in tutte le stazioni di polizia, non avendolo trovato, va al comando centrale a Mombasa, e protesta per la scomparsa del ragazzo di cui non sa più nulla. Nessuno gli spiega che fine abbia fatto.

Silvia gioca con uno dei piccoli che aiutava a Chakama

Quattro mesi prima discretamente, subito dopo il rapimento di Silvia, erano stati arrestati nei villaggi intorno a Chakama, dove la volontaria milanese abita ed è stata portata via, Abdulla Gababa Wario e Moses Luwali Chembe. Il 10 dicembre era stato catturato, Ibrahim Adhan Omar. Era ben nascosto, assieme al suo arsenale, in un covo nella cittadina di Bangali nei pressi di Garissa (vicino al confine con la Somalia), dove il 2 aprile 2015, durante un assalto dei miliziani islamici al campus dell’università, 148 studenti erano stati trucidati e 79 feriti. Abdulla Gababa, non trova i soldi per pagare la cauzione e resta così in carcere, mentre gli altri due escono di galera pagando una somma abbastanza elevata per le tasche keniote: 26 mila euro.

Africa ExPress e il Fatto Quotidiano sono andati a controllare chi sono quelli che hanno versato la somma per tirare fuori dal carcere gli inquisiti. E così si scopre che per Moses Luwali Chembe sono intervenuti lo zio e il nonno con titoli di proprietà di alcuni terreni. Ma il primo dichiara un guadagno di cento euro al mese e il secondo solo cinquanta.

La rivelazione più inquietante riguarda però Ibrahim Adhan Omar, il più pericoloso dei tre arrestati: la sua garanzia per uscire dal carcere il 28 giugno scorso viene pagata da Juma Suleiman, il padre del presunto terrorista arrestato a Kwale in marzo. Come mostra il documento che pubblichiamo qui sotto Juma Suleiman (attenzione, sul documento c’è scritto Seleiman con la “e”, ma spiegano alla cancelleria del tribunale che simili errori sono comuni) si definisce amico del presunto sequestratore Ibrahim. Juma di mestiere dichiara di fare il sarto, ma al villaggio dove dice di risiedere, come ha accertato un breve sopralluogo, non lo conosce nessuno.

il documento con cui Juma Suleiman (o Seleiman) ha pagato la cauzione per Ibrahim Adhan Omar

Ora quindi, finalmente, la pista per individuare i rapitori di Silvia Romano è chiara.  Ed è diventata qualcosa di credibile dopo che a metà settembre le unità antiterrorismo della polizia keniota hanno arrestato in un sobborgo di Mombasa Fawaz Ahmed Hamdun, un ex calciatore che ai campi sportivi ha preferito quelli di battaglia. Fawaz, di buona famiglia musulmana ma non radicale, viene descritto dagli investigatori come un “talent scout”. Il suo compito è reclutare giovani, indottrinarli e spedirli in Somalia, per il training necessario a diventare un bravo terrorista. Opera per conto dell’organizzazione jihadista Jeshi Ayman, la filiale keniota di Al Shebab (legata ad Al Qaeda) le cui basi si trovano nella foresta di Boni, un’inespugnabile giungla ai confini tra Kenya e Somalia.  All’appello dei ricercati per il rapimento, non ancora assicurati alla giustizia, mancano, Yusuf Kuno Adan e Said Adan Abdi, che potrebbero essere passati in Somalia, eventualmente portando con sé Silvia. Manca però la conferma del possibile trasferimento.

Le investigazioni dopo un periodo di stagnazione dovute anche al fatto che la cooperazione tra Kenya e Italia nei primi mesi dopo il rapimento non funzionava a dovere (gli investigatori del ROS erano stati bloccati a Nairobi e non era stato dato loro il premesso di andare sulla costa), ora sono riprese con una certa forza, anche perché la cattiva pubblicità creata dal rapimento sta mettendo in ginocchio l’industria turistica locale, una volta assai fiorente.

In attesa delle ulteriori indagini in corso, quindi, l’ennesima udienza contro alcuni presunti rapitori di Silvia – che si doveva tenere il 24 ottobre al tribunale di Malindi – è saltata. Gli accusati Ibrahim Adhan Omar, Moses Luwali Chembe sono tornati a casa e Abdulla Gababa Wario in prigione. L’udienza è stata spostata al 14, 15 e 20 novembre. A un anno esatto dal rapimento.

Massimo A. Alberizzi
massimo.alberizzi@gmail.com
twitter @malberizzi

LEAVE A REPLY

Please enter your comment!
Please enter your name here