Una strada nel Sud Sudan durante il periodo delle piogge
Speciale per Africa ExPress
Cornelia I. Toelgyes
Quartu sant’Elena, 28 luglio 2018
Quarantamila dollari per ciascun parlamentare del Sud Sudan per l’acquisto di una macchina: il regalo del presidente Salva Kiir ai membri delle due Camere, dopo aver approvato la modifica della Costituzione, permettendo in questo modo l’estensione del suo mandato, quello del vice presidente e di tutti gli onorevoli fino al 2021. Il mandato del presidente era in scadenza quest’anno, ma a causa della sanguinosa guerra civile che si sta consumando nel Paese dal 2013, Salva Kiir ha sottolineato che la situazione attuale non permette lo svolgimento di libere elezoni. La popolazione non può recarsi alle urne per problemi di sicurezza.
Una somma considerevole, quella che Salva ha regalato ai deputati, supera abbondantemente i dieci milioni di dollari per l’acquisto di veicoli in un Paese dove le strade nemmeno esistono. Eppure il presidente ha giustificato tale spesa perchè i legislatori devono avere la possibiltà di muoversi liberamente. E il portavoce del presidente ha fatto sapere che i parlamentari non possono continuare a spostarsi in moto. Ma vista la condizione delle vie di comunicazione forse sarebbe stato meglio investire quel denaro per rendere praticabile qualcuno degli sterrati.
Anche Tito Anthony, direttore esecutivo della ONG sud sudanese, Center Peace and Justice’s (CPJ), ha criticato aspramente il finanziamento predisposto dal governo per l’acquisto delle autovettore e ha specificato: “La popolazione è priva dei servizi essenziali come ospedali, scuole, cibo, case”. Anthony ha chiesto a tutti i parlamentari di restituire la somma di denaro messa a disposizione dal governo e ha puntualizzato: “Forse avrebbero dovuto chiedersi la provenienza di queste somme, visto che i dipendenti pubblici non ricevono lo stipendio da oltre cinque mesi”. Infine ha aggiunto: “Ho l’impressione che qui nessuno lavori per il bene del popolo sudanese, tutti pensano solamente a difendere i propri interessi”.
Lo scorso luglio il Sud Sudan celebrava il settimo anniversario di indipendenza. Nel 2011 la sua gente sperava di trovare pace dopo decenni di guerra civile sanguinosa. Speranza e gioia sono presto stati sepolti da un nuovo conflitto interno che si combatte dal dicembre 2013. Una guerra etnica combattuta a colpi di macete e kalashnikov, ma le peggiori armi sono gli stupri e la fame. Da anni si susseguono inconcludenti dialoghi di pace. A fine giugno la capitale etiopica ha ospitato i due protagonisti, Salva Kiir Mayardit e Riek Machar, di questa inutile, lunga, infinita guerra, il cui prezzo viene pagato solamente dalla popolazione ormai allo stremo.
Il conflitto è cominciato quando il presidente Salva Kiir Mayardit, di etnia dinka, ha accusato il suo vice Riek Marchar, un nuer, di aver complottato contro di lui, tentando un colpo di Stato. Sono così cominciati i combattimenti tra le forze governative e quelle degli insorti fedeli a Machar. I primi scontri si sono verificati il 15 dicembre 2013 nelle strade di Juba, la capitale del Paese, ma ben presto hanno raggiunto anche Bor e Bentiu. Vecchi rancori politici ed etnici mai risolti, non fanno che alimentare questo conflitto.
Dal 2013 ad oggi sono morte decine di migliaia di persone, oltre tre milioni hanno dovuto lasciare le loro case e i loro villaggi. Attualmente oltre il settanta per cento della popolazione necessita di assistenza umanitaria. Il conflitto ha portato con sé abusi dei diritti umani su larga scala nei confronti dei civili. A farne le spese sono sopratutto donne e bambini. Violenze e abusi sessuali, reclutamento di bimbi soldato, distruzione di ospedali, scuole, razzie delle scorte alimentari sono all’ordine del giorno. E secondo un rapporto di Famine Early Warning Systems Network alcune migliaia di persone sono esposte allo spettro della carestia.
In questi anni di guerra sono stati barbaramente ammazzati anche 101 operatori umanitari, altri sono stati sequestrati e molte donne sono state stuprate, tra loro anche un’italiana, che con molto coraggio ha reso testimonianza durante il processo a carico di una dozzina di militari dell’esercito sud sudanese.
Riek Marchar e Salva Kiir hanno firmato a Khartoum, la capitale del Sudan, un ennesimo accordo proprio in questi gironi sulla suddivisione dei poteri. Potere e opposizione si sono accordati ripartizione dettagliata dei posti chiave. Un governo di transizione, che resterà in carica per trentasei mesi, sarà composto da trentacinque ministri (venti di loro di Kiir, nove per Machar e i restanti saranno a disposizione degli altri partiti all’opposizione). La nuova Assemblea comprenderà cinquecentocinquanta membri, cui trecentotrentadue del partito al potere, centoventotto del raggruppamento politico di Machar e novanta di altri gruppi. Il ministro degli Esteri sudanese ha promesso che i negoziati continueranno fino alla stesura finale del testo, che potrebbe essere firmato già il prossimo 5 agosto.
Nel frattempo la guerra non cessa. Nel Sud Sudan le violenze proseguono, gli stupri non danno tregua alle povere donne. La fame, le pallottole, armi potenti entrambe, mietono vittime ovunque nel più giovane Paese della terra, dove si continua a morire nell’indifferenza dei suoi politici.
Cornelia I. Toelgyes
corneliacit@hotmail.it
@cotolgyes
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