Burundi: referendum farsa per trasformare il presidente Pierre Nkurunziza in dittatore

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Pierre Nkurunziza, presidente del Burundi, durante l'operazione di voto

Cornelia I. Toelgyes Rov 100Speciale per Africa ExPress
Cornelia I. Toelgyes
Quartu Sant’Elena, 21 maggio 2018

Giovedì scorso i 4,8 milioni burundesi aventi diritto al voto sono stati chiamati alle urne per un referendum volto modificare la Costituzione. In teoria la riforma del testo garantirebbe all’attuale presidente, Pierre Nkurunziza, al potere dal 2005, di restare sulla poltrona più ambita del Paese fino al 2034.

Nel 2015, Nkurunziza aveva già ottenuto un terzo mandato in violazione alla Costituzione e agli accordi di pace di Arusha, provocando una gravissima crisi politica, che aveva costretto 400.000 burundesi a rifugiarsi nei Paesi vicini . Il presidente Nkurunziza, un mistico pastore protestante, crede di essere unto dal Signore e predestinato a guidare il suo Paese.

Pierre Nkurunziza, presidente del Burundi, durante l'operazione di voto
Pierre Nkurunziza, presidente del Burundi, durante l’operazione di voto

Le modifiche previste alla Costituzione sono parecchie, non si parla solamente di concedere al capo del regime attuale di ricandidarsi per latri due mandati. In base agli accordi di Arusha, nella Costituzione in vigore è prevista la divisione dei poteri tra hutu e tutsi secondo le quote etniche che in parte saranno mantenute: nelle forze armate e nei corpi di pubblica sicurezza sono rappresentati in parti uguali (50 per cento hutu e 50 per cento tutsi); sessanta per cento hutu e quaranta per cento tutsi, per quanto concerne il governo e il parlamento. Queste quote saranno ora estese anche alla magistrature e alla società civile.

L’intelligence, invece, che dipende direttamente dal presidente, non dovrà più rispettare la ripartizione accordata. Inoltre, rappresentati dei partiti che hanno ottenuto oltre il 5 per cento dei voti alle elezioni legislative, dovrebbero far parte del governo. Oltre a ciò, le leggi dovrebbero essere approvate a maggioranza dei due terzi. Con la revisione costituzionale tutto ciò sarà abrogato: Nkurunziza e il suo partito potranno governare il Paese a loro piacimento, il primo ministro e il vice-presidente, un tutsi, non avranno potere alcuno. E infine, il presidente potrà essere perseguito penalmente solo in caso di altro tradimento.

E concludendo, d’ora in poi il potere legislativo sarà completamente in mano al dittatore: una legge adottata dal Parlamento sarà considerata decaduta, se non verrà promulgata entro trenta giorni da Nkurunziza.

Il leader della coalizione all’opposizione, Agathon Rwasa, ha già fatto sapere che respingerà i risultati di questo referendum e ha precisato: “Il processo elettorale non è stato libero e trasparente e tutt’altro che democratico”.

I dati definitivi saranno resi noti lunedì pomeriggio, secondo un comunicato Pierre-Claver Ndayicariye, presidente della Commissione Elettorale (CENI). In seguito i risultati dovranno essere sottoposti alla Corte Costituzionale per la convalida del referendum.

Agathon Rwasa, leader della coalizione all'opposizione in Burundi
Agathon Rwasa, leader della coalizione all’opposizione in Burundi

Finora si conoscono i risultati di diciasette province su diciotto e sembra che le modifiche alla Costituzione siano state accettate dalla popolazione. I dati oscillano tra il cinquanta e l’ottancinque per cento per il sì.

Secondo alcune organizzazioni di difensori dei diritti umani, questa campagna referendaria è stata contrassegnata da un clima di intimidazione: arresti arbitrari, omicidi e sparizioni non sono mancati. Le ONG hanno inoltre denunciato la totale assenza di un reale debattito democratico. Human Rights Watch ha fatto sapere venerdì che nelle settimane precedenti al referendum sono state uccise almeno quindici persone, otto sono state rapite, mentre altre sei sono state violentate.

Il progetto di revisione della Costituzione non è stato visto di buon occhio dalla comunità internazionale. L’UE, USA e UA hanno aspramente criticato questo referendum, critiche che non hanno influenzato in nessun modo il regime burundese, pur sapendo che l’UE è il principale donatore del Paese, uno dei più poveri al mondo. Forse il presidente ha dimenticato che nel 2016 Bruxelles aveva sospeso per diverso tempo gli aiuti diretti a Bujumbura, proprio a casua della feroce reppressione del regime.

Molti burundesi sono stati costretti ad iscriversi alle liste elettorali, e il 17 maggio, giorno del referendum, le forze di sicurezza e militanti di Imbonerakure – l’ala giovanile del partito al potere –  si sono presentati anche davanti a molte abitazioni per accompagnare le persone ai seggi.

Cornelia I. Toelgyes
corneliacit@hotmail.it
@cotoelgyes

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