Eritrea, spie, collaborazionisti e scherani del regime al festival della dittatura a Bologna

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Speciale per Africa ExPress
Dania Avallone
Bologna, 29 giugno 2014
Dal 4 al 6 luglio Bologna ospiterà il festival eritreo nell’area destinata all’ex festa dell’Unità. Questo festival che viene presentato come un’occasione di incontro culturale e sociale per gli eritrei in diaspora, è in realtà il festival dell’arroganza  del regime dittatoriale di Isayas Afwerki.

Migrant Boat Sinks Off Lampedusa, Italy - 05 Oct 2013Le proporzioni di questo evento, anche in termini economici sono enormi, si attendono 10,000 eritrei provenienti da tutta Europa. Il governo eritreo, usando l’arma del ricatto e della ritorsione, raduna a Bologna gli eritrei della diaspora per accreditare un’immagine di sé fatta di musica e colori, cibi e danze, espedienti della propaganda e della retorica di stato.

Alla dittatura servono numeri alti per dimostrare che il popolo è unito attorno al suo presidente. Ma qualcosa non quadra.  10.000 persone sono poche in confronto a centinaia di migliaia di rifugiati eritrei che chiedono aiuto perché scappano dal loro Paese. Il naufragio di Lampedusa che ha causato 366 morti non è stato il primo e purtroppo non sarà l’ultimo. Intere famiglie, giovani e ultimamente un numero sempre più elevato di bambini non accompagnati, rischiano la vita a terra e in mare diventando spesso merce inconsapevole per il lugubre commercio di organi. Lasciano la loro amatissima terra per sfuggire a violenze, a persecuzioni, all’obbligo di servizio militare a tempo indeterminato e alla schiavitù.

Tutte le principali organizzazioni internazionali in difesa dei diritti umani hanno denunciato casi documentati di tortura sui prigionieri, negazione della libertà di stampa, di opinione e di credo religioso.

i 15 detenutiBologna, ospitando oggi il Festival che celebra l’attuale dittatura, offende il suo passato di solidarietà e democrazia, così come il governo di Isayas Afwerki ha tradito il suo popolo.

E’ evidente che se alcuni amministratori comunali di Bologna sono caduti ingenuamente nella subdola trappola della Comunità filogovernativa della città, le ragioni ci sono.

Durante i 30 anni della lotta di liberazione eritrea ed i primi anni dell’indipendenza la diaspora eritrea ha guadagnato il consenso e la solidarietà di organizzazioni italiane e di singoli cittadini e in particolare del Partito Comunista. Basta pensare al festival di Bologna del 1991, sponsorizzato dal comune del capoluogo emiliano, che ha visto la presenza di 30.000 eritrei e di moltissimi simpatizzanti italiani.

Un susseguirsi di eventi e iniziative a sfondo socio culturale ha permesso allora a rappresentanti della comunità eritrea di entrare in stretto contatto con varie istituzioni italiane non governative e di tessere una fitta rete di collaborazioni a livello politico, sindacale, sociale e culturale.

isayas afeworkiCon la svolta dittatoriale in Eritrea si è creato in Italia uno stato di grande confusione e di ambiguità in cui hanno trionfato la cattiva informazione e  molti interessi particolari.

Per organizzare l’attuale festival, l’unico partito al potere in Eritrea (PFDJ) ha inviato a Bologna un gruppo di giovani provenienti da diversi paesi europei, membri attivi delle fasce giovanili del partito (YPFDJ). Alcuni di loro erano già stati segnalati alla questura di Agrigento perché si fingevano parenti delle vittime del naufragio di Lampedusa o si spacciavano per traduttori all’unico scopo di ottenere informazioni utili sulle famiglie dei fuggitivi da fornire alla ambasciata per eventuali future ritorsioni.

Insomma spie del regime che, insieme ai faccendieri eritrei delle comunità filogovernative locali, rappresentano un pericolo costante per i rifugiati che in Italia godono di scarsissima assistenza e protezione.

Al Comune di Bologna nessuno si è accorto che la dittatura eritrea ha esportato le sue strategie di intimidazione anche all’estero, e soprattutto in Italia attraverso la sua ambasciata di Roma e il consolato di Milano, istituendo una rete di spionaggio  con nuclei attivi nelle principali città italiane. Tali nuclei agiscono sotto la copertura di ristoranti, circoli e associazioni varie (donne eritree, giovani, disabili, etc.). Ogni nucleo ha un referente nominato dal regime eritreo con il compito di controllare, assieme ad alcuni collaboratori fidati, il comportamento di ciascun eritreo presente sul territorio.

mani su gate prigionePeriodici meeting vengono organizzati con frequenza mensile a livello locale e nazionale alternando i luoghi degli incontri. Funzioni principali di tale rete sono: assicurare che non venga mai espresso alcun tipo di dissenso o di critica nei riguardi del governo eritreo; controllare che ogni eritreo in diaspora versi la tassa del 2%; collaborare all’organizzazione di eventi vari ( nella fattispecie il festival 2014) che, proposti come iniziative socio culturali, sono in realtà veicoli di propaganda politica.

