AFRICA

Libia, il pizzino del rais che è un monito all’Italia: “Roma invia armi a Serraj”

Speciale per Africa ExPress e Il Fatto Quotidiano
Massimo A. Alberizzi
16 aprile 2019

L’avanzata delle truppe del generale Khalifa Haftar verso Tripoli è lenta ma sembra inarrestabile. Il governo riconosciuto dall’Onu di Fayez Al Serraj ha chiesto l’aiuto internazionale ma ha anche spiegato che finché le truppe degli aggressori non si ritireranno sulle posizioni che occupavano prima di quest’ultima offensiva, non intende accettare nessun cessate il fuoco. L’ONU ammonisce in continuazione i due antagonisti che una soluzione militare è improponibile e se si continua a combattere si rischia di prolungare lo stato di belligeranza all’infinito. La tregua che l’inviato speciale del Palazzo di Vetro, Ghassan Salamé, propone in continuazione è già stata rifiutata da Haftar.

Secondo le Nazioni Unite, i morti dall’inizio degli ultimi combattimenti sono 146, i feriti 614 e sono fuggiti dalle loro case 13.600 persone. L’ondata di profughi che tenterà nelle prossime ore di attraversare il Mediterraneo potrebbe arrivare anche a mezzo milione di anime.

Il generale Khalifa Haftar

Ma la guerra civile non si combatte solamente sul campo di battaglia. I social network sono pieni di notizie che è difficile controllare. Ma non sono solo i blogger ha immettere notizie false e tendenziose nel circuito informativo, anche i governi sono reticenti nel spiegare e giustificare le proprie posizioni.

Il portavoce del generale Haftar, Ahmed Al-Mismari, durante una conferenza stampa, ha dichiarato che i jet dell’aeronautica militare impiegati dalla milizia di Misurata, fedele a Serraj, sono manovrati da mercenari stranieri. Qualcuno ha rilanciato la notizia accusando piloti italiani e americani. Le parole di Al Mismari possono essere interpretate come un monito rivolto a Roma e a tutti i governi che sostengono Serraj perché cambino alleanza e si schierino con il generale e il parlamento di Tobruk che lo sostiene. La guerra psicologica fa meno vittime di quella combattuta ma non è meno tragica.

Verificata, invece, la notizia dell’attentato organizzato ieri mattina dall’ISIS in un quartiere nordorientale di Bengasi contro il colonnello Adel Marfuna, capo del controspionaggio di Haftar. L’ufficiale è scampato per miracolo perché l’autobomba imbottita di esplosivo e di bombole di gas è esplosa pochi secondi prima del passaggio del suo blindato, che non avrebbe resistito all’esplosione.

In migliaia in fuga da Tripoli

L’anno scorso, dopo che le truppe del generale avevano condotto varie operazioni per spazzare via i miliziani dell’ISIS e di Al Qaeda da Bengasi, Marfuna era stato incaricato di inseguire le cellule in fuga per annientarle. C’era riuscito, ma il repulisti gli ha provocato sentimenti di vendetta. Da qui l’attentato di ieri che conferma la presenza di terroristi anche nei territori controllati da Haftar.
Nel pomeriggio è circolata sull’ANSA la segnalazione che un gruppo di tredici diplomatici francesi era stato fermato alla frontiera tra Tunisia e Libia con le loro automobili cariche di armi. La notizia è stata confermata dall’Agenzia Nova. Lo stringer del Fatto Quotidiano ha potuto accertare che si trattava del personale dell’ambasciata che stava rientrando a Parigi via Tunisia. L’arsenale a bordo era la loro dotazione personale. Sulla notizia si era buttato a pesce, parlando di mercenari, il giornale online Arabi21, con sede a Londra e finanziato dal Qatar, fedele alleato del governo di Serraj. I francesi appoggiano Haftar.

Il coinvolgimento di potenze straniere nel conflitto è testimoniato da altre informazioni che purtroppo non è stato possibile verificare persino da chi è a Tripoli. Una nave piena di armi starebbe viaggiando tra Turchia e Tripoli e ha fatto scalo (chissà perché) a La Valletta. Il suo carico sarebbe destinato alle milizie fedeli a Fayez Al Serraj. La notizia è comparsa sul The Malta Independent che cita il portavoce di Haftar, generale Ahmed Al-Mismari, secondo cui la merce delle stive è destinata “a gruppi terroristi nella capitale”. Tutto da dimostrare.

Massimo A. Alberizzi
massimo.alberizzi@gmal.com
@malberizzi

 

maxalb

Corrispondente dall'Africa, dove ho visitato quasi tutti i Paesi

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