La Guinea Equatoriale in amore con Pechino Congelati i debiti con le imprese italiane

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Speciale per Africa ExPress
a. s. b.
Roma, 5 maggio 2015

Tra il 27 aprile e il 2 maggio il Presidente della Guinea Equatoriale Teodoro Obiang Nguema Mbasogo è stato in visita diplomatica ufficiale a Pechino, invitato dall’omologo cinese Xi Jinping: è la seconda volta che Obiang si reca in Cina in visita diplomatica (la prima volta fu nel 2006 in occasione del Forum sulla cooperazione Cina-Africa), anche se il presidente equatoguineano è un habitué nel colosso asiatico, che frequenta in visita privata.

Al centro del colloquio tra i due presidenti sono stati gli aiuti che Pechino ha garantito al piccolo Paese nguemista dell’Africa Occidentale, dopo che lo scorso novembre Francisca Obiang, figlia di Teodoro e capo della Camera di Commercio, ha dichiarato ufficialmente l’insolvenza dello Stato nei confronti dei creditori stranieri (imprese, molte italiane, con appalti e crediti dal valore di miliardi di franchi). Il soccorso cinese è in realtà il cavallo di Troia che Pechino vuole introdurre nel ricchissimo Paese subsahariano: già a gennaio il Wall Street Journal scriveva che il crollo del prezzo del petrolio rappresenta un colpo durissimo ai sistemi di governo dell’Africa Occidentale; problemi simili alla Guinea Equatoriale li ha l’Angola di Josè Eduardo dos Santos, che nel 2015 potrebbe scivolare in un periodo di recessione economica per la prima volta negli ultimi 20 anni,  il Gabon di Ali Bongo, il Camerun di Paul Biya: i regimi della regione si trovano privati dei fondi necessari a consolidare la loro presa economica sul paese, garantendosi fedeltà da parte degli alleati politici e sudditanza dalle forze militari.

A pechino

Il 30 aprile Obiang ha aperto il Forum Economico Cino-africano di Dalian, invitando le imprese cinesi a far parte del piano di industrializzazione della Guinea Equatoriale definito “Horizonte 2020”, incentrato sulla creazione di una nuova città, Oyala (o Djibloho). Come per Ceausescu, come per Stalin, per Mao, per Niyazov e per tutti i più grandi dittatori della storia novecentesca, la “new town” rappresenta l’immortalità del potere del padre della Patria.

D’altra parte la Cina sembra essere specializzata, in Africa, nella costruzione di vere e proprie città fantasma: Nova Cidade de Kilamba in Angola è l’esempio principe, nel Continente, della folle magnificenza delle new town africane made in China. Una sorta di neo-colonialismo asiatico permette a Pechino di garantirsi forniture a basso costo di materie prime e risorse energetiche e ai dittatori africani di coltivare il proprio opulento ego in perfetta continuità con gli ultimi decenni: affamando le popolazioni e distruggendo gli ecosistemi.

In questo senso Oyala è la chiusura del cerchio del potere nguemista: Teodoro padre, di etnia Fang nato proprio da quelle parti, riporterà la Capitale nel Continente (dove vive la maggior parte della popolazione equatoguineana), ove le sue spoglie troveranno riposo facendo così ritorno alla terra d’origine. A Oyala, una volta completata (oggi l’accesso è precluso a chiunque non debba lavorare nei cantieri della new town) vivranno tra i 160mila e i 200mila cittadini; fino all’arrivo dei cinesi la costruzione degli edifici era appaltata all’italiana Piccini Group, mentre dei ponti si occupava l’impresa General Works, i cui amministratori Fabio e Filippo Galassi sono oggi agli arresti a Bata (il primo in carcere ed il secondo ai domiciliari), accusati di aver cercato di trasferire fondi all’estero (soldi per ora non trovati). Il fermo si protrae senza accuse formali dal 21 marzo scorso.

E’ invece quasi terminata la (lunga) detenzione dell’imprenditore Roberto Berardi, in carcere dal gennaio 2013 e oramai prossimo all’estinzione della pena: il prossimo 19 maggio l’imprenditore italiano dovrebbe essere scarcerato e sembra che finalmente il governo italiano e l’Unione Europea abbiano fatto le prime mosse per tutelarne l’incolumità una volta uscito dal carcere, dopo due anni e mezzo di tentativi andati a vuoto.

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Berardi, stando a ciò che ha riferito a chi scrive il suo legale Ponciano Mbomio Nvò, ha subito un processo iniquo (penale anziché civile) e violenze, torture e trattamenti inumani e degradanti in carcere: secondo informazioni in possesso di Africa ExPress sia il ministro degli Esteri italiano Paolo Gentiloni sia l’Alto Commissario UE alla politica estera Federica Mogherini, con due lettere alla famiglia, si sono assunti l’impegno formale di “tutelarne l’incolumità” con ogni mezzo possibile una volta uscito di prigione.

Stando a quanto prevede il diritto comunitario, Berardi potrebbe finire, nel peggiore dei casi, sotto la tutela spagnola nell’ambasciata di Madrid a Bata, restando in piedi la questione risarcimento (secondo la sentenza l’imprenditore deve risarcire con 1,4 milioni di euro l’ex-socio africano).

Oggi la III Commissione Esteri della Camera dei Deputati discuterà, a Roma, una mozione firmata dal deputato pentastellato Manlio Di Stefano, redatta grazie al contributo di alcuni attivisti di Latina, e amici di Roberto Berardi, che da tempo si mobilitano per chiedere il rispetto dei diritti dell’imprenditore detenuto nell’inferno di Bata Central: la mozione punta proprio ad un impegno formale del governo per tutelare l’incolumità di Berardi una volta uscito dal carcere.

a.s.b

 

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