Rifugiati, la svolta tedesca è frutto di saggia programmazione

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EDITORIALE
Giovanni La Torre
Roma, 11 settembre 2015

Senza nulla togliere all’alto valore umano della decisione tedesca di aprire finalmente le frontiere, pensiamo che quella decisione sia anche il frutto di una saggia politica di programmazione demografica. Di colpo, la Germania, dal non voler condividere con l’Italia e la Grecia i migranti che sbarcavano, ha annunciato che quest’anno ne accetterà 800 mila (Merkel) e nei prossimi anni 500 mila all’anno (Gabriel).

Si tratta con ogni evidenza di una decisione già assunta da tempo che attendeva il momento opportuno per essere resa pubblica, fatta accettare dalla popolazione e attuata. Il momento “opportuno” purtroppo è arrivato con le immagini del povero bambino siriano ritrovato cadavere, supino e con la faccia nella sabbia, su una spiaggia turca, immagini che hanno sciolto il gelo che covava nel cuore di alcune parti della popolazione tedesca.

We want Germany

La Germania condivide con l’Italia un basso indice di fertilità: 1,4 figli per donna fertile (per la precisione Germania 1,41, Italia 1,38). Come ci insegna la demografia, con un indice di fertilità simile la popolazione si dimezza in due generazioni. L’indice di 2,1 è quello che consente la stabilità della popolazione, mentre indici superiori assicurano una crescita.

Le ultime rilevazioni dell’Istat hanno già certificato la diminuzione della popolazione italiana, che con il tempo sarà sempre più repentina, compensata finora dalla fecondità delle donne immigrate.

Di fronte a una prospettiva demografica di questo tipo che fa un Paese serio? Un Paese che è consapevole di essere una potenza economica? Pianifica la compensazione, non si fa trascinare dagli eventi e dalle contingenze. Capisce che non può correre il rischio di trovarsi con un’insufficienza di braccia e di cervelli, di non avere lavoratori che versano i contributi per pagare le pensioni a chi non lavora.

E allora apre le frontiere e avvia programmi di formazione e di inserimento nella comunità (hanno già stanziato 9 miliardi di euro, a ulteriore prova che era già tutto programmato). Questo fa un Paese serio. Un Paese in declino invece si fa trascinare dagli eventi, senza alcuna scelta consapevole, oppure si oppone agli eventi stessi, come la Gran Bretagna. Paesi corrotti poi, come l’Italia, utilizzano anche questi eventi per alimentare la mangiatoia per gli amici e gli amici degli amici, per le cooperative e per tutto quanto sta a lato della politica e che sorregge economicamente questa classe dirigente corrotta e inetta (“con gli immigrati si guadagna più che con la droga”, diceva il capo della cooperativa).

Renzi continua a dire che non siamo più un problema per l’Europa e che siamo tornati a far parte del gruppo guida dell’Ue. Ma di cosa ciancia il bullo fiorentino? Basta vedere come stanno maturando i nuovi orientamenti proprio in tema di immigrazione, che ci avrebbe dovuti vedere in prima fila, e invece sono scaturiti dai soliti incontri.

folla con Germany

Ormai la Germania sta consolidando la propria egemonia in Europa ed è l’unica che dimostra di avere la vista lunga. Purtroppo questa leadership non viene sempre esercitata nell’interesse comune europeo, ma tant’è. Dopo aver digerito l’unificazione nel giro di qualche anno (noi non ci siamo ancora riusciti in più di 150 anni) regalando ai concittadini dell’Est il cambio 1:1, dopo aver accolto la maggior parte dell’immigrazione dall’ex impero sovietico, oggi si appresta ad aprire una terza fase di espansione attirando nuova forza e nuove energie.

Conoscendo i tedeschi, e la loro storia degli ultimi decenni, resta qualche preoccupazione circa il probabile ulteriore incrudimento della politica di austerità, per evitare ogni rischio di inflazione che ai loro occhi esiste ogni volta che nuove masse diseredate, e da rifocillare adeguatamente prima che contribuiscano alla produzione nazionale, si affacciano sull’economia del loro paese. Si tratta di preoccupazioni tipicamente tedesche, ma chi avrà la lucidità e la forza di opporvisi e farle correggere? 

Giovanni La Torre

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