Sudan, pugno di ferro contro le proteste 7 morti e decine di feriti

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Proteste in Sudan

Africa ExPress
Khartoum, 9 aprile 2019

Per la terza giornata consecutiva la folla si è radunata davanti al quartier generale dell’esercito. Il Sudanese Professional Association – capofila dei movimenti di contestazione – reclama da mesi le dimissioni del presidente Omar al Bashir e ieri ha chiesto di aprire negoziati diretti con le forze armate per avviare le trattative per la formazione di un governo di transizione.

Dal canto suo il ministro dell’Interno, Bushara Juma, ha detto che durante le proteste di sabato e domenica sono state uccise sette persone e la polizia ha effettuato duemilacinquecento arresti. Sei hanno perso la vita a Khartoum, mentre una settima vittima si è registrata nel Darfur occidentale.

Tra i morti anche un soldato, che ha perso la vita quando i militari hanno cercato di proteggere i manifestanti dagli agenti del NISS (acronimo per National Intelligence and Security Services), mentre tentavano di disperdere la folla davanti al quartier generale nella notte tra domenica e lunedì.

Lo scontro tra soldati e agenti dimostra come si siano forti divergenze tra esercito e forze di sicurezza sul comportamento da tenere nei confronti della protesta. Al Bashir ha fatto cadere alcune teste di alti ufficiali negli ultimi giorni, sostituendoli con suoi fedelissimi.

Il generale Awad Ahmed Benawf, a capo del dicastero della Difesa, ha precisato: “Le forze armate comprendono le richieste della popolazione, ma d’altro canto non possiamo permettere che il Paese precipiti nel caos”.

L’Unione Europea ha chiesto che venga avviato quanto prima un processo pacifico per l’attuazione di riforme democratiche e ha invitato gli organi di sicurezza a evitare l’uso indiscriminato della forza nei confronti di manifestanti pacifici e la liberazione di tutti prigionieri politici.

Omar al-Bashir, presidente del Sudan

Sulla testa del vecchio presidente, al potere dal 30 giugno 1989 dopo un colpo di Stato, pende un mandato d’arresto internazionale per crimini commessi durante la guerra in Darfur, spiccato dalla Corte penale internazionale dell’Aja.Ma lui non ha nessuna intenzione di lasciare il potere e così risponde con la solita oppressione alle richieste della popolazione. Il Sudan ha un’antica tradizione democratica e al momento dell’indipendenza, nel 1956, ospitava il più grande  partito comunista di tutta l’Africa.

Le proteste sono scoppiate lo scorso dicembre, dopo l’annuncio del governo di voler triplicare il prezzo del pane. Ben presto le dimostrazioni si sono diffuse in tutto il Sudan fino a raggiungere anche Khartoum; ora la gente chiede non solo una vita dignitosa, ma anche l’uscita di scena dell’anziano dittatore.

Alcuni analisti ritengono che i quadri militari stiano già elaborando un piano per far uscire di scena in modo “elegante” al Bashir.

Africa ExPress
@africexp

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