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Boko Haram colpisce un centro commerciale ad Abuja, ventuno morti

Nostro Servizio Particolare
Cornelia I. Toelgyes
26 giugno 2014
Questa volta una delle cellule di Boko Haram ha scelto come obiettivo un centro commerciale nella capitale della Nigeria, Abuja. Ha colpito nuovamente il cuore del Paese. Una bomba è stata fatta esplodere pochi minuti dopo le 16.00 ora locale di ieri, 25 giugno 2014. I morti accertati sono ventuno. Si parla di diciassette feriti, forse anche di più.

Malgrado gli avvertimenti del governo nigeriano di non guardare le partite in luoghi pubblici, molte persone si erano recate all’Emab Plaza,  per tifare la propria squadra nazionale, impegnata in un match della coppa del mondo contro l’Argentina.

Era previsto un imminente attacco ad Abuja.  Una decina di giorni fa Marylin Ogar , vice-direttore del “Departement State Security”, e Mika Omeri, coordinatore del “National Information Center” avevano avvertito: “Diversi rapporti di intelligence ci hanno segnalato che i militanti di Boko Haram hanno intenzione di attaccare la capitale con autobotti piene di benzina”.

Nonostante l’ennesima strage di ieri,  i servizi di sicurezza nigeriani insistono nell’affermare: “Vinceremo la guerra contro i Boko Haram, è solo molto difficile fermare questi attacchi”.

Lunedì scorso “The Nation” (un autorevole quotidiano nigeriano) ha informato i suoi lettori che è scattato l’allarme rosso per i militari nigeriani. Tutte le licenze sono state revocate, sia per  ufficiali che dper semplici soldati. Nessuno è autorizzato a spostarsi dal proprio posto di lavoro. Ci sono indagini ed accertamenti in corso: si teme che ci siano degli infiltrati di Boko Haram. A tutti è stato imposto di non rendere pubblica la loro qualifica sui social network, in particolare su facebook. La massimo allerta è scattata proprio in previsione dell’attacco ad Abuja, preannunciato, come già detto, da rapporti dei servizi segreti.

E prontamente l’attacco ha avuto luogo. In modo diverso, non con autobotti piene di benzina, ma c’è stato. L’esercito non ha saputo impedirlo nemmeno questa volta, non è stato in grado di proteggere la popolazione civile, che ormai vive nel terrore.

Ci si chiede che fine abbia fatto anche la collaborazione degli altri Stati, africani e non nella lotta contro le cellule dei terroristi Boko Haram. Se ne era tanto discusso a Parigi, il 18 maggio durante un meeting presieduto e fortemente voluto dal presidente francese François Hollande. Erano intervenuti i capi di governo  di Nigeria, Benin, Camerun, Ciad e Niger, oltre a rappresentanti dell’Unione Europea, Gran Bretagna e Stati Uniti.  Tutti erano d’accordo che bisognava cercare di riportare a casa le studentesse rapite la notte del 14 aprile 2014, che a tutt’oggi sono ancora in mano ai rapitori. Chissà dove saranno. #BringBackOurGirls. “Uniremo le nostre forze – avevano assicurato all’unisono -. Tutti insieme combatteremo i Boko Haram”.

Anche la Francia ha ancora un conto aperto con gli estremisti islamici per il rapimento del sacerdote francese Georges Vandenbeusch e quello della famiglia Moulin-Fournier, avvenuti in Camerun lo scorso anno e poi liberati. Il sequestro era stato rivendicato, appunto, dal gruppo terrorista islamico.

Cornelia I. Toelgyes
corneliacit@hotmail.it
twitter: @cotoelgyes

 

 

 

 

 

 

maxalb

Corrispondente dall'Africa, dove ho visitato quasi tutti i Paesi

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