Guerra per l’accesso all’acqua: undici civili uccisi sul confine Kenya-Etiopia

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Uomini armati di guardia a un pozzo nei pressi del confine ugandese

Speciale Per Africa Express
Franco Nofori
10 maggio 2019

L’acqua, più ancora del cibo, è una risorsa essenziale alla sopravvivenza e in alcuni luoghi del mondo si è anche pronti a uccidere, pur di potersela procurare. Quanto accaduto lo scorso lunedì, sul confine tra Kenya ed Etiopia, ne dà una sconvolgente conferma per l’azione che ha tolto la vita a undici innocenti cittadini keniani. Il fatto è avvenuto nella contea di Marsabit, più precisamente nei dintorni del villaggio di Forolle nell’estremo nord del Kenya, dove le recenti (pur se deboli) piogge, avevano offerto agli abitanti locali, di etnia borana, un minimo ristoro, grazie a un pozzo in cui – date le particolari formazioni geologiche del terreno – si raccoglieva l’acqua piovana assorbita dal suolo.

Uomini armati di guardia a un pozzo nei pressi del confine ugandese

Il pozzo, si trova in territorio keniano, pur se a minima distanza dalla linea di confine con l’Etiopia ed essendo l’unico punto di approvvigionamento idrico, attrae fatalmente anche cittadini dei vicini villaggi etiopici, cosa che provoca non poche tensioni tra i due gruppi, pur se entrambi appartengono allo stesso ceppo etnico. Oltretutto, la linea di confine è una separazione non contrassegnata da paletti o fili spinati e quindi del tutto aleatoria. Per porre fine alle frequenti contese tra le parti, per l’utilizzo della fonte idrica, gli anziani dei rispettivi villaggi, si sono accordati per organizzare un incontro in modo da disciplinare l’utilizzo del pozzo. Così è stato deciso che tale incontro si sarebbe tenuto a Ulan, un piccolo villaggio in territorio etiopico a soli tre chilometri da Forolle.

Un villaggio borana nel distretto di Marsabit

Accettando quindi l’invito dei vicini etiopici, un nutrito gruppo di esponenti della comunità keniana, si è recato all’incontro, con lo spirito di trovare un’amichevole soluzione che potesse soddisfare i comuni bisogni. Mentre tutti i partecipanti stavano discutendo, un centinaio di uomini armati, ha fatto irruzione e iniziato a sparare sui keniani, uccidendone undici e ferendone due, mentre, al momento in cui scriviamo, altri quattro risultano dispersi. Non sono chiare le ragioni dell’attacco e neppure si può presumere sia stato conseguente a disaccordi emersi nel corso della discussione, perché esso si è verificato un attimo dopo che i partecipanti si erano raccolti. Questo porta a pensare che fosse un’azione preordinata.

Uno dei pochi pozzi realizzati dalla solidarietà internazionale nei remoti territori di Marsabit

Il Chief locale, Bonaya Racha, ha accusato il governo di aver disarmato i riservisti che fornivano una protezione alla popolazione keniana, mentre un’analoga misura non è stata adottata da parte etiopica. “Viviamo nella paura per l’incolumità delle nostre famiglie – ha dichiarato – e rivolgo un appello al ministro degli interni Fred Matiang’i affinché provveda alla necessaria sicurezza”. Le contee adiacenti ai confini nord orientali del Kenya sono da sempre soggette alle incursioni dei vicini popoli somali, etiopici e sud-sudanesi, oltre ad essere loro stesse teatro di sanguinosi scontri interni per l’accesso all’acqua e ai pascoli, soprattutto tra le tribù turkana, samburu e pokot.

L’estrema povertà nelle zone nord del Kenya, colpisce soprattutto i bambini

Si tratta di territori in larga misura abbandonati a se stessi. Vere e proprie terre di nessuno, dove il governo di Nairobi è pressoché inesistente. Mancano reti idriche ed elettriche, l’assistenza sanitaria pubblica è gravemente carente e se non fosse per alcune commendevoli strutture provviste dalle congregazioni missionarie, le popolazioni locali sarebbero lasciate del tutto prive di assistenza. La povertà, il degrado e le malattie infettive, falcidiano ogni possibilità di sviluppo e – trattandosi di comunità dedite alla pastorizia – l’endemica siccità dà il colpo di grazia al già deprimente scenario.

Franco Nofori
franco.kronos1@gmail.com
@FrancoKronos1

Aggiornamento:
A dimostrazione di quanto possa rivelarsi precaria l’attendibilità delle informazioni rilasciate dalle autorità locali in Kenya, il Daily Nation di ieri (9 maggio) riporta una nuova asserzione del deputato Dido Ali Raso, che – contraddicendo quanto affermato dal Chief di Forolle – sostiene che le undici vittime keniane, non erano andate in Etiopia in missione di pace, ma con lo scopo di attaccare i vicini etiopici, che avevano conseguentemente reagito, avendo la meglio nel confronto. Ci auguriamo che nei giorni a venire, la situazione sarà meglio chiarita e l’attribuzione delle rispettive responsabilità, sarà determinata in modo definitivo.