Porto di Moroni, la più grande città dell'Unione delle Comore
Corneia I. Toelgyes
Quartu Sant’Elena, 10 maggio 2018
Tafferugli ieri mattina a Moroni, la capitale delle Comore, quando le forze dell’ordine sono intervenute con la forza, per sedare un’assemblea di parlamentari dell’opposizione. I legislatori, riuniti sui marciapiedi antistanti il palazzo del “Conseil de l’île”, non avevano ancora cominciato a parlare che agenti del corpo speciale hanno sequestrato microfoni e altoparlanti.
L’incontro era volto a sensibilizzare la popolazione sulla necessità di istituire una Corte Costituzionale, in vista del referendum di luglio sulla limitazione del numero dei mandati presidenziali.
Il primo intervento della polizia è stato filmato dai deputati con i cellulari, e i tablet e quando gli agenti hanno tentato di sequestrare gli smartphone, è scoppiato il finimondo. Le forze dell’ordine hanno messo mano ai gas lacrimogeni. I manifestanti, forse un centinaio o poco più e non solo parlamentari, hanno risposto con una sassaiola e i poliziotti, a loro volta hanno usato i manganelli. Un agente si è ferito, cadendo da un veicolo in corsa. A quel punto, per disperdere la folla, i gendarmi hanno cominciato a sparare in aria.
Più tardi, in base alle testimonianze di poliziotti in abiti civili presenti all’assemblea, sono stati effettuati alcuni fermi e due parlamentari sono stati arrestati. Rimane introvabile una pistola d’ordinanza che uno degli agenti ha perso durante i disordini.
L’Unione delle Comore è formata da tre isole – Grande Comore, Moheli e Anjouan – ex colonie francesi che hanno ottenuto l’indipendenza nel 1975, mentre la popolazione di Mayotte, che dista solo sessanta chilometri da Anjouan, in due referendum ha votato contro l’indipendenza. I giovani comoriani sono attratti come da una calamita da Mayotte, da quel fazzoletto di terra francese in mezzo all’Oceano Indiano, diventato il 101º dipartimento francese nel 2011. Facendo parte dell’Unione Europea, la valuta ufficiale dell’isola è l’euro.
Da tempo i rapporti tra Parigi e lo Stato insulare sono tesi: il governo delle Comore dal 21 marzo non riamette più i suoi cittadini scappati a Mayotte. Migranti che la Francia vorrebbe, invece, deportare subito. Da alcuni anni la legislazione d’Oltralpe sull’immigrazione permette il rimpatrio immediato, senza dover ricorrere alla sentenza di un giudice.
Inoltre, la gente che fugge verso Mayotte è in continuo aumento. Quasi giornalmente giovani comoriani cercano di attraversare il breve tratto di mare che li separa dalla Francia con i kwassa kwassa, tradizionali imbarcazioni da pesca, il cui nome probabilmente è stato mediato da quello di una danza congolese (kwassa, appunto) a sua volta proveniente dal francese quoi ça? (Che cos’è questo?). Come il ballo, le barche “oscillano” pericolosamente. Dal 1995 ad oggi hanno perso la vita nel tentativo di raggiungere Mayotte oltre cinquantamila comoriani. Un tragico bilancio di vite umane del quale si parla poco o nulla in Occidente.
Per tutta risposta il Quai d’Orsay ha disposto il 4 maggio e fino a nuovo ordine, la sospensione dei visti d’ingresso per la Francia a tutti i comoriani. L’annuncio di tale drastica misura è stato fatto da Jean-Yves Le Drian, il capo della diplomazia francese, davanti all’Assemblea nazionale. Le Drian ha precisato laconicamente: “In considerazione del blocco delle riammissioni e il continuo flusso di migranti verso Mayotte, siamo stati costretti a congelare temporaneamente i visti per i comoriani”.
Cornelia I. Toelgyes
corneliacit@hotmail.it
@cotoelgyes
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