Passano dalla Borsa di Londra gli insospettabili legami tra Boko Haram e i baroni nigeriani del petrolio

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Speciale per Africa ExPress
Federico Franchini
Ginevra, febbraio 2015

Il signor X è uno specialista dell’Africa e del Medio Oriente. Possiede una lunga esperienza sul campo in materia di crimine organizzato e finanziamento del terrorismo, soprattutto nelle zone di guerra e nelle cosiddette “zone grigie”. Questi territori offrono eccellenti possibilità di crescita per le attività criminali, in un momento in cui i paesi occidentali sono ormai saturi.

X ha potuto rendersi conto sul posto dell’evoluzione rapida di Boko Haram, un’evoluzione che sarebbe stata impossibile senza un supporto logistico e finanziario importante. Da oltre due anni X lavora sul terreno per cercare di individuare i legami politici, finanziari e logistici che permettono all’organizzazione terroristica nigeriana di battere tutti record di progressione in Africa.

BONNY-ISLAND

Nel continente operano da diverso tempo altri gruppi, come il Lord Resistance Army di Joseph Kony, che hanno commesso molti più crimini, ma non hanno conosciuto lo stesso successo di Boko Haram. Con X abbiamo cercato di comprendere soprattutto quali siano i legami tra il gruppo terrorista guidato da Abubakar Shekau e il settore petrolifero nigeriano, il più importante di tutta l’Africa, e quali implicazioni ci potrebbero essere con gli attori finanziari occidentali attivi nel commercio di questa materia prima strategica.

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Negli ultimi mesi, mentre si avvicinano le elezioni presidenziali in Nigeria, Boko Haram sembra avere intensificato la propria attività militare, con attacchi cruenti, massacri e rapimenti. Si parla però poco degli appoggi logistici e finanziari del gruppo. Signor X, quali sono i legami tra Boko Haram e il petrolio?

“Quello che sappiamo è che, dal 2005 circa, i baroni musulmani del nord hanno operato per mettere le mani sugli impianti petroliferi del delta del Niger. Queste persone sono diventate azionisti di società “indigene” che hanno acquistato le infrastrutture delle compagnie occidentali che erano vittime degli attacchi dei terroristi del MEND. Il legame causa effetto non è dimostrato, ma posso constatare che, quando è cambiata la proprietà, questi attacchi sono cessati, quasi per miracolo, dall’oggi al domani”.

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Ci può fare qualche esempio di queste società petrolifere locali e dei loro legami con Boko Haram?

“Prendiamo la Afren Plc fondata da Rilwanu Lukman, ex Ministro del petrolio nonché segretario generale dell’OPEC, morto di recente. Ha cominciato dal nulla nel 2005, ma beneficiava dell’esperienza e degli appoggi di Lukman. Oggi è la principale società locale nell’ambito dell’esplorazione e la produzione di petrolio e gas. Come altre società locali, Afren ha acquistato alcuni impianti di produzione regolarmente attaccati fino al giorno in cui hanno cambiato proprietario. Lukmann era un uomo molto rispettato nel nord della Nigeria, dove alcuni membri della sua famiglia sono giudici religiosi e fanno applicare la sharia con severità e rigore. Attualmente, l’ex CEO, Osmann Shahenshah, è sospeso poiché accusato di corruzione.

Un altro esempio è quello della Seplat, una società che ha fatto il suo ingresso alla Borsa di Londra nell’aprile 2014. Anch’essa non ha avuto nessun incidente dopo avere acquistato infrastrutture da colossi come la Shell, costretta a vendere poiché perdeva troppo denaro a causa dei continui attacchi armati di cui era vittima. Ufficialmente il fondatore di Seplat è il medico ortopedico Bryant Orkjiako, identificato dalla Nigerian Economic and Financial Crime Commission come il più grande riciclatore di denaro per conto del generale Ibrahim Babandiga, ex presidente golpista nigeriano dal 1985 al 1993. Babandiga non è mai apparso ufficialmente ma alcune malelingue pensano addirittura che egli, partigiano di un islam radicale, sarebbe uno dei mentori di Boko Haram. Ha però sempre smentito con durezza queste voci”.

