EDITORIALE
Massimo A. Alberizzi
Nairobi, 3 febbraio 2016
L’Africa è nel mirino del presidente del Consiglio, che ha inanellato diversi viaggi durante il suo mandato. Gli scopi delle sue incursioni sono chiarissimi: fare affari con abbondante cinismo e enorme spregiudicatezza. Radicare la presenza italiana nei Paesi produttori di petrolio è stato – ed è – uno degli scopi prioritari e in quest’ultimo viaggio, in particolare, il team di affaristi e politici renziani ha toccato la Nigeria, ottavo produttore al mondo.

L’ex colonia britannica è uno dei Paesi più corrotti di tutta l’Africa. Tra l’altro un’indagine del Senato americano ha chiarito alcuni rapporti piuttosto compromettenti tra un ex vicepresidente del Paese, Atiku Abubakar, e la mafia siciliana. In una relazione circostanziata (Keeping foreign corruption out of the United States), gli investigatori statunitensi raccontano che tre mesi dopo la sua rielezione come Vice Presidente della Nigeria, nell’agosto 2003, Atiku Abubakar, ex vicedirettore generale del servizio doganale nigeriano, è stato ospite di Domenico Gitto. Società investigative che si occupano di valutare i rischi negli investimenti e fonti dei media, ritengono – sempre secondo la relazione – che Gitto sia stato membro del clan mafioso italiano Provenzano e proprietario di Gitto Costruzioni Generali Nigeria Limited. L’incontro si è tenuto a casa Gitto in Sicilia.
Domenico Gitto è morto nel 2012: aveva donato al vecchio presidente, Goodluck Jonathan (in carica fino al maggio scorso), una chiesa da 2500 posti, costruita nella città natale dell’ex leader nigeriano. Ai suoi funerali, in Sicilia, in rappresentanza del governo di Abuja era arrivata una delegazione d’alto livello, guidata dal ministro Pius Anyim Anyim.
Ma la cosa che potrebbe preoccupare di più le nostre istituzioni è il ruolo che ha l’ENI nel corrotto mondo petrolifero nigeriano. A fine settembre a Londra è stata arrestata l’ex ministro nigeriano del petrolio, la signora Alison Diezani Madueke http://www.africa-express.info/2015/10/05/nigeria-arrestata-per-corruzione-a-londra-lex-ministro-delle-risorse-petrolifere/ . Le accuse sono pesanti: malversazione, peculato, corruzione, appropriazione indebita e riciclaggio di denaro pubblico.
La signora, che ha pagato una cauzione e non è più dietro le sbarre, era stata ammanettata dagli agenti dell’agenzia anti-corruzione ICU, istituita nell’agosto scorso dal governo di David Cameron proprio con l’intento di perseguire la corruzione internazionale. La sua residenza londinese è stata minuziosamente perquisita e la stessa cosa è stata fatta lo stesso giorno dagli agenti nigeriani dell’Economic and Financial Crime Commission (EFCC) nella sua casa ad Abuja.
La corrispondente di Africa ExPress in Nigeria, Blessing Akele, ha indagato nelle due capitali. Gli inquirenti non si sono voluti sbottonare, ma alla domanda: “Ci sono documenti e materiali che riguardano l’ENI”, si è sentita rispondere: “Certamente. Ma per ora non possiamo fornirvi altre informazioni. Almeno fino alla fine dell’inchiesta”.
E’ bene ricordare che l’attuale presidente dell’ENI, Claudio Descalzi, ha costruito gran parte della sua carriera all’interno della società petrolifera italiana proprio in Nigeria. Conosce dunque alla perfezione i meccanismi che governano quel Paese, ben descritti in numerose relazioni. Inoltre, con un certo rammarico, è interessante rammentare come l’ex viceministro degli esteri italiano, Lapo Pistelli, nel giugno dell’anno scorso abbia lasciato la compagine governativa di Renzi per diventare vicepresidente dell’ENI. http://www.africa-express.info/2015/06/23/e-proprio-normale-che-pistelli-da-viceministro-degli-esteri-passi-alla-vicepresidenza-delleni/ Una decisione che ha messo in evidenza le commistioni curiose tra economia e politica
Che tutte le compagnie petrolifere impegnate in Nigeria (ma non solo, in tutta l’Africa) siano coinvolte in episodi di corruzione marcata, sembra abbastanza evidente. Se l’ex colonia britannica è posizionata dall’organizzazione Transparency International (che denuncia e combatte la corruzione internazionale) al 136° posto su 168 Paesi della classifica, sembrerebbe piuttosto stupefacente che gli italiani non partecipassero a questa scandalosa prassi consolidata. (L’Italia compare al 61° posto di quella classifica).

