(1) Guinea Equatoriale, in un libro l’inferno vissuto da un italiano vittima della feroce dittatura Obiang

Speciale per Africa ExPress
Sandro Pintus
Firenze, 22 luglio 2016

Nessuno vorrebbe vivere l’incubo di Roberto Berardi, un imprenditore italiano, incastrato dalla dittatura della famiglia Obiang in Guinea Equatoriale. La sua atroce esperienza e le torture subite le racconta il romanzo-verità “Esperanza. La vera storia di un uomo contro una dittatura africana” scritto dallo stesso imprenditore con il giornalista Andrea Spinelli Barrile e pubblicato da Slow News.

Due anni e mezzo nel carcere militare di Bata Central, nell’ex colonia spagnola, il peggiore di tutta l’Africa equatoriale. Un Paese poco più grande del Piemonte governata da 37 anni dal presidente-dittatore, Teodoro Obiang Nguema Mbasogo e dal suo figlio maggiore – nominato vicepresidente – Teodoro Nguema Obiang Mangue, conosciuto come Teodorin.

Bastonate, frustate, torture, in isolamento, pasti a pane secco e acqua sporca in una cella lurida, violenze quotidiane perpetrate dai militari della Fuerza Especial e la malaria avrebbero dovuto piegare Roberto Berardi ma i suoi aguzzini non avevano fatto i conti con la determinazione, la tenacia, il coraggio e la grinta di un uomo innocente che lottava per avere verità e giustizia e tornare dalla sua famiglia.

Mappa della Guinea Equatoriale

Perché l’inferno?
Ma perché Berardi è finito nell’inferno carcerario della Guinea Equatoriale? Per un inconsapevole sbaglio pagato a caro prezzo: aver creato una società con Teodorin Obiang.

All’imprenditore italiano (25 anni di esperienza in Africa tra Nigeria, Benin, Togo, Camerun e Costa d’Avorio dove ha conosciuto sua moglie Chantal, con la quale ha avuto un figlio) sembra che gli arrivi l’occasione della vita. Una delegazione della Guinea Equatoriale gli offre la possibilità di aprire una multinazionale africana di lavori pubblici in Guinea Equatoriale a condizioni che Teodorin Obiang sia socio di maggioranza con il 60 per cento.

Berardi accetta subito e gli affari vanno alla grande con utili milionari finché scopre per caso che il conto aziendale è bloccato dalla Cia e dall’Interpol e che Francia e Stati Uniti stanno indagando su e su di lui per riciclaggio.

La truffa di Teodorin
Riesce a trovare le prove nelle quali risulta che il suo socio ha aperto dei conti correnti paralleli intestati a lui, sui quali ha spostato decine di milioni di dollari, acquistato auto di lusso, una villa in California per 30 milioni di dollari e all’asta e i cimeli di Michael Jackson tra i quali il guanto di diamanti usato in un concerto.

Teodorin lo sta fregando. Mette al sicuro la famiglia in Italia e i suoi collaboratori locali, fotocopia e spedisce la documentazione agli inquirenti americani passando così da complice a vittima. E questo non piace per niente al socio.

La villa a Malibu, in California. In alto, Teodorino Obiang

Comincia l’incubo
Chiede di parlare con Teodorin che invece di spiegargli cosa è successo lo minaccia di morte. Non solo. Berardi viene accusato di frode fiscale e imprigionato. Dopo un processo sommario a porte chiuse nel quale anche il giudice si scusa dicendogli che non poteva fare si più, viene condannato senza prove a due anni e quattro mesi di prigione e al pagamento di 1,2 milioni di dollari.

Spedito nel carcere militare di massima sicurezza di Bata Central in una cella di un metro per tre diventa così il prigioniero personale del Principe Teodorin perché sapeva troppo. I suoi aguzzini hanno un ordine: farlo soffrire senza ucciderlo.

La storia di quest’incubo viene raccontata in modo estremamente lucido con passione e rabbia, coraggio, solidarietà e compassione verso i compagni di prigione la maggior parte delle volte incarcerati senza motivo, che vengono torturati come lui e spesso ammazzati a bastonate perché in Guinea Equatoriale la vita umana non vale niente e in galera ancora meno.

Roberto Berardi. A destra durante la carcerazione

Ribellione e solidarietà
Davanti alla morte in una cella buia e umida con temperature fino a 40 gradi e piena di scarafaggi non rimane che la ribellione. Roberto Berardi non si perde d’animo di fronte al suo dolore e a quello degli altri e, corrompendo le guardie, li aiuta come può: fa entrare cibo e medicinali per curarne le ferite e salva la vita di un prigioniero dato per spacciato a causa delle torture subite.

Questo bianco che, impavido affronta i suoi aguzzini a testa alta e li insulta e non si fa piegare diventa un punto di riferimento per i detenuti di Bata Central. Lo considerano come un capo che fa loro ricordare di essere persone con una dignità e dà loro soccorso, coraggio e speranza anche in carcere. Si guadagna il loro rispetto.

La salvezza dalle donne
Ma la sua salvezza la deve soprattutto al cerchio di donne che crea una rete di aiuto, solidarietà e protezione per la sua salvezza e liberazione. Esperanza, ex detenuta, riesce a far passare cibo, medicinali e telefoni cellulari; Rossella, la sua ex moglie con la quale ha avuto due figli e ha mantenuto un rapporto di amicizia fa il possibile per tenere l’attenzione alta in Italia e Chantal, la donna che ama, muove le ong in Francia.

Roberto, grazie ai cellulari che riesce ad avere tramite Esperanza, riesce a comunicare con la famiglia e con l’Italia ma a caro prezzo: ogni telefono trovato nella sua cella dai suoi carcerieri gli costa infinite frustate e ulteriori brutalità. Riesce perfino a scappare dal carcere e tornarci senza farsi scoprire perché all’esterno è saltata la sua copertura che vuole proteggere.

(1/2 continua: http://www.africa-express.info/2016/07/25/guinea-equatoriale-in-un-libro-linferno-vissuto-da-un-italiano-vittima-della-feroce-dittatura-obiang-2/)

Sandro Pintus
sandro.p@catpress.com
twitter: @sand_pin

– Mappa Guinea Equatoriale
Di Directorate of Intelligence, CIA – https://www.cia.gov/library/publications/resources/the-world-factbook/geos/ek.html– Pubblico dominio, https://commons.wikimedia.org/w/index.php?curid=25202422

Di Alvaro1984 18Opera propria, Pubblico dominio, https://commons.wikimedia.org/w/index.php?curid=7410057

 

Sandro Pintus

Giornalista dal 1979, ha iniziato l'attività con Paese Sera. Negli anni '80/'90 in Africa Australe con base in Mozambico e in seguito in Australia e in missioni in Medio Oriente e Balcani. Ha lavorato per varie ong, collaborato con La Repubblica, La Nazione, L'Universo, L'Unione Sarda e altre testate, agenzie e vari uffici stampa. Ha collaborato anche con UNHCR, FAO, WFP e OMS-Hedip.

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