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Quotate alla Borsa di Londra, queste compagnie da chi sono finanziate?

“Alcuni attori finanziari occidentali come la banca BNP Paribas sono specializzati nel finanziamento di società come Afren e si sono persino occupati della loro quotazione presso la Borsa di Londra. Probabilmente alcune banche considerano che questi attori locali possono portare un savoir-faire particolare. Ad ogni modo le loro unità di Compliance non hanno riscontrato dei problemi, legati per esempio alla corruzione, che avrebbero potuto richiedere un blocco dei finanziamenti”.

Ci sono anche delle banche locali che servono da finanziatori?

“Sì. Vi è un eccellente esempio: la forte progressione di una banca islamica denominata Jaiz Bank. È nata nello stesso periodo di Boko Haram e il suo business plan si concentra in priorità nel nord della Nigeria dove ha aperto delle succursali là dove le altre banche vanno letteralmente in fumo. Si tratta della prova che gli affari in quella regione non sono difficili per tutti. Senza dimenticare che il già citato Rilwanu Lukman era membro del consiglio d’amministrazione di questo istituto”.

In Nigeria c’è qualcuno che sta portando alla luce questi presunti legami?

“Nel marzo 2014 il senatore Ita Enang ha affermato che l’80 per cento degli impianti di produzione si trovano in mano ai baroni del nord della Nigeria e ha reclamato una revisione della situazione. Come dargli torto? Se i legami tra il finanziamento dell’estremismo musulmano del nord e le società indigene (e anche i pirati del MEND) si rivelassero veri ci sarebbe un serio problema da risolvere. Sia con l’AIM market di Londra (Alternative Investment Market, un mercato dove vengono quotate piccole e medie imprese internazionali dotate di alti indici di crescita e caratterizzato da una marcata semplificazione dei metodi di ammissione, nda) sia con gli istituti bancari che finanziano queste società a partire dalla loro creazione”.

Sventolio bandiere

Alcune società si stanno forse rendendo conto dei danni alla reputazione che potrebbe generare la propria attività in Nigeria. Un gigante delle materie prime come Trafigura, basato in Svizzera, ha appena interrotto un lucrativo contratto petrolifero in questo paese per premunirsi contro le accuse di opacità e favoritismo. Quale è la sua opinione?

“Trafigura non è il solo trader ad avere avuto dei contratti opachi in Nigeria. Bisogna considerare che gli affari nel commercio di prodotti raffinati sono enormi e la comunità internazionale è responsabile di quanto sta accadendo. Le quantità di denaro frodato in questo settore sono colossali: non si può chiudere gli occhi sulle pratiche finanziarie illecite e constatare poi l’aumento della violenza. Mi permetta un parallelo con l’affare Obiang, in Guinea: l’inchiesta della brigata finanziaria francese mostra che la Société Générale è nel cuore del sistema di frode messo in atto dal “presidente” Teodorin Obiang. Se un giorno la guerra civile scoppiasse in Guinea a causa della povertà, domanderemo all’esercito francese d’intervenire? Il contribuente francese è d’accordo con ciò che fa questa banca? E il contribuente svizzero è d’accordo tra quanto succede tra la Svizzera e la Nigeria”?

Cosa succede con la Svizzera?

“La Svizzera è una delle principali piattaforme mondiali del commercio di materie prime, tra le quali il petrolio, che vengono scambiate qui a Ginevra. Tra il 2011 e il 2013, le società di trading elvetiche (Glencore, Mercuria, Trafigura, Gunvor, ecc.) hanno acquistato petrolio africano per 55 miliardi di dollari. L’organizzazione non governativa svizzera “Dichiarazione di Berna” ha dimostrato che, nel 2011, i negoziatori svizzeri detenevano il 48 per cento delle quote di mercato del petrolio nigeriano.

