AFRICA

Zimbabwe, Mnangagwa riabilita i farmer bianchi: le terre per 99 anni

Speciale per Africa ExPress
Sandro Pintus
Firenze, 2 febbraio 2018

La terra ai bianchi per un secolo. È questa la formula di Emmerson Mnangagwa, neo presidente dell’ex colonia britannica. Il nuovo Capo dello stato, dopo il golpe soft che ha estromesso Robert Mugabe e la moglie “Gucci” Grace, sta cercando faticosamente di rimettere in piedi il Paese.

Mnangagwa, conosce bene il valore e la potenzialità dei contadini bianchi e per salvare l’agricoltura – e l’economia da almeno due decenni al disastro – ha deciso di restituire le terre agli ex colonialisti.

Farmer bianchi festeggiano il ritorno nelle loro terre in Zimbabwe

I circa 300 agricoltori bianchi che non sono fuggiti dall’ex Rhodesia dove Mugabe è rimasto al potere per 37 anni, avranno quindi la possibilità di avere le terre in leasing per quattro generazioni.

La decisione del governo, presa il 3 gennaio scorso, è arrivata con una lettera pubblicata qualche giorno fa nella quale il ministro dell’Agricoltura, Perence Shiri, ha ordinato che “a tutti gli agricoltori bianchi vengano fatti contratti di 99 anni invece che quinquennali come nei precedenti accordi”.

La politica agraria di Mugabe iniziata negli anni Novanta è stata disatrosa e ha fatto crollare l’economia del ricco Paese africano. Il vecchio dittatore aveva promesso le terre di proprietà dei bianchi ai veterani della guerra di liberazione dal colonialismo senza riuscire però a controllarne la distribuzione.

Negli anni Duemila c’è stato il violento assalto delle terre in mano ai farmer europei. Un disastro che ha causato anche l’uccisione di decine di proprietari mentre altri quattromila sono stati costretti a dare via le proprietà e lasciare lo Zimbabwe.

I bianchi sono stati obbligati ad abbandonare circa 70mila kmq di terre coltivabili (la superficie di Lombardia, Emilia-Romagna e Toscana messe insieme) con attrezzature, macchinari e bestiame. La maggior parte dei terreni confiscati sono finiti nelle mani dei politici dello Zanu-Pf  (il partito ancora oggi al potere) e a fedelissimi di Mugabe.

A causa dell’incompetenza e della corruzione dilagante, come prevedibile, dopo qualche anno è arrivato il collasso dell’agricoltura. Una nazione che dopo il Sudafrica aveva l’economia più florida del continente nero è caduta nel baratro portando la popolazione alla fame.

Zimbabwe, raccolta delle patate

Il vecchio presidente-dittatore nel 2014, allora novantenne, non contento aveva annunciato una ennesima riforma agraria con ulteriori espropri delle ultime terre in mano agli europei: “Non siate troppo gentili con i bianchi. Le terre sono vostre. Se vogliono rimanere, devono investire nell’industria”.

L’ “opera di risanamento” dello Zimbabwe del “Coccodrillo” (nome di battaglia di Mnangagwa durante la lotta di liberazione) continua. Obiettivo primario del Capo dello stato è la lotta alla corruzione. Tra i risultati ottenuti, lo scorso dicembre, anche l’arresto di due personaggi eccellenti: Joseph Made, ex ministro dell’Agricoltura che aveva 1200 ettari di terra invece dei 400 consentiti, e Jason Machaya, ex ministro degli Affari provinciali delle Midlands accusato di abuso d’ufficio.

Ora, con il ritorno della produzione agricola nelle mani dei farmer bianchi il neo presidente spera che l’agricoltura e l’economia si risveglino e che lo Zimbabwe torni ad essere il “il granaio dell’Africa”.

Sandro Pintus
sandro.p@catpress.com
Twitter: @sand_pin

Sandro Pintus

Giornalista dal 1979, ha iniziato l'attività con Paese Sera. Negli anni '80/'90 in Africa Australe con base in Mozambico e in seguito in Australia e in missioni in Medio Oriente e Balcani. Ha lavorato per varie ong, collaborato con La Repubblica, La Nazione, L'Universo, L'Unione Sarda e altre testate, agenzie e vari uffici stampa. Ha collaborato anche con UNHCR, FAO, WFP e OMS-Hedip.

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