L’opera di spionaggio è coadiuvata da squadre di fanatici del partito spesso violente, da sedicenti mediatori culturali, da esponenti eritrei del mondo della cultura, e, in alcuni casi, perfino da religiosi. Tali personaggi si infiltrano in istituzioni pubbliche e private italiane, nei sindacati, nelle scuole e nelle università, nella Croce Rossa Italiana, perfino sulle navi dell’operazione Mare Nostrum, frequentano centri di accoglienza autorizzati e case illegalmente occupate da rifugiati.

Attraverso metodi mafiosi di coercizione riescono a piegare la volontà e  a distruggere la dignità di molti rifugiati già gravemente provati per i traumi subiti. La comunità eritrea è per la quasi totalità facilmente ricattabile da questa rete, in quanto quasi tutti hanno parenti che vivono ancora in patria e perciò rischiano la ritorsione poliziesca del governo, o il sequestro di proprietà in Eritrea.

Nella diaspora dei rifugiati e degli attivisti per i diritti umani esiste però un’altra Eritrea che combatte civilmente e pacificamente contro il regime dittatoriale per realizzare la transizione del proprio Paese verso la democrazia e la dignità. Questa Eritrea, fatta di giovani e di persone che cercano nella democrazia il rispetto delle proprie vite, vuole esprimere eticamente e dignitosamente il suo dissenso nei confronti della barbarie del regime eritreo – responsabile, tra l’altro, di sostenere il terrorismo internazionale.

Dania Avallone
Asper – Associazione per la tutela dei diritti umani del popolo eritreo
www.asper-eritrea.com

Il “Coordinamento Eritrea Democratica” invita le istituzioni italiane, e i cittadini emiliani e italiani a stare al suo fianco nella lotta di Liberazione contro la dittatura e la violazione dei diritti umani, in Eritrea come in ogni altra parte del mondo.
Qui l’appellohttp://chn.ge/1yJOMRu

COORDINAMENTO ERITREA DEMOCRATICA
http://eritreademocratica.wordpress.com/
http://coord.eritreademocratica@gmail.com/

9 COMMENTS

  1. Penso che sia un dovere civico di noi italiani di rendere pubbliche le liste di eritrei collaborazionisti e il loro ruolo. Per fortuna non siamo ricattabili come chi ha persone care in Eritrea. E ai parenti aggiungo gli amici per italiani che sono legati a persone residenti in Eritrea.

  2. Gent. Dania Avallone
    ero tra i diecimila partecipanti al Festival di Bologna e non mi sento nè una spia nè un collaborazionista per questo, ero lì come un semplice cittadino eritreo senza conflitto di interesse personale nel mio paese e men che meno ricattato dal mio stesso governo.
    Quello che mi lascia basito del suo articolo è constatare che un italiana come lei senta il “dovere” di preoccuparsi del destino di noi eritrei, se non lo fa per “campare” direi che soffre della sindrome della crocerossina. Non si preoccupi: si può curare, basta andare da uno bravo. La prego di comprendere che l’Eritrea ce la farà da sola, senza il suo aiuto nè tantomeno dell’aiuto dei suoi amici buonisti vestiti da crociati. Se avrà l’umiltà da ascoltare un semplice cittadino eritreo le potrei consigliare di occuparsi dei problemi ben più gravi che affliggono la sua bellissima regione. Con simpatia Daniel