“Dichiarazione di Berna” ha poi reso pubblico il fatto che l’opaca compagnia di Stato nigeriana – la NNPC – rilascia delle quote di esportazione a delle società off shore, che sono solo delle buche-delle-lettere, basate ai Caraibi. Queste società, senza capacità finanziarie e operative, sono legate a personalità nigeriane esposte politicamente e si occupano di rivendere il loro greggio in cambio di un piccolo margine a dei “veri” negozianti basati in Svizzera. In questo modo le società buca-delle-lettere privatizzano una plus valuta che dovrebbe invece essere incassata dallo Stato nigeriano.

L’ex procuratore elvetico Dick Marty ha perfettamente ragione quando dice che il settore svizzero di chi negozia materie prime andrebbe regolamentato meglio. Non si può lasciare fare tutto. Oppure bisogna smetterla di lamentarsi dell’aumento del terrorismo e della violenza. Poco importano i fondamentalismi religiosi, un terrorista troverà nella sua azione una ragione di vita e una possibilità di morire. È tutto quello che spera: tanto nella sua vita non avrà accesso a niente, soprattutto in Africa”.

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Torniamo a Boko Haram. L’obiettivo del gruppo è quello di creare un califfato islamico autonomo. Questo significa che potrebbe essere più difficile per i terroristi beneficiare dei profitti petroliferi. Ha senso tutto ciò ?

Si è vero, BH è attivo nel nord est della Nigeria mentre le risorse petrolifere sono concentrate a sud. È molto romantico volere instaurare un califfato a settentrione e prevedere una divisione dei proventi petroliferi con il meridione. Nessuno sarebbe così stupido di privarsi dei redditi petroliferi sapendo che tutta la produzione è al sud. Infatti, gli analisti constatano che se il nord si separerà del sud la manovra non disturberà la distribuzione della massa petrolifera e i baroni del nord saranno sempre i beneficiari dei proventi”.

Il conflitto si sta regionalizzando, coinvolgendo altri Stati come il Ciad, il Camerun o il Niger. Durante le recenti manifestazioni violente in Niger si è visto sventolare la bandiera di Boko Haram. Vi è un rischio concreto che il gruppo si propaghi anche in questo Paese, tra i più poveri del mondo?

“Vi sono state delle manifestazioni che hanno fatto quattro morti a Zinder, con alcune chiese e il centro culturale francese dati alle fiamme. È vero che qualcuno ha issato la bandiera di Boko Haram, ma il gruppo ha qui soltanto un ancoraggio logistico e non operativo. In centro città, a cinquanta metri da uno dei principali incroci, si trova la moschea degli Izalas, da dove è partita la manifestazione subito dopo la preghiera. Gli Izalas sono musulmani estremisti che rifiutano la modernità alla quale, comunque non avrebbero accesso a causa della povertà.

Alcuni leader sono istruiti, ma la massa che segue i loro discorsi è fragile. È facile manipolare queste persone ed eccitarle soprattutto se gli si dà un po’ di denaro in cambio della loro partecipazione alla dimostrazione. Già nel novembre del 2011 questi giovani sono stati utilizzati per bruciare e saccheggiare chiese e centri culturali, senza dimenticare i sentimenti ostili al presidente nigerino Issouffou, che non è mai il benvenuto a Zinder. La città è all’opposizione e fedele all’ex presidente Tanja. Vista sotto questa angolatura si capiscono un po’ meglio le cose”.

Che dire della risposta militare degli Stati?

“Quello che è “divertente” è che se il Ciad invia delle truppe in Camerun per combattere in Nigeria ciò non disturba nessuno. Al contrario, l’esercito nigeriano non vuole combattere in Nigeria senza mandato del Consiglio i sicurezza dell’ONU. I nigeriani non hanno il livello d’addestramento e d’equipaggiamento necessario ma non vogliono perdere la faccia e restano al loro posto. La storia del mandato è aneddotica.”

Cosa accadrà alle prossime elezioni presidenziali in Nigeria?

“Il risultato delle elezioni non avrà nessun impatto su ciò che succede in Nigeria. Il presidente uscente Goodluck Jonathan ha chiesto a una personalità vicina a Boko Haram di raggiungere il suo partito. Goodluck è neutralizzato da diverso tempo e lui lo sa molto bene: la sua rielezione non disturberà nessuno”.

Federico Franchini
f.franchini83@gmail.com
twitter @ffranchini83

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