Speciale per Africa ExPress
Massimo A. Alberizzi
6 maggio 2015
Il Burundi piccolo Paese incastonato nel cuore dell’Africa – ex colonia tedesca prima e protettorato belga poi – è nel caos. Il presidente ed ex capo dei guerriglieri, Pierre Nkurunziza, ha deciso di candidarsi alle elezioni del 26 giugno per un terzo mandato, violando la Costituzione che ne prevede due. La piazza si è scatenata con dimostrazioni e proteste. La polizia prima ha contenuto con candelotti lacrimogeni e proiettili di gomma, poi con pallottole vere. Ieri la Corte suprema del Paese ha avallato la decisione del presidente e del suo partito. Altre manifestazioni, altre violenze (si parla di 13 morti) e un’ondata di profughi, oltre 30 mila scappati in Ruanda e in Congo.
Diplomatici a Bujumbura, la capitale, sentiti al telefono hanno riferito ad Africa ExPress che il clima è tesissimo. “La Corte Costituzionale – hanno spiegato – ha giudicato legale la richiesta di Nkurunziza, perché i giudici sono stati intimiditi. Il vicepresidente della corte, Sylvere Nimpagaritse, è fuggito dal Paese e ha denunciato di aver ricevuto minacce di morte se non avesse cambiato parere sulla costituzionalità del progetto presidenziale, cui invece era contrario”.
Lunedì scorso il segretario di Stato americano John Kerry ha invitato Nkurunziza a ritirarsi: “Siamo assai preoccupati dalla sua decisione di ricandidarsie temiamo il peggio”, ha ammonito. Critici anche le Nazioni Unte, l’Unione Africana e il vicino Ruanda, dive i tutsi sono al potere.
La composizione etnica del Burundi è simile quella del Ruanda. Gli hutu sono in maggioranza e i tutsi in minoranza. Per anni i tutsi hanno governato a Bujumbura e i primi organizzato guerre e guerriglie, l’ultima guidata da Pierre Nkurunziza. Infine nel 2005 la pace è stata raggiunta con un accordo tra le etnie che garantiva rappresentanze certe e partecipazione al potere.
Un accordo che sembra non reggere più. Dopo essere stato eletto dal parlamento nel 2005, Nkurunziza si è candidato alle elezioni nel 2010. Le ha vinte anche perché l’opposizione ha boicottato il voto. Poi l’anno scorso Nkurunziza aveva cercato di modificare la Costituzione che limita i poteri del suo partito e garantisce quelli della minoranza. Non c’è riuscito. Ora la decisione di restare inchiodato al più alto scranno del Paese rischia di far ripiombare il Burundi nella guerra civile.
Massimo A. Alberizzi
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