Proteste in Sudan
Speciale per Africa ExPress
Cornelia I. Toelgyes
Quartu Sant’Elena, 26 febbraio 2019
La scure di Omar al Bashir non si ferma, continua ad abbattersi sulla popolazione che non intende abbandonare le proteste, a scendere nelle strade per chiedere migliori condizioni di vita e le dimissioni del dittatore e del suo governo, malgrado lo stato di emergenza dichiarato venerdì scorso.
Ora il presidente ha preso altre severe misure volte ad opprimere le dimostrazioni:
Al Bashir, sul quale pende un mandato d’arresto internazionale spiccato dalla Corte criminale internazionale dell’Ajia, ha nominato come nuovo primo vice presidente il ministro della Difesa, Awad Mohamed Ahmed Ibn Auf, un alto ufficiale e suo fedelissimo. Infatti, durante la guerra del Darfur Auf, allora capo dell’intelligence militare, era responsabile dei contatti tra il governo e i janjaweed, sostenuti appunto da Khartoum.
I janjaweed sono le famigerate milizie paramilitari sudanesi diventate famose per le atrocità commesse in Darfur. Diavoli a cavallo che bruciavano i villaggi, stupravano le donne, uccidevano gli uomini e rapivano i bambini per renderli schiavi. Oggi sono sempre al servizio del governo di al Bashir, anche se hanno cambiato nome: si chiamano Rapid Support Forces (RSF) e diversi loro capi e miliziani facevano parte dei janjaweed. Si occupano sopratutto del controllo delle frontiere, dei respingimenti dei migranti, ma sono stati anche visti nelle operazioni di rastrellamento durante le recenti manifestazioni contro il vecchio dittatore.
James P. McGovern e Karen Bass, deputati statunitensi, hanno espresso le loro perplessità e in un comunicato hanno condannato lo stato d’emergenze dichiarato dal leader di Khartoum. E anche Cyril Sartor, presidente e direttore generale per l’Africa del Consiglio di sicurezza nazionale americano, che si è recato in Sudan per qualche giorno la scorsa settimana ha fatto sapere che gli ultimi fatti mettono a rischio la cancellazione dalla lista dei Paesi considerati finanziatori di organizzazioni terroristiche.
Cornelia I. Toelgyes
corneliacit@hotmail.it
@cotoelgyes
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