Speciale per Africa ExPress
Cornelia I. Toelgyes
Quartu Sant’Elena, 13 dicembre 2014
In questi giorni si sono svolte a Lagos, Nigeria, le primarie per scegliere il candidato presidente del maggiore partito all’opposizione l’All progressives congress (APC), nato solo poco tempo fa, per contrastare quello al potere, People’s Democratic Party (PDP), dell’attuale presidente, Goodluck Jonathan. Jonathan è diventato presidente la prima volta nel 2010, subentrato a Umaru Yar Adua, morto di tumore, e comunque ha vinto le elezioni del 2011.
Il vincitore delle primarie è stato reso noto ieri, Buhari, di etnia Fulani, musulmano, nato nell’emirato di Daura, nello Stato di Katsina, nel estremo nord della Paese, al confine con il Niger. Si è candidato più volte come presidente nelle elezioni del 2003, 2007 e 2011. I più anziani lo ricordano come un leader molto autoritario. Dai cristiani del sud viene considerato come un musulmano un po’ troppo radicale.
Ma lui non demorde. Eccolo di nuovo in primo piano sulla scena politica nigeriana. Naturalmente ha accettato la sua candidature quale sfidante di Jonathan. Durante il suo discorso di apertura alla campagna elettorale ha chiesto al popolo nigeriano: “Siate uniti perché dobbiamo riscattare la Nigeria, ricostruirla. Mi rivolgo a tutti i nigeriani, cattolici e musulmani”.
Mentre tutto ciò succede nel sud del colosso d’Africa, nel nord e nel centro i sanguinari militanti del gruppo jihadista Boko Haram continuano ad ammazzare la gente comune. Mercoledì, 10 dicembre al mercato tessile di Kantin Kwari, il più grande di Kano, si sono nuovamente fatte esplodere due kamikaze donne, uccidendo almeno quattro persone e ferendone altre sette. Il 28 novembre sono morte, sempre a Kano, oltre cento persone dopo un attacco kamikaze vicino alla moschea.
Ovviamente le generalità della ragazzina e dell’uomo non sono state rese note dalle autorità. Sempre più spesso donne-bambine, ben addestrate vengono usate dai Boko Haram come kamikaze. Quale genitore manderebbe a morire la propria figlia? Ci si chiede se queste ragazzine non potrebbero essere state rapite dai terroristi.
Mentre un residente di Jos, Muhammed Wase, ha riferito ai giornalisti del “The Guardian”: “Dopo l’esplosione della prima bomba, sono corso ad avvisare la polizia. Quando sono tornato, c’erano due corpi per terra. Non ci hanno aiutato a rimuoverli. Il governo non fa nulla per noi persone semplici e comuni”. Subito dopo questo attentato, molti giovani hanno eretto dei posti di blocco. Controllano chiunque voglia passare. “La gente ha paura, è arrabbiata, non ce la fa più. Questa non è vita”, ha riferito Muhammed Tanko, un giornalista locale.
Cornelia I. Toelgyes
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