    • Grande Daniel! Mi hai dato una stupenda idea. Grazie.
      Con effetto immediato, ho deciso come direttore di Africa ExPress e fino a nuovo ordine, di applicare le regole sulla libertà di stampa quando anche l’Eritrea applicherà le stesse regole. Si chiama reciprocità. Avvisami quando Isayas da dittatore diventerà democratico.
      Mi pare una buona regola, non pensi Daniel.
      E già che ci siamo, caro Daniel, chiedi anche al tuo governo di liberare il mio amico giornalista Dawitt Issak che è in galera dal 2001. E pure i miei amici Petros Solomon e Woldensaye Duro, che non sono giornalisti ma eroi della gerla di liberazione. (Dai, va bene lo stesso, non te ne avere a male). E poi la povera Aster, la moglie di Petros. Dai fai il bravo.
      Infine, mi congratulo con te che non ti senti ricattato quando versi il 2 per cento del tuo stipendio al governo del tuo Paese. Bravo complimenti. Per favore prova a non pagarlo per un anno e poi chiedi di rinnovare il passaporto. Sarai felice di constatare che non te lo rinnoveranno. Comunque stai tranquillo non andrai in galera perché vivi qui in Europa.
      A proposito scusa se Africa Express si occupa del destino di voi eritrei. Hai ragione, sei un vulcano di idee. Lancerò una campagna perché Medici Senza Frontiere, Save the Children, la Croce Rossa e perfino quelli di Mare Nostrum e tutti gli altri abbandonino gli eritrei (ma perché solo gli eritrei? Anche gli altri) al loro destino. (Cerca di mandarmi delle foto prese mentre affogano mentre scappano dal paradiso, così le pubblichiamo!).
      Infine ho una richiesta. Già che sei un sostenitore della dittatura (posso scrivere sostenitore, visto che ci hai assicurato di non essere né una spia né un collaborazionista?) per favore puoi chiedere se è ancora in vigore la condanna a morte decretata contro di me per gli articoli che ho scritto?
      In fondo sei proprio simpatico, Daniel.
      maa

      • Il vecchio Massimo …come sempre, molto sarcastico.
        Un appunto, tanto per far sapere a tutti come giri e rigiri la minestra.
        In Eritrea non esiste la pena di morte, quindi sarebbe veramente difficile che sia stata decretata solo per te..non sei cosi’importante poi.
        Per il resto, come sempre, no comment…tanto si sa da che parte stai
        Senza simpatia
        Vittorio

  3. Gent. Massimo Alberizzi
    si è sentito in dovere di rispondermi essendo un “buonista vestito da crociata” oppure perché “campa” usando il nome Africa? Intuisco dal suo tono sarcastico e dal suo sentirsi autorizzato a darmi del tu la pochezza di argomentazione e la classica superiorità che un vecchio colonialista ha verso un africano. Personalmente la trovo una mancanza di rispetto ma se questo a lei non bastasse, le ricordo che quell’infausto passato si è dissolto quando noi eritrei abbiamo perso l’anello al naso. Lei è preoccupato unicamente per i suoi quattro amici pesci grossi quando invece dovrebbe preoccuparsi delle prigioni del suo paese sovraffollate e poco “cristiane” visto i ripetuti richiami della UE! Un affollamento di pesciolini dal momento che i pesci grossi sguazzano fuori. Lei non può impartire lezioni di democrazia quando il suo cosiddetto paese democratico ha avuto, per oltre ottant’anni, capi di governo di nome Benito, Giulio e Silvio. Un orrore che mi fa gridare “Isayas forever”, l’unico vero leader progressista africano. Non si preoccupi della sua condanna che non verrà mai eseguita non fosse altro per non farla diventare un signor “qualcuno”.
    Per concludere le dico che, come cittadino eritreo, sono fiero di contribuire con il mio 2% semplicemente perché quando torno nel mio paese so dove sono andati a finire i miei soldi e riesco a toccarli con mano. Sono le strade, le cliniche, le scuole, le università, l’acqua potabile portata nei villaggi più lontani dalla capitale. Sono fiero di contribuire nel mio piccolo, se potessi darei di più, pur di vedere il mio paese autodeterminarsi “con le proprie unghie” evitando così di far sopravvivere quelle inutili Ngo da lei menzionate.
    Con simpatia, Daniel.

    • Sai qual è, caro Daniel, la differenza?
      1 – A differenza di te credo che il rispetto non è qualcosa di formale, tu o lei, ma di sostanziale e si conquista sul campo.
      2 – A differenza di te che ne vai orgoglioso, io mi vergogno di alcuni dei leader che ha avuto il mio Paese.
      3 – A differenza di te io mi preoccupo non solo dei quattro che cito solo perché li conosco ma di tutti quelli che non conosco e per questo non posso citare per nome, vittime della repressione.
      4 – A differenza di te detesto i dittatori, di qualunque colore essi si travestano.
      5 – A differenza di te non credo che il fascismo (anche quello in vigore oggi in Eritrea) sia progressista.
      6 – A differenza di te sto con i più deboli e non con i più forti.
      7 – A differenza di te odio la censura.
      Comunque complimenti per il tuo italiano.

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