AFRICA

Scampate a Bobo Haram le donne sono stuprate dai militari nigeriani


Speciale per Africa ExPress
Sandro Pintus
Firenze, 25 maggio 2018

Sono migliaia le ragazze e le donne stuprate dai militari nigeriani dopo essere state “salvate” dalle brutalità di Boko Haram. Amnesty International ha reso pubblico un report che documenta ciò che è successo dal 2015 ad oggi nello stato di Borno, 900 km dalla capitale Abuja, nel nordest della Nigeria.

La mappa campi profughi di Borno oggetto del report di Amnesty (courtesy Amnesty International)

“Ci hanno tradite” è il titolo, eloquente e triste, del documento di 90 pagine su donne e ragazze dei campi profughi istituiti dalle forze armate nigeriane in sette città dello stato di Borno. Separate dai mariti dall’esercito nigeriano e aiutati dalla Civile Joint Task Force  (CJTF) – gruppo di miliziani che aiutano a cacciare Boko Haram dalla zona – le donne vengono ridotte alla fame per avere cibo in cambio di sesso. Un tradimento ancora più doloroso e amaro che arriva da coloro dovrebbero proteggerle.

“Un giorno un militare mi ha portato del cibo e il giorno dopo mi ha invitato ad andare a fare rifornimento d’acqua a casa sua. Quando sono arrivata ha chiuso la porta e mi ha violentata”, ha raccontato Ama, 20 anni.

Donne vittime di stupro nei campi profughi in Nigeria (courtesy Amnesty International)

Anche Halima è una vittima di stupro. Appena arrivata in uno dei campi profughi un soldato si è avvicinato offrendole pollo e patate dolci. Lei lo ha riconosciuto come uno degli uomini che aveva picchiato e imprigionato suo marito. Non voleva quel cibo ma aveva fame e lo aveva accettato per disperazione. Quando il soldato tornò a chiedere sesso in cambio di cibo, Halima era troppo spaventata e affamata per rifiutare.

“È terribilmente scioccante che persone che hanno già tanto sofferto nelle mani di Boko Haram siano condannate a subire ulteriori tremendi abusi da parte dell’esercito – ha dichiarato Osai Ojigho, responsabile di Amnesty International Nigeria – Invece di essere protette, donne e ragazze sono costrette a sottostare agli stupri per evitare la fame“.

Il documento di Amnesty è il risultato di un’indagine, realizzata attraverso 250 interviste sui “campi satellite” dell’area. Comprende colloquii con 48 donne e ragazze e l’analisi di video, fotografie e immagini satellitari.

Donne di un campo profughi che aspettano il rilascio dei loro mariti – 2018 © Private (courtesy Amnesty International)

Cinque donne hanno raccontato ad Amnesty di essere state stuprate tra la fine del 2015 e l’inizio del 2016 nel campo ospedale di Bama, dove la fame era all’ordine del giorno. Nello stesso campo altre dieci donne sono state costrette per fame a diventare “fidanzate”. Molte di loro avevano già perso figli e altri familiari a causa della mancanza d’acqua, cibo e cure mediche.

Ci sono poi le “vedove di Boko Haram”. Sono centinaia e molte di queste sono state vittime di rapimenti e matrimoni forzati da parte di Boko Haram. Nonostante ciò, anziché essere soccorse, sono state arrestate dall’esercito e dal 2015 sono trattenute coi loro bambini nella famigerata base militare di Giwa.

Le donne che si lamentano per il brutale trattamento ricevuto hanno accusato i militari di essere state picchiate, stuprate e aggredite verbalmente di essere “vedove di Boko Haram”.

L’organizzazione per i diritti umani denuncia che lo sfruttamento sessuale delle donne nei campi profughi continua ancora adesso e segue uno schema ormai consolidato. I militari entrano nei campi per fare sesso e i miliziani della CJTF scelgono “le più belle” da consegnare ai soldati. Donne ragazze, per paura, non riescono a ribellarsi.

Sandro Pintus
sandro.p@catpress.com
Twitter: @sand_pin

Sandro Pintus

Giornalista dal 1979, ha iniziato l'attività con Paese Sera. Negli anni '80/'90 in Africa Australe con base in Mozambico e in seguito in Australia e in missioni in Medio Oriente e Balcani. Ha lavorato per varie ong, collaborato con La Repubblica, La Nazione, L'Universo, L'Unione Sarda e altre testate, agenzie e vari uffici stampa. Ha collaborato anche con UNHCR, FAO, WFP e OMS-Hedip.

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