Abdi, un capo della polizia in Kenya: “Silvia deve tornare a casa in 24 ore”

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La casa dove è stata rapita Silvia Romano

Speciale per Africa ExPress
Massimo A. Alberizzi
21 novembre 2018

Silvia Romano, la ragazza catturata in Kenya ieri sera, tornerà a casa “in 24 ore”. L’ha promesso il capo della polizia di Chakama il villaggio, nella contea di Kilifi, a circa novanta chilometri a ovest di Malindi, dove è avvenuto il sequestro. “Abbiamo individuato i responsabili”, ha aggiunto Abdi Omar.

I rapitori della ventitreenne erano sicuramente somali, perché parlavano la lingua dell’ex colonia italiana. Ma potrebbero essere somali non di Somalia, ma di Kenya. Cioè potrebbero non essere shebab, i terroristi islamici che da anni insanguinano il Corno d’Africa, come era apparso in un primo tempo ma delinquenti comuni. Infatti nella zona di Chakama, dove la ventitreenne di Milano è stata sequestrata, oltre un secolo fa si è insediata la tribù somala degli Orma, pastori seminomadi che si muovono in cerca di corsi d’acqua. Vicino alla casa dove è stata rapita Silvia c’è il fiume Galana.

La casa dove è stata rapita Silvia Romano. Dietro due porte laterali ci sono dei negozi. la porta centrale si affaccia su un cortile dove c’è l’appartamento dove vive la ragazza

“Il rapimento è avvenuto intorno alle 8 di sera vicino a un gruppo di negozi dove Silvia abita in un piccolo appartamento – racconta ad Africa ExPress un testimone oculare – . Il commando è arrivato a piedi. Erano otto e vestivano come i somali e come gli shebab. Uno solo di loro parlava inglese. Sono entrati a colpo sicuro nella casa della ragazza. Lei si è messa a urlare chiedendo aiuto, l’hanno schiaffeggiata e portata via sparando all’impazzata per evitare che qualcuno potesse aiutarla. Sono rimaste ferite almeno cinque persone”.

Sono tutte ricoverate all’ospedale di Malindi. Una di esse, un ragazzino, è gravissimo e ha una pallottola conficcata nella testa.

Catturata Silvia, il gruppo si è allontanato verso il fiume Galana, ma, a debita distanza, sono stati seguiti. L’uomo che parlava inglese continuava a ripetere: “Dacci i soldi e noi ti lasciamo andare”. E lei rispondeva: “Non ho contanti il mio denaro è nel telefonino”. In Kenya, a differenza dell’Italia, sul cellulare si può avere un conto bancario che serve par pagare via internet ogni cosa, dalla merce nei negozi, alle bollette dei servizi, alle rate per pagare un’automobile o il mutuo.

Silvia Romano assieme ai ragazzi di cui si prende cura

“Purtroppo – continua il nostro testimone – il cellulare di Silvia era rimasto in casa. Il gruppo dei rapitori si è fermato qualche secondo a confabulare per decidere se tornare indietro a cercare l’apparecchio, ma poi ha deciso di continuare verso il fiume dove ad attenderli c’erano due piroghe. Si sono quindi allontanati coperti dall’oscurità della notte”.

La polizia è intervenuta immediatamente e il suo capo, l’ufficiale Abdi Omar, anche lui un orma, ha impartito un ordine severissimo: “Entro 24 ore Silvia deve tornare a casa”. Ha quindi sguinzagliato tutti i suoi agenti, bloccato le strade che portano in Somalia e chiesto a Nairobi due elicotteri (arrivati questa mattina) che stanno perlustrando dal cielo tutta la zona. Abdi ha confermato di aver individuato il commando.

Silvia Romano accanto ai uno dei tucul tipici delle comunità orma. Indossa un vestito masai

E’ bene notare che da Mogadiscio il comando degli shebab, interpellato da Africa ExPress, non ha voluto confermare né smentire il rapimento.

Chakama è sulla strada che da Malindi porta al parco Tsavo Est, frequentato dai turisti italiani che spesso, dopo aver passato qualche giorno al mare vanno a scoprire le bellezze naturalistiche e la fauna selvaggia, appunto nella riserva dello Tsavo. La camionabile 103, che unisce la città balneare al parco è in gran parte asfaltata e in buone condizioni, ma appena si esce dal manto stradale diventa una pista che è meglio percorrere con una 4×4. La zona è abitata soprattutto dalla tribù ghiriama. Ma negli ultimi decenni, molti kenioti dell’entroterra si sono trasferiti laggiù nel tentativo di colonizzare quelle terre.

L’entroterra di Malindi è particolarmente povero e depresso. La disoccupazione giovanile e non solo raggiunge livelli preoccupanti e i giovani hanno poche prospettive per il futuro. Da qui l’alto tasso di criminalità. In questo contesto i bianchi vengono visti come appetibili “dollari che camminano” e suscitano spesso sentimenti di invidia.

Per altro la criminalità spesso maschera le proprie azioni verniciandole di politica o di religione. Shebab e banditi si mescolano senza troppi scrupoli perché esercitare la violenza nel nome di Dio è più nobile dell’esercitarla per impadronirsi di un bottino.

Massimo A. Alberizzi
massimo.alberizzi@gmail.com
twitter @malberizzi

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