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Amnesty International accusa: in Nigeria la polizia usa regolarmente la tortura

Dalla Nostra Corrispondente
Blessing Akele
Benin City (Nigeria), 19 settembre 2016

Non è difficile credere al resoconto delle denunce raccolte dai cittadini nigeriani sulle violenze e torture della polizia, pubblicato in settembre da Amnesty International. Basta aver vissuto anche per un breve periodo nell’ex colonia britannica per capire che il sistema di protezione civile è un’utopia. Quasi inesistente. Diciamo “quasi” per non far torto a quella parte esigua dell’autorità che s’impegna, pur con grande difficoltà a svolgere onestamente il proprio lavoro.

Tutti in Nigeria sanno che la polizia è violenta oltre che corrotta. Quanto riportato da Amnesty International risponde a verità. Sono cose che normalmente accadono nell’assoluto disinteresse dei vertici istituzionali.

Camera di tortura (Nigeria)

Numerosi cittadini delinquono: molti sono criminali incalliti, altri invece sono disperati e non hanno alternative, se non la miseria micidiale. Lo stato sociale in Nigeria non esiste. I leader politici e imprenditoriali devono ancora scoprire il concetto e farlo proprio. Anzi, meglio, lo conoscono ma se ne infischiano, dato che i fondi pubblici necessari per instaurare lo stato sociale vengono utilizzati per interessi privati. E così i sospettati di crimini che finiscono nella rete della polizia vivono i momenti più terribili della loro vita.

Per la polizia non c’è alcuna differenza tra una persona colta in flagranza di reato e un sospettato. La presunzione di innocenza non esiste. Sono entrambi colpevoli. E subiscono la tortura o sono intimiditi al fine di estorcer loro denaro per un eventuale rilascio. Ma può anche succedere che il malcapitato consegni i soldi e poi si senta dire che non basta. Quindi, nonostante aver pagato una tangente si resta in cella. La polizia può tutto questo perché l’ordinamento penale prevede quello che in Italia non è previsto: la cauzione. Come negli Stati Uniti d’America. La giustizia in Nigeria è questione di ricchezza e povertà.  In Nigeria l’istituto della cauzione diventa quello della estorsione dal momento in cui a stabilire il prezzo da pagare sono i poliziotti e non già l’autorità giudiziaria, secondo quanto stabilisce la legge.

La questione della tortura e della violenza della polizia è annosa. Persino il mitico cantautore Fela Kuti, negli anni Settanta aveva trattato l’argomento con una canzone dal titolo: “Unknown soldier” Nel testo naturalmente non mancano: “unknown police”, “unknown civilian” che equivalgono a “unknown government”.

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La storia della violenza della polizia dell’epoca di Fela Kuti, racconta che allora i poliziotti erano ancora più strafottenti. Brutalizzavano direttamente in strada i cittadini, che venivano impunemente picchiati e schiaffeggiati. Gli agenti si giustificavano sostenendo che i malcapitati erano rapinatori o ladri. E i civili inermi dovevano tacere, subire e ringraziare il cielo se tornavano a casa e non in ospedale. La Nigeria era così.

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Oggi le cose sono leggermente mutate. La differenza è che la gente viene portata nelle stazioni della polizia: gli atti di violenza sono rimasti gli stessi e gli arrestati ostici e recalcitranti subiscono le stesse torture.

I vertici della polizia sono al corrente di quanto accade. I politici, deputati e senatori, pure. Non agiscono perché consapevoli della necessità di fornire una valvola di sfogo alle forze dell’ordine. Ma i loro vertici (gli “Oga”, termine in slang nigeriano per definire i capi) maltrattano i sottoposti. Il tutto per sottrarre allo Stato i fondi previsti per l’aumento degli stipendi, per la formazione, per i materiali di lavoro. Chi protesta contro l’andazzo corruttivo, viene intimidito e zittito.

I poliziotti e i loro capi e capetti  arrotondano i loro miseri stipendi con i proventi ottenuti con la violenza fisica, la tortura, l’intimidazione e l’estorsione. Gli attacchi per strada sono una routine, una cosa normale. I nigeriani sarebbero stupiti se non dovessero subire estorsioni, torture, intimidazioni..

Amnesty International sostiene, che le istituzioni nigeriane (Parlamento e Senato) devono intervenire con precise norme che riconoscano la tortura come reato e puniscano severamente gli agenti della polizia che dovessero esercitarla.

Ma in Nigeria una riforma di questo genere non è semplice da attuare. Bisognerebbe innanzitutto cambiare gli uomini ai vertici delle istituzioni, (deputati, senatori, capi della polizia e persino il presidente e i componenti della presidenza), prima di poter presentare una simile proposta di legge.

In Nigeria esiste la pena di morte, seppure come estrema ratio. Non si può pensare che i suoi leader politici perdano il sonno o si pongano un problema di coscienza per i casi di tortura praticati dalla polizia.

Blessing Akele
blessing.akele@yahoo.com
twitter @BlessingAkele
#BringBackOursGirls

Cornelia Toelgyes

Giornalista, vicedirettore di Africa Express, ha vissuti in diversi Paesi africani tra cui Nigeria, Angola, Etiopia, Kenya. Cresciuta in Svizzera, parla correntemente oltre all'italiano, inglese, francese e tedesco.

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