Sempre il senato americano individua un altro italiano tra i grandi faccendieri che operano in Nigeria, Gabriele Volpi. Volpi a Port Harcourt (la capitale nigeriana del petrolio) gestisce un immenso “rifugio per espatriati” http://www.intelservices.com/ cioè una cittadella cintata e blindata con villette, campi da tennis, piscine, ristoranti, ma soprattutto guardie di sicurezza che sorvegliano dappertutto contro ladri, rapinatori e sequestratori, gente poco raccomandabile che nella ricca area del Delta del Niger abbonda. In quella fortezza blindata vivono, pagati lautamente, praticamente tutti gli stranieri che lavorano nell’industria del petrolio.
Ma non solo. Con interessi diversificati nel business del oro nero la INTELS (che ha praticamente il monopolio della logistica e un giro d’affari che si aggira sul 1,5 miliardi di dollari) ha fatto di Gabriele Volpi uno degli uomini più ricchi del pianeta, definito dal settimanale economico Il Mondo, “il Roman Abramovic italiano”.
Come l’oligarca russo, Volpi (che è anche cittadino nigeriano) possiede una squadra di calcio (il La Spezia) ed è proprietario della Pro Recco, storico team di pallanuoto. Ultimamente, come ha scritto Il Sole 24 ore, ha affidato una parte del suo del suo patrimonio a un trust di diritto britannico proprietario di “Santa Benessere & Social”, società che ha tra i suoi progetti lo sviluppo del porto turistico di Santa Margherita Ligure.

Socio di Volpi è Atiku Abubakar. La commissione d’inchiesta del senato americano ha accertato ingenti pagamenti provenienti da tangenti pagate alla coppia dalle società petrolifere. Sullo scacchiere nigeriano si muovono e coabitano uomini d’affari occidentali in smoking, politici corrotti, militari senza scrupoli, banditi da strada e, naturalmente, 007.
In questo teatro inquietante si muovono i Boko Haram: anche se la loro sfera d’azione (cioè i loro massacri) si trova nella Nigeria settentrionale, cioè lontano dai campi petroliferi che sono a sud, non sono ben chiare le complicità di cui godono. In Nigeria è tutta questione di soldi: se paghi un poliziotto che ti sta per arrestare, quello ti lascia andare. Sono spariti carichi di armi destinati alla lotta contro il terrorismo finiti, probabilmente, nelle mani dei terroristi, che si muovono anche con veicoli pesanti e carri blindati. http://www.africa-express.info/2016/01/06/nigeria-spariti-due-miliardi-di-dollari-dovevano-servire-per-combattere-i-boko-haram/
E Renzi soprattutto si sarà guardato bene dal chiedere in quali paradisi fiscali vengono depositati i soldi della corruzione. Nessuno sa bene dove finiscano. Non ci sarà da meravigliarsi se si dovesse scoprire un giorno che il denaro speso e regalato a capi e capetti per ottenere qualche concessione, finisca poi nelle mani di chi compra armi per i terroristi.
Con buona pace di chi sbraita a destra e a manca che va in Africa per aiutare gli africani
Massimo A. Alberizzi
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